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    LO STATO DELL’ISTRUZIONE ITALIANA: LA BOCCONI CHIAMA GIULIA DE LELLIS, CHE CONFESSÒ DI NON AVER MAI LETTO UN LIBRO IN VITA SUA (POI PRECISANDO CHE ERANO DUE) PER INSEGNARE AGLI STUDENTI DEL MASTER IN “FASHION, EXPERIENCE & DESIGN MANAGEMENT” – “NON SONO OVVIAMENTE UNA PROF, SARÒ LÌ PER RACCONTARE UN’AZIENDA. E ANCHE PER MOTIVARE CHI HO DAVANTI: IO CHE ARRIVO DAL NIENTE CE L’HO FATTA” – LA STILETTATA A CHIARA FERRAGNI: “SE SEI COSÌ GRANDE, COSÌ IN ALTO, SERVE ALTRETTANTA ATTENZIONE PER GESTIRE LA COSA…”


     
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    Estratto dell’articolo di Anna Gandolfi per www.corriere.it

     

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    […] Giulia De Lellis, una delle prime beauty influencer italiane. La professione allora - 2016 - nemmeno aveva un nome: «Cosa eravamo? Non so. Blogger? Io il blog non ce l’avevo: semplicemente amavo, e amo, il make up e già allora ne scrivevo sugli account».

     

    Otto anni, per un settore cresciuto vertiginosamente, sono un secolo. «[…] Quando ho capito che poteva essere un lavoro mi sono rivolta a un’agenzia di management: anche per loro era una novità».

     

    Complici della svolta definitiva coloro che della promozione social già conoscevano perfettamente le potenzialità: gli americani. «Il primo contratto l’ho firmato per il brand Urban Decay». Si parte da lontano per arrivare al 2023: «Grazie a questo lavoro a maggio ho coronato il sogno di lanciare un mio brand di prodotti per la pelle, Audrer». E poi, ancora, al 2024: in meno di un anno l’avventura di Giulia De Lellis ha attirato l’attenzione della Sda Bocconi.

     

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    La Business school dell’università milanese ha infatti invitato l’influencer-imprenditrice 28enne a raccontarsi al master in Fashion, experience & design management: si va a lezione (riservata agli studenti) mercoledì 20 marzo.

     

    Tesa?

    «Audrer è totalmente autofinanziata: che possa diventare un caso di studio della Sda Bocconi è un riconoscimento importante».

     

    Qualche numero dell’azienda?

    «Investimento iniziale: intorno ai 500 mila euro. Il 2023 è vicino al pareggio, ora siamo in attivo».

     

    I fondi per partire li ha messi tutti lei?

    «Prima dell’esperienza in televisione […] facevo la commessa in un negozio di abbigliamento a Pomezia: 1.200 euro al mese. Quando sono arrivati i primi contratti grazie ai social quasi mi vergognavo: con un pacchetto di post potevo andare oltre quanto prendevo stando in negozio un mese intero. Ho cominciato a mettere da parte i risparmi, pensavo: ho questa fortuna, voglio usarla per creare qualcosa di mio. Alla fine è nata Audrer».

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    A quante persone dà lavoro?

    «Tra team Audrer e team beauty influencer 12 in tutto».

     

    Come ha iniziato su Internet?

    «Nei primi mesi del 2016, durante Uomini e donne, mi sono avvicinata ai social: sono un po’ imbranata con la tecnologia, tuttora la uso ma senza compulsare. Il primo è stato Instagram». [[…] «[…] Le aziende hanno cominciato a cercarmi, a inviarmi prodotti. Loro stesse proponevano contratti per una promozione strutturata. Ho pensato di affidarmi a un'agenzia perché non avevo idea di come muovermi».

     

    È stato detto che lei guadagna 16 mila euro con un post. Vero o fake?

    «Se vabbè...».

     

    Falso?

    «Non penso di aver mai venduto il singolo post, neanche agli inizi. Credo nelle campagne serie, le studio dall’inizio alla fine e possono essere molto diverse: includere post, contenuti video. Non ha senso dare numeri generici. Se vogliamo un ordine di grandezza posso dire che rispetto agli esordi il valore che mi viene riconosciuto è decuplicato».

     

    Le influencer si mettono davanti al video, si truccano e guadagnano, possono farlo tutti. Cosa replica a chi dice così?

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    «Dico che ci sarebbero milioni di influencer tutti di successo. Invece no: chissà come mai. Servono preparazione, fantasia, un pizzico di fortuna. Io ho un mio modo di comunicare: diretto, schietto. Non è che faccio un post e guadagno: penso ai claim, al set, decido come fare le foto, la musica. I dettagli fanno parecchio».

     

    Dietro a suoi social c’è solo lei?

    «Gli account li seguo io. Al di là del mio ruolo in prima persona, oggi ho allargato l’attività a una piccola agenzia di comunicazione:  […] ».

     

    […] Commistione tra pubblicità e beneficenza, pubblicità occulta. Molti suoi colleghi sono finiti nei guai.

    «La chiarezza è fondamentale: se stai pubblicizzando un prodotto scrivi “adv”, se ti è stato regalato “gift”, altrimenti è “no sponsor”. Per noi che operiamo nel web è sempre stato così: bene che diventi legge ciò che era affidato all’autoregolamentazione».

     

    Che non era seguita da tutti.

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    «Se siamo qui a parlarne no».

     

    Chiara Ferragni è nella bufera per un «errore di comunicazione». Cosa dice?

    «Se sei così grande, così in alto, serve altrettanta attenzione per gestire la cosa. Chiara Ferragni è una bravissima imprenditrice, un’ottima mamma: spero che tutto finisca per il meglio».

     

    Siete passati dall’essere la categoria più ammirata a quella più odiata.

    «Sì, la più invidiata e criticata».

     

    Lei quanti follower ha?

    «Su Instagram 5,3 milioni, 900 mila su TikTok e 200 mila su YouTube. L’audience settimanale stimato è 7 milioni di utenti».

     

    […] «[…] Certo, l’aggressività è aumentata».

     

    Quando ha visto questo cambiamento?

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    «Durante la pandemia. Siamo diventati soggetti da seguire ma anche da contestare. A volte davvero in modo pesante, pesantissimo».

     

    […] Lei ha studiato all’Istituto professionale di arte e moda, ora parlerà davanti agli studenti di un master in Bocconi. Rimpiange di non avere una laurea?

    «La laurea mi manca e vorrei tornare a studiare per prenderla. Ho 28 anni: so che lo farò».

     

    In aula al master la chiameranno «prof»?

    «Non sono ovviamente una prof, sarò lì per raccontare un’azienda. E, perché no, anche per motivare chi ho davanti: io che arrivo dal niente ce l’ho fatta. Chiaramente c’è sempre da imparare».

     

    I suoi coetanei sono meno pronti a sacrificare il tempo libero?

    «Qualcuno ha più fame, voglia di arrivare, altri meno. Anche io ho stabilito che il weekend deve essere libero». […]

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