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    LA BERLINO DEI GIUSTI - BUONE NOTIZIE DAL FESTIVAL DI BERLINO. L’UNICO FILM ITALIANO IN CONCORSO, “DISCO BOY”, È UN AMBIZIOSO VIAGGIO NEL DISASTRO EUROPEO DELLA FUGA DALL’EST, NEI RAPPORTI COMPROMESSI CON LO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE AFRICANE E NELL’IDEA STESSA DI NAZIONALITÀ. UN OTTIMO FILM, FORTE E VISIVAMENTE AFFASCINANTE - POCHISSIMO PARLATO, MOLTO CHIARO NEL SUO MESSAGGIO DI FRATELLANZA FRA ORFANI DEL MONDO E NELLA SUA DENUNCIA CONTRO L’ORRORE DEL CAPITALISMO… - VIDEO


     
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     Marco Giusti per Dagospia

     

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    Buone notizie dal Festival di Berlino. L’unico film italiano in concorso, l’opera prima “Disco Boy”, coproduzione italo-franco-belga-ispanico-polacca, scritto e diretto dal quarantenne tarantino Giacomo Abbruzzese, autore di una serie di riusciti cortometraggi, è un ambizioso viaggio nel disastro europeo della fuga dall’est, nei rapporti compromessi con lo sfruttamento delle risorse africane e nell’idea stessa di nazionalità. Un ottimo film, forte e visivamente affascinante.

     

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    Magari non tutto funziona nella seconda parte meno documentarista e più favolistica, ma l’interpretazione del protagonista Franz Rogowski, il Joaquin Phoenix del cinema europeo, la presenza di due eccezionali talenti africani, il gambiano Morr Ndiaye e l'ivoriana Laëtitia Ky, lei è anche un’artista, la musica di Vitalic, cioè Pascal Arbez-Nicolas, la fotografia di Hélène Louvart, fanno del film qualcosa che va ben oltre l’opera prima riuscita, come hanno riconosciuto anche critici importanti come Peter Bradshaw del “Guardian”, che gli ha dato quattro stelle.

     

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    Il giovane bielorusso Aleksei, Franz Rogowski, assieme all’amico del cuore Micha, Michal Balicki, attraversa la Polonia con un permesso di tre giorni con l’idea di andare di espatriare in Francia. Senza documenti, finisce nella Legione Straniera, come un eroe del cinema americano alla “Beau Geste”. Contemporaneamente seguiamo i movimenti di un piccolo gruppo rivoluzionario in Nigeria, capitanato da Jomo, Morr Ndiaye, in lotta con il governo corrotto del paese che ha venduto tutte le risorse del paese alle multinazionali occidentali.

     

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    Jomo vive in un villaggio assieme alla bellissima sorella Udoka, Laëtitia Ky, e sogna di essere un ballerino, di chiamarsi Disco Boy. Sia Jomo che Udoka hanno la particolarità di avere occhi di colori diversi, perfettamente specchianti tra di loro. In una delle missioni di “pace” dei legionari, Aleksei è spedito proprio in Nigeria per riportare a casa degli ostaggi occidentali rapiti dai ribelli di Jomo. Il film, che parte quasi come un documentario alla Dardenne inseguendo i due bielorussi in viaggio, assume toni del tutto diverso nel rapporto magico tra i due fratelli e vanta soluzioni visive estremamente diverse quando entra a loro contatto Aleksei.

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    “Sognavamo di migliorare la nostra vita”, dirà a un certo punto Aleksei ripensando alla sua fuga, “ma non è andata così”. Pochissimo parlato, molto chiaro nel suo messaggio di fratellanza fra orfani del mondo e nella sua denuncia contro l’orrore del capitalismo, presenta all’attenzione mondiale, dal palcoscenico di Berlino, un regista italiano di talento e di grande preparazione tecnica.

     

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    Inoltre il film è coprodotto dalla coraggiosa Dugong Film di Giulia Achilli e Marco Alessi, piccola società romana indipendente che ci fa ben sperare per una seria alternativa al cinema decisamente poco coraggioso che si è visto in questi ultimi anni nel nostro paese. Verrà distribuito in sala dal 9 marzo dalla Lucky Red.   

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