campagna hijab consiglio d europa
Alberto Giannoni per "il Giornale"
Il velo presentato come emblema di libertà, in una campagna di comunicazione europea, lanciata e poi ritirata in un turbinio di proteste e imbarazzi. La soggezione occidentale all'islam politico tocca vette sempre più paradossali, e genera contraddizioni ormai esplosive. Nel ventre molle dell'Europa è appena scoppiato l'ultimo caso: un'iniziativa che celebra il copricapo islamico.
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«La bellezza è nella diversità come la libertà è nell'hijab» si legge nella campagna promozionale concepita dal Consiglio d'Europa, che si presenta come la principale organizzazione di difesa dei diritti umani del Continente, e riunisce 47 Paesi. Le immagini vedono protagoniste ragazze velate e felici, contornate da slogan di questo tenore: «Come sarebbe noioso il mondo se fossimo tutti uguali? Celebrare la diversità & rispettare l'hijab».
Il Consiglio d'Europa non è organo dell'Ue, ma l'Ue compare come sponsor del progetto. Lo finanzia generosamente e acriticamente, senza considerare che, per molte donne, quello o altri veli sono invece simbolo d'oppressione. La campagna ha sollevato reazioni veementi, soprattutto in Francia, tanto che il Consiglio d'Europa ha dovuto ritirare il progetto: un imbarazzato portavoce ha assicurato che «questi tweet sono stati cancellati e penseremo a una presentazione migliore per il progetto».
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Chiamata in causa anche l'Ue, un portavoce della Commissione europea, Christian Wigand, ha spiegato che l'iniziativa si inserisce in una immancabile campagna contro i messaggi d'odio on line. Wigand ha spiegato anche che i tweet rimossi facevano parte di un progetto co-finanziato dall'Ue con 340mila euro nel 2019, ma ha anche chiarito che palazzo Berlaymont non ha valutato né approvato il contenuto promozionale.
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In realtà niente è casuale in questo genere di «gaffe», che sono il frutto avvelenato di rapporti sempre più stretti che le istituzioni europee hanno con la galassia dell'islam politico legata ai Fratelli musulmani, l'internazionale dell'integralismo che usa «l'islamofobia» come un paravento per tacitare ogni critica. Queste relazioni incresciose sono ormai consolidate. Molto ha colpito, per esempio, un rapporto sull'islamofobia prodotto da una fondazione turca «col sostegno finanziario dell'Ue».
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E in rete si trova traccia di uno studio organizzato già 10 anni fa dal Consiglio d'Europa con la collaborazione di Femyso, sigla che oggi compare come partner di un altro progetto anti-odio, «Meet», che è stato presentato anche nel Comune di Milano e a settembre ha dato vita a un evento con eurodeputati e dirigenti islamici. Si dà il caso che Femyso sia il ramo giovanile di Fioe, organizzazione indicata come struttura paneuropea della Fratellanza. E queste sigle fanno capolino anche nella odierna iniziativa pro-velo.
hijab
La campagna - si legge su «Marianne» - è stata ideata nel corso di un seminario il 27-28 settembre. «Come annuncia molto apertamente il sito web del Consiglio d'Europa - si legge in un articolo che il giornale francese, e di sinistra, dedica alla vicenda - il workshop in questione è stato organizzato in collaborazione con Femyso».
donna velo
Marianne riporta anche il parere di uno studioso italiano, il massimo esperto di radicalismo islamico, Lorenzo Vidino. «Possiamo organizzare una campagna sul tema del razzismo antimusulmano, non sono contrario - dice - ma dobbiamo ancora scegliere bene i nostri partner».