Di che cosa stiamo parlando Venerdì scorso Cristiana Sani, trentenne candidata al concorso in magistratura - che si è tenuto dal 23 al 26 gennaio alla Fiera di Roma - appena tornata a casa scrive sul suo profilo Facebook cosa le è successo.
CRISTIANA SANI E IL CONCORSO IN MAGISTRATURA
A un certo punto agenti della polizia penitenziaria decidono di perquisire le candidate a una a una nel corridoio del bagno e facendole spogliare arrivando fino a far loro abbassare gli slip. La Sani condanna questo atto parlando chiaramente di "violenza".
Maria Novella De Luca per la Repubblica
«Non sono stata espulsa dal concorso per entrare in magistratura. Ho un verbale che attesta la mia regolare partecipazione alle prove. Non mi sono stati trovati addosso né bigliettini né altro. Mi sono alzata una volta soltanto per andare in bagno, quando sono stata chiamata a farlo. L' unica verità di questa storia è che insieme ad altre colleghe sono stata umiliata e intimidita da due agenti di polizia penitenziaria che mi hanno chiesto di togliermi le mutande in pubblico. Tutto questo ha soltanto un nome: violenza».
Parla con voce ferma Cristiana Sani, 30 anni, laurea con il massimo dei voti in Giurisprudenza all' università di Pisa, attivista del centro antiviolenza "Duna" di Massa Carrara, a pochi giorni dalla sua denuncia pubblicata su Facebook che ha svelato abusi e soprusi durante i controlli sulle candidate, che il 26 gennaio scorso a Roma, svolgevano le prove del concorso per diventare magistrate. Un nuovo scandalo, dopo il caso Bellomo, mentre cresce la polemica politica.
«Dopo questa nuova denuncia di abusi ai danni di giovani donne, il ministro Orlando accerti cosa accade in quei concorsi» ha chiesto la senatrice di Leu, Maria Cecilia Guerra.
Cristiana Sani, proviamo a ripercorrere questa storia dall' inizio.
CRISTIANA SANI E IL CONCORSO IN MAGISTRATURA
«È accaduto il 26 gennaio scorso, mentre stavo svolgendo la terza prova del concorso. A due ore e mezzo dalla dettatura della traccia, ci hanno comunicato che potevamo andare in bagno. Con altre mi sono alzata e mi sono messa in fila nel bagno delle donne».
E lì che cosa è successo?
«Visto che eravamo in tante, due agenti della polizia penitenziaria hanno detto alle ragazze che erano dietro di me andare nei bagni esterni. Ma le candidate hanno rifiutato».
Perché?
«Faceva freddo e avrebbero perso tempo prezioso per ultimare la prova. A quel punto uno degli agenti indispettito ha risposto: "Vi faccio passare dei guai. Adesso mi tolgo la cintura e la pistola e il mio lavoro lo fate voi". Hanno quindi chiamato due agenti donne, che hanno risposto dicendo: "Hanno freddo? Adesso le scaldiamo noi"».
Cosa voleva dire?
«Che ci avrebbero perquisito, come infatti è avvenuto. Il clima era pesante e intimidatorio. Ho visto una ragazza uscire dal bagno piangendo».
Lei con che modalità è stata perquisita?
«Mi hanno detto di mettermi in un angolo del corridoio del bagno, dove chiunque poteva vedermi, chiedendomi di alzare la maglietta e di slacciare il reggiseno. Quindi mi hanno chiesto di tirare giù i pantaloni».
Lei lo ha fatto?
«Sì. Ma poi è arrivata un richiesta inaccettabile».
Quale?
«Dottoressa, adesso cali le mutande, mi hanno chiesto. Ho sentito dentro di me qualcosa che si ribellava. Di fronte alla mia reticenza, una delle due ha urlato: "Che fa, non se le cala? Ha il ciclo?"».
Ma è una prassi normale?
ANDREA ORLANDO
«Assolutamente no. Le perquisizioni sono previste, ma non fino a questo punto».
Cristiana lei si è tolta le mutande?
«No. Mi sentivo umiliata, ferita. Mi sono rivestita e sono tornata al mio posto. Eppure lavoro nei centri antiviolenza e credevo di essere pronta a reagire a un abuso del genere».
Quindi lei non aveva indosso alcun bigliettino, come era stato fatto filtrare dal ministero della Giustizia?
«Assolutamente no. Se avessi avuto qualcosa nascosto nelle mutande mi avrebbero espulso all' istante. Invece ho concluso il concorso e ho un attestato che prova la mia regolare partecipazione».
Come pensa di difendersi?
«Ho preparato un esposto al Csm e alla Procura»
«Purtroppo so che diverse altre candidate hanno subito gli stessi abusi. Ma tutto questo non spegnerà il mio sogno di diventare magistrata. Proprio per difendere le donne».