Giulia Zonca per la Stampa
Una danza che non ha alcun desiderio di farsi chiamare sport entra alle Olimpiadi e le sconvolge.
breakdance
La breakdance avrà delle medaglie a Parigi nel 2024: il comitato promotore la vuole, il Cio l' ha ammessa, il presidente Thomas Bach l' ha appoggiata, «ci farà entrare in contatto con le nuove generazioni» e ora manca solo la burocrazia. La firma del comitato esecutivo di dicembre è scontata, un pezzo di cultura da strada oggi entra nel programma dei Giochi.
Al momento si parla solo dell' edizione in calendario tra otto anni, poi si vedrà. Confermate come discipline aggiuntive l' arrampicata, il surf e lo skateboard, bocciati il karate e il baseball con annesso softball, prove che hanno diritto di cittadinanza solo a Tokyo 2020. L' unica novità, la breakdance, è anche la più destabilizzante.
Poster contemporaneo Già sul battesimo si discute, nelle sfide sempre più popolari si chiama b-boying/ b-girling e c' è già chi storce il naso sul nome scelto per l' ingresso in società. I cultori del genere considerano la breakdance un cappello sotto cui infilare troppi stili, una parola, pure un po' arcaica, che è uscita di moda all' inizio degli Anni Novanta ed è rientrata in circolo in tutt' altra forma. Acrobatica, orgogliosa, inclusiva, spogliata dagli echi di violenza.
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Nei trasgressivi Settanta era la pausa nella guerriglia tra bande, un modo per lasciare a terra il coltello e segnare il territorio a forza di mosse. Una dichiarazioni di indipendenza . Via le gang è rimasto il confronto, la multietnicità, la libertà di espressione tradotta in movimento e la gara è passata da «sono più resistente di te» e te lo dimostro girando a ripetizione sulla testa a «guarda di che cosa sono capace».
Messaggio che piace parecchio a chi vuole rimodellare i Cinque Cerchi sul futuro.
Lo sport che non è uno sport contiene tutte le parole che i Giochi vogliono esaltare: «urbano», «aperto», «inclusivo», «giovane», se si procede per elementi chiave la breakdance salta fuori a ogni singola ricerca e il fatto che la competizione sia sfuggente intriga ancora di più. Chi apprezza vuole fare della breakdance il poster della competizione formato contemporaneo, chi è contrario è addirittura disgustato all' idea che un modo di essere, privo di canoni di valutazione, diventi oro.
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Nessuno può negare che serve allenarsi. È richiesto un notevole sforzo fisico, una preparazione strutturata.
Tutto ciò che si fa in palestra rientra nella definizione di sport classico: farsi il fiato, i muscoli, acquisire l' esperienza a furia di ripetizione. Ma tutto ciò che servirà per meritarsi il podio sfugge alle definizioni. Ci sono i giudici, come nella ginnastica, solo che non esistono elementi obbligatori. Sarebbe difficile codificare una danza ribelle, pensata per reagire al ghetto, evoluta come controcultura e ora promossa con rischio al palcoscenico che ha il pubblico più grande, le Olimpiadi.
Ribellione e sponsor Le discipline più tradizionali si sentono attaccate: nella fase sperimentale ci si aggiunge, se poi si diventa parte del programma permanente si prende il posto di qualcun altro. I francesi hanno promosso la b-dance e ci credono. Porta sponsor (la Red Bull, ha già messo il marchio su un circuito d' élite) e contemporaneamente resta una richiesta di libertà difficile da etichettare.
Establishment e rivolta tutto in uno, manifesto politico che di questi tempi instabili ha il suo successo e corrente che non ha cercato le Olimpiadi: se le è trovate davanti. E ha iniziato a girarci intorno. Vorticosamente.
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2. OLIMPIADI: LA BREAKDANCE E LO SKATEBOARD COME I 100 METRI?
Roberto De Ponti per www.corriere.it
Dice: catturano nuovi spettatori, soprattutto giovani, quindi sono i benvenuti. Sarà. Lo spirito olimpico, si sa, è aperto a qualsiasi disciplina, soprattutto a quelle che portano denaro, ma introdurre breakdancing, surf, arrampicata e skateboard a partire da Parigi 2024 va un po’ oltre.
BACH
Non sia mai detto che si voglia difendere la purezza dello sport (purezza?...) dall’assalto dei barbari, non si creda che si vogliano chiudere le porte olimpiche al futuro, ma pensare che nel medagliere finiscano con pari dignità sportiva il vincitore dei 100 metri piani e il ballerino con pantaloni di quattro taglie più larghi è spiazzante.
BACH
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Non si chiede di tornare ai Giochi del 1896, dove le discipline ammesse erano dieci, ma di valutare che significato possa avere aprire i cinque cerchi ad attività nate con intenzioni ben diverse dal diventare sport agonistici, caratteristica che una disciplina dovrebbe avere per entrare nel programma olimpico. Thomas Bach, presidente del Cio, vuole Giochi «più giovani e più urban»? Gli diamo un paio di suggerimenti: la pentolaccia, per ritrovare le generazioni più rurali; il parkour, per agganciare i fan dei selfie estremi; il biliardo, per pescare fra i frequentatori delle vecchie sale fumose. C’è solo un problema: magari il Cio poi ci pensa sul serio.
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