Estratto dell’articolo di Concita De Gregorio per “la Repubblica”
giorgia arianna meloni
Ma poi questa famosa classe dirigente come avrebbe potuto essere all’altezza, cioè diversa da questa? Dotata di senso democratico e delle istituzioni, fatta di servitori dello Stato competenti, affidabili. Dove avrebbe potuto trovare una leva di centinaia di persone da immettere al governo delle cose, Giorgia Meloni, un anno fa, se non nel bacino di una falange politica cresciuta in risentita e minoritaria opposizione, forgiata in manifestazioni di antica matrice culturale, sempre sul ciglio della nostalgia di regime e oggi, insediata al potere, ubriaca di rivalsa?
Dove avrebbe potuto cercare le donne e gli uomini a cui affidare gli incarichi se non fra amici e parenti, cioè le persone di cui ti fidi perché ci sei cresciuta, ci hai fatto i campeggi di formazione insieme.
giovanni donzelli giorgia meloni emanuele pozzolo.
Non è un problema solo suo. Ce l’ha avuto Berlusconi, ce l’ha avuto Grillo, prima ancora Di Pietro, tuttora la Lega. Ce l’ha la sinistra tutte le volte che la fedeltà ha la meglio sulla lealtà, e accade spesso, accade ogni volta che il merito e la competenza diventano marginali rispetto alla cosiddetta “affidabilità”, la quale si fonda sul senso di riconoscenza verso chi ti ha messo a svolgere un compito al quale altrimenti, coi tuoi soli mezzi, non avresti mai potuto ambire.
Le burocrazie dei mediocri proliferano così, in una sinfonia tragica in calando: ciascuno sceglie di mettersi accanto qualcuno che non gli faccia ombra, questi si mette accanto un altro che sia un po’ meno dotato di lui e così via al ribasso: le altrui capacità sono la misura esatta delle proprie carenze dunque chi brilla più di te sarà meglio che resti fuori dalla porta.
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concita de gregorio
Ma dicevo di Giorgia Meloni. Quando afferma «non sono disposta a fare questa vita se le persone intorno a me non capiscono il senso di questa responsabilità» esprime una preoccupazione postuma. Parla del presente e del passato. Non è un’eventualità, che non lo capiscano. È un’evidenza.
E sì, sarebbe forse di maggior intrattenimento fare qui la top ten delle castronerie e volgarità istituzionali degli ultimi mesi. Dal presidente del Senato che interroga e assolve il figlio accusato di stupro dopo un sopralluogo nella sua camera da letto, ho visto coi miei occhi tutto a posto, la banda musicale di pensionati di via Rasella, i ministri, quello che i libri magari poi dopo li leggo, quello del carico residuale, il ministro cognato che ferma i treni, l’altro che passa le carte del ministero, a colazione, al coinquilino che a carnevale si veste da Minnie (intende minimizzare la scelta del collega che predilige la divisa da gerarca nazista).
FASCIO TUTTO IO - VIGNETTA BY MACONDO
Da ultimo il deputato che spara alla festa, del resto così fan tutti, e il cognato dell’agente di scorta di Delmastro ferito. C’è sempre un cognato, in ogni fiaba nera, da Fini in avanti, nella Repubblica dei cognati — ma poi: perché Delmastro ha la scorta? Infine i conflitti di interesse fra imprese personali e incarichi di governo, l’assetto da padroni del privé, indagini in corso. Ma si sa, lo sappiamo.
Questi sono, questi erano disponibili nell’imprevista fretta di formare un governo. La vera questione è cos’è e come si forma una classe dirigente. Non arriva come pacco di Natale, non è un casting.
GIORGIA E ARIANNA MELONI
Ci vuole tantissimo tempo a formarne una: decenni, orizzonti condivisi, temi e battaglie comuni, studio, esperienza, selezione. Non è fatta solo da ministri e sottosegretari, inoltre.
Una classe dirigente è composta da esponenti della finanza, industriali, eccellenze nelle professioni liberali, docenti universitari, gerarchie militari ed ecclesiastiche, primari di ospedali, sindacalisti, presidi di facoltà, presidenti di banche e fondazioni, persino intellettuali, pensate, e financo artisti apprezzati e popolari.
Ora: per fare un avvocato di grido, un chirurgo in grado di impiantare un cuore con successo e financo un burocrate che sappia accedere in forma corretta a un bando, per fare un legislatore che sappia redigere un decreto in italiano completo di congiuntivi e in coerenza con le leggi vigenti ci vuole tempo, studio, fatica. Ci vogliono molti anni. Investimenti nella ricerca e nella scuola, valorizzazione dei meriti, trasparenza nei concorsi e parecchio altro materiale in disuso.
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA - ER FERROVIARIO - VIGNETTA BY MACONDO
In Italia non esistono scuole per la pubblica amministrazione come l’Ena francese, o una tradizione formativa del calibro di Oxford e Cambridge in Inghilterra.
In Italia le classi dirigenti si sono formate diversamente. Per appartenenza, perché si è parte di una cordata di relazioni. Per segnalazione, per raccomandazione. Per dinastia familiare e politica. Il merito non è sempre necessario, indispensabile è la prossimità al potere.
Il Rapporto sulla classe dirigente italiana di Jean Meynaud, un testo ormai antico, 1966, mostra come già nel Dopoguerra la mai scomparsa Democrazia cristiana avesse reclutato i suoi futuri quadri nei circoli, nelle parrocchie, nelle associazioni di volontariato cattolico, in una dimensione di comune appartenenza e di condivisione di ideali. Per correnti, certo. Per fedeltà e da un bacino formativo che non era (solo) accademico. Era fondato sull’esserci e sul fare.
Difatti abbiamo avuto e tuttora abbiamo una classe dirigente fatta soprattutto da uomini anziani, età media 60 anni. Profondamente maschilista, allora e ancora. Le donne e i giovani, pur se dotati, in fondo alla fila.
giorgia meloni francesco lollobrigida
Ci sono studi molto interessanti sugli anni a noi più prossimi. Silvio Berlusconi costruì una classe dirigente a partire da Publitalia, Fininvest, Mediolanum: erano venditori e amministratori, aveva in mente un Paese-azienda, il Paese che amo le aziende che amo. Cosa ne resti dopo di lui è molto chiaro.
[…] Grillo ha fondato i Cinquestelle sul principio uno vale uno, per fare da zero una classe dirigente bisognava scardinare questo principio obsoleto della competenza, additarla come élite parassitaria screditando la conoscenza, dunque dentro chiunque. Il risultato, anche in termini di progresso culturale del Paese, lo abbiamo sotto gli occhi.
GIORGIA MELONI CON LA SORELLA ARIANNA E PATRIZIA SCURTI
Ora tocca a Giorgia Meloni, che altro non ha se non la sua antica storia a cui attingere. Coloro che da trent’anni, come ha detto di sua sorella, (molti altri da cinquanta) militano nelle opposizioni di destra di matrice fascista. Perciò non può essere una sorpresa se questa classe dirigente è coerente con la sua natura né ha senso ogni volta ripeterlo: è stata votata per questo, o nonostante questo.
Piuttosto, essendo giovane e ambiziosa, potrebbe investire sul futuro: aprire ai talenti, e se nel suo partito scarseggiano cercarne altrove. Fidarsi e affidarsi non tanto ai compagni di classe dei suoi ministri ma — osando — a chi è capace di fare le cose per conclamata virtù. Finanziare le scuole e i centri di ricerca. Dalla Lega, in questo, non ha molto da temere.
giorgia meloni e ignazio la russa
Potrebbe investire in una classe dirigente nuova: vent’anni o trent’anni e ce l’avrà. Sarà ancora in tempo a candidarsi al Quirinale, quel giorno. Potrà contare sul più ampio consenso dei suoi quadri, se non si saranno già tutti sparati a vicenda. Una partita lunga, un gioco di ruolo. Un fantasy, di quelli che ama.
francesco lollobrigida arianna meloni Giorgia Meloni Emanuele Pozzolo nel 2013 ANNA PARATORE - GIORGIA E ARIANNA MELONI - FRANCESCO LOLLOBRIGIDA - FEDERICO PALMAROLI - POSTER BY MACONDO GIORGIA E ARIANNA MELONI COME LE GEMELLE DI SHINING - FOTOMONTAGGIO DEL FATTO QUOTIDIANO