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    ARRIVANO “BEI” SOLDONI? LA BANCA EUROPEA DEGLI INVESTIMENTI PRONTA A FINANZIARE L’ILVA - IL VICEPRESIDENTE SCANNAPIECO: “VEDIAMO COME VA A FINIRE LA QUESTIONE DELLA PROPRIETÀ. ORA COME ORA NON SAPREMMO NEMMENO A CHI RIVOLGERCI. DALL’UE I SOLDI ARRIVANO A PALATE, MA L’ITALIA NON LI USA: DEI 38 MILIARDI DEI FONDI PER LO SVILUPPO NE HA SPESI SOLO 2,5. E POI LE REGIONI ARRANCANO E PER NON PERDERE SOLDI FINANZIANO LA SAGRA DEL CUSCUS”


     
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    Marco Zatterin per “la Stampa”

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    La Bei è pronta a valutare il finanziamento sino a metà del piano di rilancio industriale e ambientale dell' Ilva.

     

    «Dobbiamo prima attendere di vedere come va a finire la questione della proprietà», precisa Dario Scannapieco, che della Banca europea degli investimenti è vicepresidente. «Quando ci sarà chiarezza - insiste -, siamo disponibili a sederci con gli amministratori e vedere che si può fare».

     

    Certo «ora non ci sono contatti, il quadro è incerto, e non è il momento». Però, assicura il banchiere romano, «la Bei ci sarà, perché l' Ilva è il secondo datore di lavoro del Sud dopo lo Stato e la nostra istituzione è nata pensando al Mezzogiorno: per ragioni etiche, morali e storiche non possiamo mancare la partita».

     

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    Tempi duri sull' asse Roma-Bruxelles. Tempi spesso vaghi. Dopo il crollo del Ponte Morandi, si è ripetuto lo tsunami di accuse all' Europa, ai «vincoli di bilancio» e ai «soldi che non ci sono».

     

    Scannapieco, classe 1967, economista decollato al Tesoro e cresciuto a pane e privatizzazioni, ai vertici della Bei da undici anni, la pensa altrimenti. «Il problema non sono le risorse che possono essere mobilitate, ma i progetti», sottolinea.

     

    Dall' Ue fondi e finanziamenti sono arrivati a palate, «chiedetelo alle imprese, scoprirete che il dibattito ha poco a che fare con la sostanza».

     

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    Presidente, dopo la tragedia del 14 agosto è partito il «dalli all' Ue». Il governo ha accusato l' austerità e i pochi contributi. C' è da scommettere che lei non sia d' accordo.

    «Il dibattito sullo scorporo degli investimenti nel calcolo del rapporto fra deficit e Pil ha una sua logica. Bisogna capire di quali investimenti si parla, se sono le infrastrutture, la ricerca, lo sviluppo, o cosa. È però un tema vecchio e difficile da argomentare».

     

    Perché?

    Crolla il ponte Morandi a Genova Crolla il ponte Morandi a Genova

    «Perché, se l' Italia si presenta a chiedere flessibilità all' Europa senza aver speso i contributi europei, la strada si fa in salita. Bisogna dimostrare di saper utilizzare i soldi che vengono dati prima di poterne chiedere altri».

     

    A quali poste si riferisce?

    «Un buon esempio è il Fondo per lo sviluppo regionale. A fine 2017, l' Italia aveva usato 2,5 miliardi su 38 disponibili. È secondo peggiore risultato fra gli Stati europei».

     

    Cosa ci occorre?

    Crolla il ponte Morandi a Genova Crolla il ponte Morandi a Genova

    «Non i soldi. Manca una capacità diffusa di stabilire la priorità dei progetti, di definire i piani di investimenti e di attuare ciò che si è programmato».

     

    Come lo spiega?

    «Non ci sono più tutte le strutture tecniche nelle amministrazioni che pianificano, seguono e attuano gli investimenti. In effetti sono procedure complicate. Ma altri Paesi hanno investito e hanno adesso organismi all' avanguardia, gestiti anche col nostro aiuto.

    Funziona laddove è stato fatto, anche in Italia. Il risultato è che le Regioni arrancano e alla fine, per non perdere i soldi, finanziano la sagra del cuscus e simili».

     

    Quali sono le amministrazioni che non girano?

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    «Il vero dramma è a livello locale e non solo. L' esempio virtuoso sono Francia, Regno Unito e Portogallo che hanno creato strutture di coordinamento centrale efficaci».

     

    E allora?

    «Ripartirei dalle cabine di regia, dalle strutture tecniche e dalla macchina ministeriale. È desolante vedere che a Genova gli inviati pubblici non avevano soldi per le missioni».

     

    Dopo il disastro del ponte sull' A10 è stata accusata la mancanza di sostegno europeo all' economia italiana.

    Crolla il ponte Morandi a Genova Crolla il ponte Morandi a Genova

    «L a storia dice un' altra cosa. In dieci anni la Bei ha finanziato l' Italia con 100 miliardi di prestiti. Di questi, 51 erano per le infrastrutture, di cui 15 in trasporti e poco meno di 6 per strade e autostrade.

     

    Va considerato che il nostro contributo non è mai integrale. E che, con la partecipazione privata, i 15 miliardi ai trasporti hanno alimentato 50 miliardi d' investimenti».

     

    Quali erano gli obiettivi dei progetti nei trasporti?

    «Costruzione di rete viaria, ammodernamento, miglioramento anche della sicurezza, sempre con una attenzione precisa all' ambiente. Abbiamo dato 300 milioni all' Anas per le gallerie, e tenete presente che l' Italia è il Paese europeo che ne ha di più, 900 chilometri.

     

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    Siamo stati molto presenti dopo le calamità naturali: ci sono stati 1,6 miliardi per il sisma in Emilia Romagna e 2 miliardi per Amatrice».

     

    Controllate la realizzazione dei progetti a cui partecipate?

    «Abbiamo 450 economisti e ingegneri che fanno solo questo e analizzano i dettagli. Per essere ammessi ai nostri fondi bisogna superare molte asticelle e garantire un tasso minimo di ritorno economico della infrastruttura.

     

    Conta l' impatto sull' economia che si prevede. Non finanziamo opere meramente politiche se non hanno un ritorno. Spesso diciamo no. Lo Stato dovrebbe avere la stessa metodologia. Verifichiamo gli appalti, il rispetto dell' ambiente; c' è un dipartimento che la segue fisicamente sino a che il progetto si completa».

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    Se c' è un problema, fermate le erogazioni dei fondi.

    «Peggio. Ce li facciamo ridare».

     

    Avete lavorato con Autostrade?

    «Sono un cliente storico, fra l' altro siamo stati coinvolti nella Firenze-Bologna. Abbiamo in valutazione anche operazioni di messa in sicurezza».

     

    Il governo ragiona su un grande piano di infrastrutture. Il filo è allacciato?

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    «Certo. Siamo al lavoro. Il riferimento è il Tesoro, ma siamo in contatto con altre amministrazioni per parlare di cosa si può fare».

     

    Quale potrebbe essere il vostro contributo?

    «Non c' è limite di finanziamento, ma non si possono fare numeri sinché non ci sono i progetti. Ecco il problema.

     

    i meme sui benetton e il crollo del ponte di genova i meme sui benetton e il crollo del ponte di genova

    Servono cabine di regia per investimenti che evitino situazioni che portano a conflitti o a persone che abbiano paura di firmare».

     

    Pronti anche per l' Ilva?

    «L 'abbiamo già finanziata in passato. Gli impianti, secondo i nostri ingegneri che li hanno visitati, sono di qualità. Oggi dobbiamo aspettare di vedere come va a finire sulla proprietà. Serve chiarezza. Ora come ora, non sapremmo nemmeno a chi rivolgerci per la "due diligence"».

     

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    Di nuovo. Quanti soldi?

    «L a Bei può finanziare al massimo il 50% di un progetto, in programmi di investimenti pluriennali, se ci sono carte e programmi leggibili. Quando ci sarà il piano cercheremo di massimizzare l' impatto. Ora la palla non è nel nostro campo ».

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