holy spider 2
Marco Giusti per Dagospia
Cannes. Svegliatevi, mettete da parte le serie crime di Netflix, anche quelle norvegesi e turche, perché il film considerato favoritissimo per la Palma d’Oro è un incredibile e violentissimo crime con serial killer iraniano, “Holy Spider”, diretto da Ali Abbasi, regista nato a Teheran che da anni vive in Olanda e che ha già diretto lo stracultissimo “Border”.
Costruito su un vero caso di serial killer di prostitute accaduto a Mashhan in Iran una ventina d’anni fa, Ali Abbasi introduce in quello che potrebbe sembrare un crime qualsiasi elementi fortissimi. A cominciare dall’ambientazione con tanto di scene di nudo e di droga in Iran!
Ma anche dal fatto che noi sappiamo subito chi è il mostro, un bravo padre di famiglia osservante, tal Saeed interpretato da Mehdi Bajestani, con moglie e figli, che racconta, soprattutto a sé stesso, che le uccide perché ha la missione di purificare la città santa da tanta sporcizia e non perché è un depravato.
red carpet di holy spider
E infine che, una volta preso, grazie alle indagini della brava giornalista di Teheran, Zar Amir-Ebrahimi, che non si fida affatto della polizia locale e sospetta che dietro al serial killer ci sia un’organizzazione religiosa, abbia dalla sua, accusato e reo confesso di ben 16 omicidi (il 17° l’ha fatto un altro, un principiante), gran parte della popolazione. Il problema, insomma, oltre a prenderlo, sarà capire se verrà punito dei suoi crimini o no da un tribunale islamico religioso.
holy spider
Ovvio che non sia solo un crime, anche se tutti gli omicidi e la trappola per il killer sono girati da paura, e il primo omicidio è spettacolare, ma gli elementi di genere funzionano benissimo una volta inseriti in un contesto davvero mai visto, cioè la città santa di Mashhad. Unico neo è il fatto che il serial killer si muove in motorino, le fa salire con lui, le ammazza, le avvolge in una tenda o in un tappeto e sempre in motorino le butta in qualche angolo remoto della città. E nessuno lo vede? Mah…
sergei loznitsa
Altro evento clamoroso ieri la presentazione del nuovo documentario dell’ucraino Segei Loznitsa “The Natural History of Destruction”, ispirato dal saggio del 1999 più o meno dello stesso titolo di W.G.Sebald (“On The Natural History of Destruction”). Sebald apre la porta sulla distruzione delle grandi città tedesche da parte delle forze alleate, che non hanno rispettato né i civili né la storia né la cultura del paese.
sergei loznitsa a cannes
Loznitsa, con una produzione in parte tedesca, monta un film di repertori storici meravigliosi sonorizzati e musicati, ma non dialogati, dove si sentono solo i discorsi di Churchill riguardo all’uso dei bombardamenti delle città (“Ai civili basterà spostarsi in campagna…”, poi parlano di Putin…) e dove si vedono, soprattutto come erano le città tedesche prima, come erano durante i bombardamenti e, soprattutto, subito dopo.
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Con la guerra in Ucraina e con tante città distrutte dai russi, il film diventa quantomai attuale, e la tesi è sempre che non è vero che si voglia evitare di uccidere i civili e di colpire solo punti strategici e militari, il bombardamento delle città e dei civili è una precisa mossa per distruggere gli avversari e farli cedere e rafforzare il morale dei cittadini.
the natural history of destruction
Per Churchill, che aveva idea di distruggere tutte le città tedesche era il moral bombing. Quello che ci mostra Loznitza, cioè la distruzione di tante città tedesche è qualcosa di impressionante. Ma, in mezzo a una guerra così vasta e così sanguinaria, è stato fatto passare come un danno collaterale, quando era un piano preciso per obbligare la Germania a arrendersi. Da vedere assolutamente, anche se non ci sono né nomi di città, né date, né una precisa storia da ricostruire.
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