Franca Giansoldati per "il Messaggero"
RATZINGER E WOJTYLA
Il novantaquattrenne Papa Emerito dal monastero Mater Ecclesiae, sul colle vaticano, osserva con sofferenza la bufera che lo ha investito personalmente sulla pedofilia. Sembra quasi un paradosso: lui che da Papa, durante il periodo di regno, dal 2005 al 2013, ha effettivamente inasprito come nessun altro le leggi canoniche, avviando (finalmente) quel percorso di tolleranza zero auspicato, sbriciolando la prassi consolidata che garantiva coperture agli orchi.
Regole sistemiche fino a quel momento usate un po' ovunque nelle diocesi. Anche a Monaco. Con l'onestà intellettuale che lo ha sempre contraddistinto Joseph Ratzinger ha preso carta e penna e ha affidato al suo segretario una nota ammettendo di essere stato effettivamente presente a una riunione nell'arcivescovado di Monaco, in data 15 gennaio 1980.
WOJTYLA RATZINGER
All'epoca era arcivescovo e quel giorno veniva discusso il caso di un prete della bassa Renania che aveva molestato dei ragazzini e che dalla diocesi di Essen doveva essere trasferito per seguire le cure di un noto psichiatra bavarese. Inizialmente Ratzinger aveva affermato di non essere stato presente a quella riunione, di non conoscere il caso.
I fatti in questione sono lontani nel tempo e forse non è nemmeno tanto facile ricostruirli. Ma davanti alle incongruenze che sono emerse dopo la pubblicazione del dossier choc sulla diocesi di Monaco, Ratzinger non ha avuto difficoltà ad ammettere l'errore, correggendo una dichiarazione inviata a suo tempo agli investigatori dello studio Westpfahl Spilker Wastl (WSW) che la settimana scorsa hanno reso noto il rapporto choc, rivelando che nell'arco di 70 anni ci sono stati 497 casi di abusi sul territorio bavarese commessi da ecclesiastici, casi spesso insabbiati e mai denunciati dalle autorità.
WOJTYLA E RATZINGER
L'ammissione del Papa Emerito è contenuta in una lettera pubblicata dal suo segretario privato, monsignor Georg Gaenswein e citata dall'agenzia di stampa cattolica tedesca KNA. Ratzinger ha sostanzialmente affermato che le sue dichiarazioni iniziali erano «oggettivamente errate», che non ha mai parlato in «malafede». Si sarebbe, invece, trattato di un errore, «risultato di un'omissione nella redazione delle sue dichiarazioni». Ha anche aggiunto di essere «dispiaciuto» chiedendo «di essere perdonato».
DOSSIER
PAPA WOJTYLA - BERGOGLIO - RATZINGER
Il dossier in questione è particolarmente interessante perché offre l'ennesimo spaccato di come sono sempre andate le cose nella Chiesa, a qualsiasi latitudine, Italia compresa. La brutta storia del prete tedesco Peter Hullermann è la seguente: una volta arrivato a Monaco anche nella nuova sede la diocesi lo rimette a contatto con i bambini in una parrocchia causando altre vittime.
Più che per il Papa Emerito il caso è un macigno per la Chiesa intera poiché mostra le regole che tutti i vescovi seguivano sotto il pontificato di Giovanni Paolo II. Basti pensare che negli anni Novanta l'allora prefetto della Congregazione del Clero, Castrillon Hoyos, inviò una lunga lettera di elogi e stima a un vescovo francese che si era rifiutato di denunciare un pedofilo conclamato e collaborare con le autorità giudiziarie. In linea di massima i casi di abuso si affrontavano trasferendo gli orchi nella speranza che si raddrizzassero, spesso con cure psichiatriche. Raramente venivano espulsi o denunciati come invece doveva essere. Il nodo era sistemico.
I PAPI SANTI IN VATICANO CANONIZZAZIONE DI WOJTYLA E RONCALLI RATZINGER
REGOLE
Quanto al caso di Monaco, conoscendo le normali dinamiche gestionali all'interno di una diocesi (dove tutto è piramidale e gerarchico), sembra irragionevole pensare che un Vicario Generale abbia potuto stabilire in totale autonomia rispetto al vescovo titolare, l'assegnazione di un pedofilo conclamato e in cura da uno psichiatra ad una parrocchia, senza l'autorizzazione del superiore.
In un rapporto del 2010 l'allora Vicario Generale monsignor Gerhard Gruber affermò che fu lui personalmente a decidere di inserire il prete abusatore Hullermann in una parrocchia. Sempre in quella occasione Ratzinger dichiarò che «non era presente» alla riunione in cui si decise lo spostamento ma dalle carte che la commissione ha avuto modo di consultare e studiare risultavano incongruenze e da qui la necessità oggi di rettificare. E chiedere scusa.