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    LA CACCIATA DI EVA – IL PARLAMENTO EUROPEO HA DESTITUITO DALLA CARICA DI VICEPRESIDENTE EVA KAILI, ARRESTATA PER CORRUZIONE E BECCATA CON 750 MILA EURO IN CONTANTI, MOLTO PROBABILMENTE MAZZETTE RICEVUTE DAL QATAR – LA PARABOLA DELLA EURODEPUTATA GRECA: PRIMA “RIBELLE” DEL PARTITO SOCIALISTA E NEMICA DEL PREMIER PAPANDREOU, POI “MUSA” DEGLI EMIRATI A BRUXELLES – I VIAGGI SOSPETTI, I DISCORSI SURREALI SUI DIRITTI DEI LAVORATORI IN QATAR, LA STORIA D'AMORE CON FRANCESCO GIORGI, EX ASSISTENTE DI PANZERI


     
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    EVA KAILI EVA KAILI

    1 – IL PARLAMENTO UE DESTITUISCE LA VICEPRESIDENTE KAILI

    (ANSA) - Il Parlamento europeo ha approvato la destituzione dalla carica di vicepresidente del Pe dell'eurodeputata greca Eva Kaili. L'aula ha votato sì con la maggioranza di oltre due terzi (625 voti), come previsto dal Parlamento. Un solo contrario e due astenuti.

     

    2 – ASCESA E CADUTA DI EVA: DA RIBELLE DEL PASOK A «MUSA» DEGLI EMIRI

    Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”

    eva kaili eva kaili

    Raccontano che Eva Kaili debba l'inizio della sua carriera politica alla somiglianza con Eleni Rapti, deputata di Salonicco per Néa Dimokratia, il partito conservatore. Fu infatti nella disperata ricerca di un volto nuovo da contrapporre a quest'ultima, fiammeggiante candidata alle elezioni greche del 2004, che i dirigenti locali del Pasok appuntarono la loro attenzione sulla giovane giornalista, popolare anchorwoman di Mega Channel, studi in architettura, relazioni internazionali ed economia, bionda e telegenica proprio come la Rapti.

     

    Ma non andò bene, perché Kaili fu la prima dei non eletti nella seconda città della Grecia. E lì forse iniziò anche la sua ostilità verso Georgios Papandreou, il quale eletto sia a Salonicco che a Patrasso optò per la prima, lasciando fuori proprio lei, Eva Kaili. Probabilmente gliela giurò, se è vero che quando tre anni dopo, nel 2007, i greci tornarono al voto e lei questa volta entrò nel Parlamento ellenico sull'onda di oltre centomila preferenze, sempre per il Pasok, Kaili diventò una specie di bastian contrario del leader socialista, il quale ha sempre diffidato di lei.

     

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    Con qualche ragione, se è vero che fu proprio Kaili la causa ultima della caduta di Papandreou. Successe nel 2011, quando al culmine della crisi greca, il premier socialista decise di accettare le misure dell'austerità imposte dalla Ue, sotto la spinta di Merkel e Sarkozy, ma annunciò di volerle prima sottoporle a referendum. Convocatolo al vertice di Nizza, Sarkozy lo prese a male parole, ma soprattutto il presidente della Commissione José Manuel Barroso giocò sporco, convincendo il ministro delle Finanze greco, Evangelos Venizelos, a ribellarsi e organizzare la rivolta dentro il partito. Così fu.

     

    Papandreou aveva solo 2 voti di maggioranza in Parlamento, ma prima che il voto per indire il referendum avesse luogo, gli arrivò la lettera di una deputata: «Al di sopra dell'interesse personale o di partito devo mettere quello nazionale. Io voterò contro di te». La firma era quella di Eva Kaili, subito imitata da altre due colleghe. Papandreou rinunziò al referendum e pochi giorni dopo si dimise.

     

    francesco giorgi eva kaili francesco giorgi eva kaili

    Di tutte le prese di posizione di Kaili in contrasto con il suo partito, rimane celebre quella ultranazionalista contro l'accordo che mise fine all'annosa battaglia tra Grecia e Macedonia del Nord, con cui Atene riconobbe il diritto di quest' ultima a definirsi tale: «Un danno irreparabile per la storia della Macedonia (nel senso della regione greca n.d.r) e per i greci», disse allora la deputata socialista sposando in pieno la linea di Néa Dimokratia.

     

    Nikos Androulakis, leader di quel poco che resta del Pasok, che nel frattempo ha espulso l'eurodeputata sotto accusa a Bruxelles, ha definito Kaili «il cavallo di Troia» del governo conservatore dentro il partito socialista, una quinta colonna che non ha mai perso occasione di sparare fuoco amico. E cita il recente episodio dello scandalo delle intercettazioni, commissionate dal governo ai danni dell'opposizione, autentico Watergate greco. Kaili, invece di condannarle, ha detto che non erano nulla di nuovo o di strano, derubricandole come poco rilevanti.

     

    eva kaili con il ministro del lavoro del qatar eva kaili con il ministro del lavoro del qatar

    Il salto verso la politica europea era avvenuto nel 2014 con l'elezione all'Europarlamento, seguita dalla riconferma nel 2019 con l'ascesa alla vicepresidenza dell'Assemblea, proclamata al primo scrutinio con 454 voti fra i 14 sostituti di Roberta Metsola, della quale fa le veci nei rapporti con il Medio Oriente. A Bruxelles e Strasburgo Kaili sembrava ubiqua, attiva in commissioni, organismi di valutazione, delegazioni parlamentari, intergruppi, missioni speciali, di tutto di più.

     

    Sempre pronta nei suoi discorsi a sostenere cause nobili, come i diritti umani o la lotta alla corruzione. Il suo forte erano i temi digitali e l'high-tech. Poi, o forse prima, è venuto il Qatar, l'irresistibile leggerezza dell'essere. Un po' alla volta, Kaili è diventata il capo riconosciuto del «collegio di difesa» dell'Emirato nel Parlamento di Strasburgo.

     

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    Surreale il discorso del 21 novembre scorso, quando la plenaria ha votato una risoluzione che «deplora la morte di migliaia di lavoratori migranti». Kaili, contraria, si è fatta aedo del Qatar, che ha definito «Paese all'avanguardia nei diritti dei lavoratori», forse confondendo questi ultimi con i morti sul lavoro. Poi, dieci giorni fa, letteralmente si è intrufolata nella Commissione Giustizia, di cui non fa parte, per votare a favore della liberalizzazione di visti d'ingresso nello spazio Schengen per i cittadini qatarioti.

     

    Ancora, quando il Qatar aveva rinviato all'ultimo momento il viaggio della Delegazione parlamentare per i rapporti con la Penisola araba, che voleva visitare le strutture dei Mondiali e verificare i cambiamenti alla legislazione sul lavoro sbandierati dai dirigenti di Doha, Kaili era partita da sola alla volta dell'Emirato dove, accolta in gran fanfara, aveva lodato le riforme del regime, dicendo di rappresentare 500 milioni di europei.

     

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    Come ha commentato la deputata verde Hannah Neumann, che guida la delegazione, «ho avvertito che qualcosa stesse succedendo alle mie spalle. I qatarioti hanno disinvitato i parlamentari, sapendo che avrebbero avuto una posizione più equilibrata, e invitato lei sapendo cosa avrebbe detto». I titoli di coda vedono una valigia piena di banconote, 750 mila euro, portata goffamente via da un padre trafelato e protettivo dall'appartamento, in cui l'onorevole deputata abitava con il compagno italiano, Francesco Giorgi, ex assistente parlamentare dell'indagato principale, Pier Antonio Panzeri.

     

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    L'avvenente Eva e il maestro di vela, palestrato e simpatico, erano la «coppia glamour» dell'Emiciclo, secondo un ex collega del gruppo socialista. Anche Giorgi era appassionato di diritti umani e anche lui è ora agli arresti. Belli e dannati? La presunzione d'innocenza è d'obbligo, ma l'eurodeputata socialista Eva Kaili deve più di qualche spiegazione.

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