Marco Giusti per Dagospia
mati diop premiata a berlino per dahomey
Il cinema al femminile, quello più politico, sperimentale e creativo viene premiato quest’anno al Festival di Berlino, l’ultimo diretto dall’italiano Carlo Chatrian, è già pronta la sostituta, l’americana Tricia Tuttle, in un tripudio di messaggi sul “ceasefirenow”, cioè il cessate il fuoco a Gaza.
L’agguerrita giuria presieduta da Lupita Nyong’o, la star keniota-americana di “12 anni schiavo”, “Black Panther” e “Noi”, ha premiato con l’Orso d’Oro il documentario “Dahomey”, opera seconda della giovane franco-senegalese Mati Diop, che già vinse il Grand Prix a Cannes nel 2019 con il bellissimo “Atlantique”.
isabelle huppert yeohaengjaui pilyo
Mati Diop segue un corso, ormai irresistibile, che vede le ragazze registe premiate in ogni parte del mondo. E’ così. Il film, non lo dite a Genny Sangiuliano, segue la restituzione da parte della Francia alla Repubblica del Benin di 26 opere d’arte africane, trafugate nel 1892 dalle truppe coloniali francesi. Qualcosa che prima o poi dovremmo fare anche noi italiani.
“Berlino è il posto giusto e questo è il momento giusto per difendere Dahomei”, ha detto la regista, “un film che rappresenta una comunità visibile e invisibile, che rompe il muro del silenzio e della negazione.
sebastian stan a different man
Ognuno di noi può fare la sua parte e contribuire ad abbatterlo e riabilitare chi ha vissuto il colonialismo. Bisogna scegliere e io ho scelto di rifiutare l’amnesia come metodo. Sono solidale con il popolo del Senegal e sono solidale con la Palestina. Dedico questo premio a chi ha contribuito ad aprire la strada”. Già c’è chi protesta per il fatto che per la seconda volta un documentario vince l’Orso d’Oro a Berlino, visto che l’anno scorso vinse “Su l’adamant” di Nicolas Philibert.
Orso d’argento -Grand Prix della Giuria al coreano “Yeohaengjaui pilyo (A Traveler’s Needs)” di Hong Sangsoo con Isabelle Huppert, già riconosciuto come uno dei migliori film del regista. Orso d’argento - Premio della giuria per l’ultimo film di Bruno Dumont, “L’empire”, ennesima stravaganza, visto che è una sorta di parodia di Guerre stellari.
pepe
Orso d’Argento per la migliore regia va al domenicano Nelson Carlos De Los Santos Arias, regista del curioso “Pepe”, un film sull’ippopotamo che Pablo Escobar fece arrivare in Colombia. E’ la prima volta che un regista sudamericana viene premiato a Berlino. Gli attori premiati quest’anno sono Sebastian Stan per “A Different Man” di Aaron Schinberg, che si esibisce con un viso deforme, e Emily Watson per “Small Things Like These” di Tim Mielants, il durissimo film sui segreti delle scuole cattoliche irlandesi che vede protagonista Cillian Murphy.
no other land
Ha provocato non pochi problemi, in una serata dove lo stop al genocidio si è sentito un po’ ovunque, anche da parte della nostra giurata Jasmine Trinca, il premio come miglior documentario a “No Other Land”, diretto da un quartetto di registi ebrei e palestinesi, Basel Adra, Hamdan Ballal, Yuval Abraham, e Rachel Szor.
Per non dire delle reazioni di fuoco di molti ebrei sui social che vedono qualsiasi richiesta di cessate il fuoco come un atto antisionista. Il premio per la migliore sceneggiatura è andata al tedesco Matthias Glasner per il suo “Sterben”, per il miglior contributo artistico a Martin Gaschlacht per la fotografia di “Des Teufels Bad” (The Devil’s Bath), horror di Veronika Franz & Severin Fiala. La miglior opera prima è il vietnamita “Cu Li Không Bao Gio Khóc (Cu Li Never Cries)” di Pham Ngoc Lân. Premio alla carriera a Martin Scorsese, presentato da Wim Wenders. L’Italia, che si presentava con ben due film in concorso, “Another End” di Piero Messina e “Gloria!” di Margherita Vicario, torna a casa a mani vuote.
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