Per gentile concessione dell’editore Newton Compton, pubblichiamo uno stralcio di Elvis (pagg. 352, euro 9,90) della giornalista Sally A. Hoedel. Il libro-inchiesta indaga sulla morte di Elvis Presley, deceduto nel 1977 a soli 42 anni, attraverso centinaia di interviste con gli ultimi testimoni.
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La sera del secondo concerto del quarto tour, Elvis aveva la testa in un secchio di ghiaccio e il Colonnello urlava: «L'unica cosa che conta è che stasera salga sul palco!». A Baltimora lasciò il palco per mezz' ora, a quanto pare per problemi intestinali. Tornò per terminare l'esibizione, tra lo sconcerto dei fan. Quella sera, ebbe una conversazione molto spirituale con Kathy Westmoreland e Larry Geller.
«Era molto malato e lo sapevamo tutti, ma non parlammo della sua salute», ha ricordato Kathy. Mentre si fissavano, lei ebbe la sensazione che finalmente si stessero dicendo delle cose di cui non avevano mai osato parlare. «Il modo in cui mi fissò negli occhi e in cui io gli restituii lo sguardo... mi fece pensare che fosse consapevole che sapevo che stava morendo». Elvis le stava dicendo che non gli rimaneva molto tempo.
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Ancora una volta, c'erano due settimane di pausa prima del tour successivo, il quinto dell'anno: dal 17 al 26 giugno, dieci città e dieci concerti in dieci giorni. A questo punto, era già un successo se Elvis riusciva a salire sul palco. Negli ultimi due tour a volte era dovuto correre dietro le quinte perché aveva dimenticato le parole delle canzoni. Nonostante stesse ricevendo pessime recensioni, il Colonnello prese accordi per farlo comparire nuovamente in televisione.
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Non sarebbe stata più solo la stampa locale a dire che non aveva più voce, che il suo giro vita era aumentato ancora e che sembrava confuso. Sarebbe apparso sulla CBS e quindi nelle case di tutti gli americani. Elvis lo ribattezzò «un altro dei grandi affari del Colonnello», perché avrebbe fruttato 750.000 dollari da dividere al cinquanta per cento.
Il cantante era preoccupato del proprio aspetto e aveva paura di non farcela. La trasmissione avrebbe dovuto includere le riprese girate in occasione di due concerti, ma dal primo ci fu ben poco da salvare. Elvis ammise di essere stato tremendo, ma promise che il secondo sarebbe andato meglio. «Era come se stesse dicendo: Ok, eccomi qui. Sto morendo, chi se ne frega»39, ha ricordato il promoter Tom Hulett.
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Il secondo show andò un po' meglio, ma il declino fisico e la debolezza della voce imparagonabile a quella che aveva sfoggiato nell'ultimo documentario erano evidenti. Elvis aveva ben altro di cui preoccuparsi che l'uscita del libro di Red e Sonny West. Quando vide il programma in televisione, Jerry Schilling pianse, ammettendo che erano stati tutti ciechi.
Elvis tenne il suo ultimo concerto a Indianapolis, in Indiana, il 26 giugno 1977, alla Market Square Arena. Mentre Larry gli sistemava i capelli, disse: «Lo spirito c'è, Lawrence, ma il corpo è debole Sto davvero male, ma non importa. Stasera salirò comunque sul palco e darò tutto quello che ho, costi quel che costi».
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Era il sessantottesimo compleanno del Colonnello. Ironicamente Elvis si esibì per l'ultima volta nella data in cui era nato l'uomo che l'aveva aiutato a raggiungere la fama. Si parlò del concerto come della sua «migliore performance degli ultimi mesi». Come aveva detto a Larry, diede tutto quello che gli era rimasto. Nonostante questo, Kathy Westmoreland finì il tour con la convinzione che Elvis non sarebbe mai più salito su un palco. Sembrava troppo malato per continuare a esibirsi.
Tornò a casa a Memphis. Alla fine di luglio, Lisa Marie lo raggiunse per passare due settimane con lui.
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In quei giorni prima che partisse il tour che doveva iniziare il 17 agosto a Portland, nel Maine, Elvis fece le solite cose di sempre. Affittò il luna park per Lisa Marie e il cinema per vedere vari film. Ginger andava e veniva a suo piacimento e lui passò la maggior parte del tempo con il cugino Billy Smith e sua moglie Jo.
Billy sapeva che Elvis era malridotto e lo implorò di smettere di lavorare per un po'. Il cugino aveva visto il padre e la zia compiere la stessa parabola discendente. «Jo dice che cominciò ad avere lo stesso aspetto che aveva mio padre prima di morire. E ha ragione. Se ne stava sempre stravaccato sul letto con i piedi incrociati. Il suo stomaco era gonfio», ha ricordato Billy. «Mio padre aveva lo stesso problema al fegato e all'improvviso il suo stomaco si era gonfiato. Lo stesso accadde alla madre di Elvis. A volte ci chiedevamo come potesse andare avanti».
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Il cantante parlò al telefono con Kathy Westmoreland e Lamar Fike ed entrambi gli consigliarono di cancellare il tour successivo. «Perché un altro tour? Perché non ti riposi? Sei malato e per un po' non dovresti neanche pensare a lavorare. I tour e i concerti ti stancano troppo», gli disse Kathy.
«Non posso, tesoro», rispose. «Non posso fermarmi ora. Il Colonnello ha un sacco di debiti di gioco e alcuni ragazzi si ritroverebbero in cattive acque se smettessi di lavorare. Hanno delle famiglie da mantenere».
Parlò con Lamar Fike un paio di giorni prima dell'inizio del tour. Lamar era stato con lui sin dal principio. Gli disse: «Sono stanco. Non mi sento bene. Ho di nuovo dei problemi all'occhio».
Lamar gli rispose: «Annulla il tour, cazzo. Cancellalo!». «Ma devo pagare gli stipendi», concluse Elvis. Il 15 agosto del 1977 si svegliò verso le 4 del pomeriggio, come al solito. Doveva occuparsi di alcune faccende perché il giorno dopo sarebbe partito per il sesto tour dell'anno. Le sue caviglie erano così gonfie che non riuscì a tirare su la chiusura lampo degli stivali.
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Con la sua Stutz nera, alle dieci e mezza si recò all'appuntamento dal dentista, per fare la pulizia dei denti e sistemare un paio di otturazioni. Anche Ginger fece la pulizia dei denti. Il dottor Hoffman, il dentista, gli diede alcune pillole di codeina, nel caso in cui le otturazioni gli avessero fatto male, anche se sarebbe bastato dell'ibuprofene. Elvis si mise al volante per tornare verso casa, lucido e nel pieno possesso delle sue capacità.
Alle quattro di notte passate svegliò il cugino Billy Smith e gli chiese di giocare a racquetball. Si unirono a loro anche Ginger e Jo Smith. Prima di lasciare il campo, Elvis si sedette al piano e cantò Blue Eyes Crying in the Rain. Fu l'ultimo pezzo della sua vita. Billy lo accompagnò in camera e lo aiutò a lavarsi e asciugarsi i capelli. Poi si diedero la buona notte ed Elvis disse: «Billy, questo sarà il mio miglior tour di sempre».
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