Marco Giusti per Dagospia
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Cannes. “Kubi”, l’ultimo film di Takeshi Kitano, presentato fuori concorso e salutato con una grande e commovente ovazione dal pubblico per la presenza del regista in Sala Debussy, è una truculenta, grottesca, spesso sconclusionata storia di samurai del tardo 500 che prima ti tagliano la testa e poi ti chiedono chi sei, tutti in lotta per il potere con ogni mezzo pronti a farti le scarpe neanche fossero questi del governo Meloni che devono decidere le nomine pesanti, ma è anche un divertimento assoluto, perché Takeshi sa benissimo di esagerare col sangue e i tradimenti continui per allietare il suo pubblico affezionato con una miriade di gag e di personaggi di ogni tipo, sadici, pervertiti, ma tratti dalla reale storia giapponese.
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Si diverte inoltre, visto che i tempi lo permettono, a giocare sugli incastri gay dei samurai, Lord Nobunaga, Ryo Kase, che detiene il potere, bacia in bocca col sangue un fedelissimo dopo avergli girato la spada in bocca tipo cavatappi, sodomizza un paio di baldi giovani e promette tagliamenti di teste a tutti. Il ribelle Mitzushima, Kazunari Ninomiya, dopo aver visto tutto il suo clan, uomini donne e bambini, decapitato, trova conforte con il suo vecchio amante, Mitzuhire, Hidetoshi Nishijima, che è anche un fedelissimo di Nobunaga.
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C’è anche Hattori Hanzo, che ricorderete citato in “Kill Bill”, agli ordini di Lord Ieasyu, pronto a salvargli la vita grazie a una decina di sosia che muoiono al posto suo. Per sé Takeshi, un po’ invecchiato, ma ancora in forma, si lascia il posto di Hideyoshi Hashiba, un Lord cafone, paesano e analfabeta che ha fatto fortuna come samurai, che nei momenti di battaglia cerca di mandare il fratello o un sottoposto a combattere spiegando che “qualcuno deve morire”. L’eroe della situazione è forse Sorori, interpretato da Yûichi Kimura, un tempo guerriero ninja e ora raccontatore di storie che fanno ridere.
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La prima parte è un po’ dura da smaltire per i troppi personaggi, tutti con il nome bene in vista, perché davvero noti e popolari tra i giapponesi, poi contano soprattutto le battute di Takeshi, le situazioni assurde, i tradimenti. Non so se siamo davvero nella serie B, perché è un film ricco, pieno di scene di guerra e di comparse a differenza di “Zatoichi”, ma più che si scivola nel genere, l’avventuroso picaresco pieno di sangue e di morti ammazzati dove tutti possono tradirti e, più che ci divertiamo. Anche se alla fine un vincitore alla corsa al trono del pazzo Lord Nobunaga ci deve essere.
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