VIDEO-VICECOMANDANTE AZOV
GLI USA APRONO A PUTIN
CRISTIANA MANGANI per il Messaggero
azovstal
Prima un suo compagno, poi, un colonnello russo: erano tutti disposti a dire che Svyatoslav Palamar, il vice comandante del reggimento Azov, soprannominato Kalina, si era arreso e aveva lasciato l'acciaieria. «Kalina ha lasciato Azovstal due sere fa alle 21», hanno fatto sapere da Mosca. Ma quando la resa del soldato sembrava ormai certa, è arrivato un suo messaggio di smentita: «Oggi è il giorno 85 di guerra - ha dichiarato Palamar in un video diffuso dai media ucraini -. Io e il comando militare ci troviamo nello stabilimento Azovstal. È in corso una determinata operazione, di cui non rivelo i dettagli. Sono grato all'Ucraina e a tutto il mondo per il sostegno. Ci vediamo».
kalina vicecomandante azov
Cosa staranno organizzando i combattenti dell'Azov? Del resto, non si hanno notizie all'esterno anche dell'altro leader della resistenza ucraina, il trentenne Denis Prokopenko, capo del battaglione e nemico numero di Mosca. In questi giorni il comandante aveva lanciato diversi messaggi, nei quali ammetteva anche la possibilità di una resa, almeno dei suoi uomini.
E chissà che, alla luce di quanto sta accadendo in queste ore, quelle dichiarazioni rappresentassero una sorta di codice per dare il via a chissà quale operazione. Il fatto che Prokopenko e altri capi militari non siano usciti dall'impianto fa pensare a una strategia in atto oppure a una mediazione diplomatica ancora in corso. Avere in mano il capo e il vice della battaglione Azov, vorrebbe dire per i russi, poterli usare come arma di propaganda. Ed è per questo, con molte probabilità, che la partita non è ancora chiusa. Sempre ieri, infatti, un altro post è stato pubblicato da Bohdan Krotevych, capo dello staff del reggimento.
battaglione azov
«La guerra non è finita - ha scritto -, la guerra su larga scala è appena cominciata. Dovrete diventare comandanti e assumere il controllo o scappare, e poi soffrire perdite ancora più grandi. La Russia, come gli Usa - è il pensiero espresso da Krotevych -, è abituata a combattere contro Paesi molto più deboli, e ogni problema è stato risolto con massicci bombardamenti d'artiglieria o raid aerei. Noi siamo più deboli nel potenziale militare, ma la fiducia in sé del nemico è la nostra carta vincente».
In attesa di capire se e quali spiragli potrebbero aprirsi per gli ultimi reduci dell'Azovstal, una delegazione della Croce rossa ha visitato il carcere di Olenivka, nella repubblica del Donetsk, dove sono detenuti i militari usciti dall'impianto di Mariupol. Il Comitato internazionale dei volontari (Cicr) ha iniziato a registrare i prigionieri di guerra, compresi i feriti, su richiesta di entrambe le parti, russa e ucraina. Il processo di riconoscimento prevede la compilazione di un modulo con dati personali: nome, data di nascita e parente più prossimo.
battaglione azov
«Queste informazioni consentono al Cicr - è stato spiegato - di rintracciare coloro che sono stati catturati e aiutarli a rimanere in contatto con le famiglie». I volontari faranno sapere ai parenti che sono salvi e i messaggi che vorranno inviargli. Resta tuttavia l'incertezza su dove verranno portati, una volta completata la registrazione. Al momento - secondo il ministero della Difesa russo - sarebbero 1.730 i soldati ucraini che si sono arresi.
I PONTI ABBATTUTI Sul campo, intanto, la guerra continua: l'esercito russo sta concentrando uomini e mezzi nel tentativo di sfondare vicino a Popasna in direzione della città che, dopo la proclamazione della repubblica popolare di Lugansk nel 2014, è diventata il centro amministrativo dell'area della regione ancora sotto il controllo ucraino. Due giorni fa è stato bombardato l'ospedale di Severodonetsk mentre ieri nel Donbass 10 civili tra cui 2 bambini sono morti nei bombardamenti russi. Per evitare l'accerchiamento di Severodonetsk e rallentare l'avanzata delle truppe di Mosca gli ucraini hanno fatto saltare due ponti sul fiume Borova che collegano la città a Rubizhne, caduta almeno in parte in mano russa negli ultimi giorni.
GLI USA APRONO A PUTIN
CRISTIANA MANGANI e Flavio Pompetti per il Messaggero
battaglione azov
Qualche giorno fa c'era stata la telefonata tra il capo del Pentagono Austin e il ministro della Difesa russo Shoigu. E ieri, nuovi segnali di distensione per tentare di trovare una soluzione per il conflitto in Ucraina, sono arrivati con una nuova telefonata: questa volta tra il capo degli Stati maggiori congiunti statunitense, generale Mark Milley e il suo omologo a Mosca, Valery Gerasimov. Un colloquio che è avvenuto a distanza di quattro giorni dal primo contatto rompighiaccio tra i ministri della Difesa dei due paesi.
battaglione azov
I massimi responsabili militari di Russia e Stati Uniti erano stati impegnati in un confronto diretto per tutto il periodo che ha preceduto l'invasione dell'Ucraina. La linea si era interrotta all'inizio delle ostilità il 24 febbraio, e la sua riapertura segnala un secondo passo verso quello che potrebbe essere uno spiraglio per l'avvio di un negoziato risolutivo del conflitto. Anche se su un fatto Washington sembra certa: «Nonostante i successi delle forze ucraine a Kharkiv, difficilmente i russi verranno respinti dal Donbass e dal sud del Paese. E - secondo un alto funzionario del Pentagono - questo vorrà dire che il conflitto sarà lungo».
battaglione azov
Comunque, la volontà di trovare un accordo si accompagna a un forte messaggio di conferma del supporto Usa nei confronti di Kiev: il Senato ha approvato a larghissima maggioranza (86 voti in favore, 11 contrari) il pacchetto di 40 miliardi in aiuti economici, umanitari e militari a favore dell'Ucraina, che la settimana scorsa era stato ritardato dall'opposizione di un singolo contestatore, il libertario Rand Paul.
Nello stesso giorno la Camera alta ha confermato all'unanimità la nomina della nuova ambasciatrice a Kiev indicata dal presidente Joe Biden: Bridget Brinkl, ex capo della diplomazia in Slovacchia.
Washington finanzia con la mano destra la resistenza del paese aggredito dalla Russia, ma apre l'altra in segno di pace nei confronti di Mosca. Il sito di informazione Politico, riporta le dichiarazioni di tre funzionari del Pentagono, secondo i quali l'amministrazione statunitense sta resistendo da mesi alle pressioni del governo di Kiev per l'invio di sistemi lancia razzi a lunga gittata. Zelensky ha fatto richiesta specifica di tre moduli di classe Mlrs nella lista delle armi che vuole ricevere dagli Usa con maggiore urgenza.
vladimir putin
Unità di lancio capaci di colpire bersagli fino a 165 chilometri di distanza, e che nella classe Himars si spingono fino 500 km. Gli Usa temono che una volta nelle mani degli ucraini, il comando militare possa decidere di usarli per colpire i russi all'interno del loro territorio, e che un tale utilizzo possa determinare un'escalation della guerra, con Mosca che accuserebbe Washington di aver assunto un ruolo attivo in un attacco diretto contro la sua sovranità. Di fatto gli aiuti militari in partenza verso l'Ucraina hanno incluso solo i lanciamissili Howitzer, capaci di un raggio di azione molto più limitato.
putin gerasimov
Ed è sul tavolo del segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, il piano presentato ieri dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Un documento in quattro punti che, al momento, Mosca ha detto di non conoscere, ma che ha accolto positivamente. Il Cremlino - ha affermato il portavoce Dmitry Peskov - non è a conoscenza del piano italiano per arrivare in tempi rapidi al cessate il fuoco in Ucraina e poi aprire il negoziato per la pace. «Purtroppo, fino a questo momento non abbiamo notizia dei dettagli di questo piano - ha specificato -. Non so se sia stato trasmesso tramite canali diplomatici.
La partecipazione di chiunque possa aiutare a raggiungere un accordo è benvenuta. Nessuno sta rifiutando ogni sorta di sforzo sincero».
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Il documento alla Farnesina in stretto coordinamento con Palazzo Chigi è stato in parte anticipato agli sherpa del G7 e del gruppo Quint (Usa, Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia). Prevede un percorso in quattro tappe, sotto la supervisione di un Gruppo internazionale di facilitazione (GIF): il cessate il fuoco, la possibile neutralità dell'Ucraina, le questioni territoriali - in particolare Crimea e Donbass - e un nuovo patto di sicurezza europea e internazionale. A ogni singolo passaggio andrà testata la lealtà degli impegni assunti dalle parti, in modo da poter procedere alla fase successiva.
Il primo passo prevede il cessate il fuoco, da negoziare mentre si combatte. L'ipotesi è che lo stop ai combattimenti venga accompagnato da meccanismi di supervisione e dalla smilitarizzazione della linea del fronte, per discutere i nodi aperti e preparare il terreno a una cessazione definitiva delle ostilità. Il secondo passo ruota attorno al negoziato multilaterale sul futuro status internazionale dell'Ucraina. Il terzo punto, il più «caldo» sotto il profilo diplomatico riguarda la definizione dell'accordo bilaterale tra Russia e Ucraina sulle questioni territoriali, sempre previa mediazione internazionale. La quarta tappa, invece, prevede la proposta di un nuovo accordo multilaterale sulla pace e la sicurezza in Europa, nel contesto dell'Osce e della politica di Vicinato dell'Unione europea.
GUERRA RUSSIA UCRAINA
Nel frattempo, sul fronte dei negoziati Mosca sembra tendere una mano a Kiev, ma in questo caso di luce se ne vede poca. Il viceministro degli Esteri Andrei Rudenko ha affermato che non è stata la Russia a interrompere il processo negoziale, «messo in pausa» dagli ucraini, e ha assicurato che «non appena esprimeranno il desiderio di tornare al tavolo, la nostra risposta sarà positiva».
GUERRA RUSSIA UCRAINA
A patto che, ha chiarito, «ci siano cose da discutere». Gli ucraini tuttavia sono rimasti ancorati alla loro linea rossa: «Il cessate il fuoco è impossibile senza il ritiro totale delle truppe russe», ha risposto il consigliere presidenziale Mikhailo Podolyak. L'unico segnale conciliante è arrivato dallo Stato maggiore, secondo cui i russi «manterranno la parola» sulle evacuazioni da Azovstal. L'Ucraina nel frattempo sta giocando una partita parallela per l'adesione all'Ue, con l'obiettivo quantomeno di ottenere lo status di candidato a giugno, ma anche qui gli ostacoli non mancano. Soprattutto perché la Germania (e non solo) si è opposta a una procedura più celere rispetto a quella standard.
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