divorziati
Francesca Schianchi per “la Stampa”
Il Senato fa un passo avanti sulle adozioni, ma rinuncia a farne uno rivoluzionario evitando di dare la possibilità ai single affidatari di un minore di adottarlo: c’era un emendamento del Pd che lo chiedeva, ma siccome nello stesso partito e in maggioranza c’è una fronda contraria, è stato ritirato per evitare lacerazioni traumatiche. Anche perché oggi è previsto un altro voto delicato per gli equilibri di maggioranza: quello sul divorzio breve.
francesca puglisi senatrice pd
L’emendamento ritirato
La lunga giornata del Senato dedicata al diritto di famiglia inizia discutendo del provvedimento che dà dignità di legge a quella che è una prassi, permettendo alle famiglie affidatarie di un minore, dopo un lungo periodo insieme, quando si è creato un legame affettivo, e ovviamente se il piccolo diventa adottabile, di chiederne l’adozione.
PIERFERDINANDO CASINI E GIORGIO TONINI
L’emendamento di Francesca Puglisi, senatrice dem in segreteria nazionale, chiedeva che la stessa possibilità fosse data ai single, che già oggi per legge possono prendere bimbi in affido: «So che l’ottimo a volte è nemico del bene», motiva la Puglisi il ritiro dell’emendamento, quando, dopo una riunione di gruppo del Pd, si capisce che una parte dei colleghi è contraria, «l’intento dell’emendamento non era aprire scorciatoie per l’adozione dei single, ma di equiparare i diritti dei bambini che vanno in affido familiare a single». Il suo ritiro però ha un effetto immediato: tolto quello scoglio, la legge passa all’unanimità con 197 sì, nessun contrario e nessun astenuto. Ora la norma passa alla Camera, e lì, spiega Giorgio Tonini (Pd), «con la possibilità di discuterne più a lungo», l’emendamento verrà riproposto.
Carlo Giovanardi
Le spine sul divorzio breve
Lo schema della larga condivisione è quello che si vorrebbe riproporre oggi, quando inizieranno i voti sul divorzio breve, che prevede di abbassare gli attuali tre anni necessari di separazione a uno se si tratta di un addio giudiziale, e sei mesi se è consensuale. Alla Camera fu quasi un plebiscito: più controverso è stato l’iter al Senato, dove ci è voluto quasi un anno alla relatrice Pd Rosanna Filippin per poterlo portare in Aula. E gli ostacoli non sono finiti: in Commissione è stata introdotta una terza ipotesi, il cosiddetto divorzio diretto o divorzio immediato o lampo, cioè senza nemmeno un periodo di separazione necessario, riservato a chi non ha figli minorenni.
Carlo Giovanardi
Ma è su questo punto che rischia di spaccarsi il Pd - una parte dei senatori è contraria - e la maggioranza, visto che, spiega il senatore Giuseppe Marinello, «il Ncd non voterà mai il testo così com’è arrivato oggi in Aula». Così, per riuscire a portare a casa il provvedimento, l’ipotesi a cui si sta lavorando è quella di stralciare la parte relativa al divorzio diretto. Dalla segreteria del Pd l’indicazione arrivata è in quel senso - meglio rinunciare a un pezzo ma approvare il resto - e pure la relatrice Filippin è d’accordo: il fatto però è che l’argomento è così capace di spaccare i partiti e così trasversale (Fi e M5S, almeno in buona parte, sono favorevoli al divorzio diretto) che i dem, dopo una giornata di trattative, a ieri sera ancora non erano certi di avere una maggioranza per far passare lo stralcio.
Oggi si comincia a votare. Comunque vada, sul divorzio diretto il governo non prenderà posizione e si rimetterà all’Aula. L’approvazione arriverà probabilmente martedì, poi, per diventare legge dello Stato, dovrà tornare alla Camera.
Marcello Mastroianni Divorzio all'italiana Contro il divorzio a fine anni Sessanta