1 - BRUSCA CHIEDE I DOMICILIARI ARRIVA IL NO DELLA CASSAZIONE
Val. Err. per “il Messaggero”
GIOVANNI BRUSCA
No ai domiciliari per Giovanni Brusca. La Corte di Cassazione smentisce la direzione nazionale Antimafia e boccia l'istanza degli avvocati del boss che ha azionato l'esplosivo di Capaci e sciolto nell'acido il piccolo Giuseppe Di Matteo. Continuerà a scontare la pena nel carcere di Rebibbia, così come aveva chiesto ieri la procura generale, stigmatizzando quanto già sottolineato dai giudici di sorveglianza: per Brusca «non è stata acquisita la prova di un ravvedimento».
Dunque, niente domiciliari. La decisione, per il boss sanguinario, diventato collaboratore di giustizia, è arrivata dopo una giornata di polemiche. Brusca, in carcere da 23 anni, responsabile di più di cento omicidi, ha già ottenuto almeno ottanta permessi premio.
GIOVANNI BRUSCA
A rivolgersi alla Cassazione erano stati i difensori che contestavano la decisione del giudice di sorveglianza che, a marzo, aveva respinto per la nona volta dal 2002 l'istanza dei domiciliari.
Gli avvocati obiettavano che non fosse stato preso in considerazione il parere favorevole della Dna. Così agli attacchi, che hanno visto in prima linea Maria Falcone, sorella del giudice ucciso nel 92, aveva ribattuto, ieri, proprio il procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho: «Il suo ergastolo è stato commutato in una pena di 26 anni. La legge prevede che vada ai domiciliari. Finirà di scontare la pena del 2022. Potrebbe tornare libero alla fine del 2021 perché ha uno sconto di 270 giorni». Ma la Cassazione non ha condiviso questa linea.
L'ISTANZA
A firmare l'istanza gli avvocati Antonella Cassandro e Manfredo Fiormonti. I legali contestavano che a marzo scorso, rigettando la richiesta di domiciliari il Tribunale di sorveglianza non avesse tenuto in considerazione il parere del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho. «Non rifarebbe quello che ha fatto - commentava Cassandro - Brusca ha dimostrato ravvedimento, come sostengono il Procuratore nazionale antimafia, la direzione del carcere di Rebibbia, le autorità di pubblica sicurezza di Palermo».
GIOVANNI BRUSCA
LA DNA
«È evidente, le polemiche ci sono, ma si scontrano con il diritto, con l'applicazione della legge, con il modo di interpretarla, che non è soltanto una valutazione discrezionale, ma è una valutazione in linea con i principi di diritto che sono affermati dal codice e dalla Costituzione», Cafiero De Raho aveva commentato così il parere favorevole del suo ufficio. Sottolineando la sintonia con la Direzione distrettuale di Palermo.
MARIA FALCONE
Secondo il procuratore Antimafia, Brusca avrebbe dimostrato di aver seguito il percorso carcerario di rieducazione. Ma Cafiero, ieri, ha anche fatto riferimento all'imminente decisione di Strasburgo sul carcere ostativo, che potrebbe abolire il 41bis: «Già la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva espresso una propria valutazione nella causa Viola contro l'Italia, l'Italia ha presentato ricorso contro la decisione della Corte europea alla Grande camera e attendiamo anche lì un risultato.
Ma se gli orientamenti vanno nel senso di avversare, in ambito europeo, la nostra posizione per quanto riguarda reati di mafia e terrorismo, ritengo che in via generale la nostra posizione resti ferma laddove non c'è una collaborazione, non c'è una chiara presa di posizione, manifestata all'esterno da parte del detenuto che con il proprio atteggiamento ha collaborato».
LE REAZIONI
GIOVANNI BRUSCA
Anche Maria Falcone era contraria ad altri benefici per il killer stragista che da anni cerca di uscire dalla cella e scontare la pena in una località segreta sotto la tutela del Servizio centrale di protezione della polizia. «Con la sua decisione la Cassazione ha dato una risposta alla richiesta di giustizia dei tanti cittadini che continuano a vedere nella mafia uno dei peggiori nemici del nostro Paese», il suo commento dopo aver appreso la notizia.
Il nodo, anche per Maria Falcone rimane il ravvedimento: «Il Tribunale di sorveglianza - le parole della sorella del magistrato - ha scritto che non si ravvisa in Brusca un mutamento profondo e sensibile tale da indurre un diverso modo di sentire e agire in armonia con i principi accolti dal consorzio civile». Brusca, per effetto delle norme sulla collaborazione, «oltre ad evitare l'ergastolo per le decine di omicidi commessi, ha usufruito di 80 permessi: la sua spietatezza e il controverso percorso nel collaborare lo rendono un personaggio ancora ambiguo e non meritevole di ulteriori benefici».
PIERO GRASSO ALL ASSEMBLEA DI LIBERI E UGUALI
2 - PIERO GRASSO: «MA LUI NON È COME RIINA IL RAVVEDIMENTO C' È STATO E HA EVITATO ALTRI CRIMINI»
Giovanni Bianconi per il “Corriere della sera”
«Sì, è vero, anch'io posso ritenermi una vittima di Giovanni Brusca, perché ha progettato un attentato contro di me e voleva rapire mio figlio; ma pure perché tra le centinaia di persone che ha ucciso o di cui ha ordinato la morte c'erano alcuni miei amici. Ma è pure vero che queste cose le sappiamo grazie a lui, alla sua collaborazione e confessione. Le ha dette anche a me, durante decine di interrogatori».
Pietro Grasso è stato il giudice a latere del maxi-processo alla mafia, poi procuratore di Palermo e procuratore nazionale antimafia, prima di entrare in politica con il Partito democratico, diventare presidente del Senato e fondare Liberi e uguali. Conosce bene il pentito che chiede di finire di scontare la sua pena in detenzione domiciliare.
TOTO RIINA
Lei è favorevole è contrario a questa concessione?
«La decisione è andata nelle mani giuste: quelle dei giudici, e non credo che la mia opinione dovesse in qualche modo condizionare la decisione presa. I giudici devono emettere un provvedimento sul piano tecnico, senza essere influenzati dai sentimenti delle vittime».
Il tribunale di sorveglianza ha già detto no, motivando il rigetto anche con il fatto che Brusca non ha chiesto perdono nemmeno a lei.
«Dopodiché Brusca ha fatto ricorso ed è toccato alla Cassazione: la via giudiziaria è quella corretta. Quando ho avuto a che fare con lui avevo l'obiettivo di cercare la verità. Non mi sono preoccupato di ottenerne le scuse o richieste di perdono, la legge per "ravvedimento" intende altro. Lui ha deciso di collaborare con la giustizia, rompendo ogni legame con Cosa nostra, rendendo dichiarazioni che hanno trovato riscontri e conferme. Il "pentimento sociale" richiesto dai giudici di sorveglianza secondo me è rappresentato anche dalla collaborazione che non s'è interrotta in oltre vent'anni, perché ha aiutato a scoprire la verità su ciò che era avvenuto e impedito ulteriori crimini».
bernardo provenzano
Però Maria Falcone e Tina Montinaro, sorella del magistrato e vedova del caposcorta che saltò in aria con lui a Capaci, sono contrarie a un ulteriore beneficio.
«Condivido il loro dolore e la loro rabbia, ma so anche che i giudici per fare il loro dovere sono tenuti ad applicare le norme prescindendo dai sentimenti delle vittime, per dimostrare che l' ordinamento statale opera secondo giustizia e mai secondo vendetta.
Per me è stato giusto che Riina e Provenzano siano rimasti in carcere fino alla loro morte, ma uno come Brusca non si può valutare alla stessa maniera. Ha scontato oltre 23 anni in carcere, e tra due anni la pena sarà esaurita, gode già di permessi che per certi versi gli concedono più spazi di libertà rispetto alla detenzione domiciliare: è la dimostrazione che collaborare paga. I magistrati hanno avuto tutti gli elementi per decidere, e io rispetto qualsiasi decisione».
cassazione
Anche lei è preoccupato per il rischio che l' ergastolo ostativo, che impedisce la concessioni dei benefici a mafiosi e terroristi non pentiti, venga bocciato senza appello dalla Corte europea dei diritti umani?
«Sì, perché non sono sicuro che a livello europeo, attraverso la sola lettura delle carte, si riesca a percepire fino in fondo la pericolosità e l' incidenza della criminalità organizzata in Italia».
Poi toccherà alla Consulta a decidere, la Costituzione prevede il reinserimento sociale di tutti i detenuti.
«Lo so bene, ma un mafioso non può reinserisi se non rompe le regole dell'organizzazione criminale, e questo si dimostra solo collaborando con lo Stato. Inoltre la norma concede la possibilità di accedere ai benefici anche a chi dimostra di non avere più legami con l'ambiente criminale pur non potendo fornire nuovi elementi ai magistrati».
BERNARDO PROVENZANO
Ma l'abolizione del divieto non significherebbe scarcerazione automatica, sarebbero sempre i giudici a valutare caso per caso.
«È vero, tuttavia non sempre i tribunali di sorveglianza hanno la possibilità di conoscere a fondo le storie criminali dei singoli soggetti. In ogni caso la strada per uscire dall' ergastolo ostativo c' è già, e ovviamente dipende dallo spessore criminale dei singoli detenuti. Ma vorrei ricordare anche un altro particolare».
Quale?
«L'abolizione dell' ergastolo era uno dei punti del papello di richieste che Riina pretendeva dallo Stato per fermare le stragi. Ce l' ha raccontato proprio Giovanni Brusca».