Stefano Cappellini per la Repubblica
massimo giannini
È successo che Massimo Giannini, ex direttore della Stampa e oggi editorialista di Repubblica, nel giorno della Liberazione ha radunato qualche centinaio dei suoi contatti telefonici e ha aperto un gruppo su Whatsapp chiamato “25 aprile”. Insieme agli auguri, una cartolina con citazione di Sandro Pertini e un sentore di allarme per quello che sta accadendo nell’Italia meloniana.
Per qualche ora, due o tre, sono arrivate risposte con gli auguri ricambiati e ringraziamenti per l’iniziativa. Solo che il flusso dei messaggini era da subito così serrato e sentito che qualcuno ha cominciato a dire: “Ma non è che qui sta succedendo qualcosa che è molto più di un semplice scambio di auguri?”.
25 APRILE - VIGNETTA DI ALTAN PER LA REPUBBLICA
Stava succedendo, in effetti. Sfruttando l’apertura del gruppo, in molti hanno cominciato ad aggiungere contatti e dopo mezza giornata era raddoppiato sia il numero dei partecipanti alla chat che il ritmo dei messaggi, ormai non più di auguri. Il senso della maggior parte degli interventi, cerco di semplificare senza banalizzare, era: questa iniziativa ci ha smosso qualcosa dentro, smuoviamola anche fuori.
Il furore della partecipazione e il livello di notorietà di molti dei membri (ne cito solo alcuni: Luca Zingaretti, Beppe Fiorello, Eugenio Finardi, Claudio Amendola, ma anche Alessandro Profumo, Carlo De Benedetti, decine di giornalisti, politologi, professionisti) hanno subito attirato le attenzioni della stampa di destra, presto entrata in possesso dei testi scambiati nel gruppo.
Troppo facile e pigra la lettura della chat come il trionfo della sinistra ztl per resistere alla tentazione di farne la caricatura. Va detto, per onestà, che la reazione da tic meloniano della stampa sovranista fa il paio con la paranoia da caccia alla “spia” scattata nel gruppo, con assurdi corollari sul "tradimento" e sul giornalismo che spia nel buco della serratura.
stefano cappellini
Per come la vedo io, il direttore di un quotidiano di destra che non esigesse da un suo cronista un pezzo su un fatto del genere non sarebbe un buon direttore. Che poi il risultato sia l'etichetta di sinistra ztl è un’altra storia. Quanto al cronista, se non trovasse una fonte su mille partecipanti, sarebbe meglio cambiasse mestiere. Questo per dire che ogni famiglia politica ha i suoi istinti pavloviani.
In poche ore la chat diventa un palchetto nel parco dove ognuno dice la sua: sul rischio fascismo, sui disastri della sinistra, e sulle cause, e sui rimedi. Giannini mette ordine chiedendo di restare sui temi che uniscono, aiutato da insospettabili spalle.
Paolo Flores d’Arcais, una delle persone più iraconde della storia della sinistra mondiale, scrive cose di assoluto buon senso sulla necessità di non divagare e di concentrarsi sui temi unificanti, dato che basterebbe accennare di Ucraina o Israele per far esplodere la chat come il finale di Zabriskie Point. In realtà, a far danno basta meno, tanto che al virologo Roberto Burioni viene un coccolone quando la corrente filorussa posta l’immagine della bandiera sovietica issata sul Reichstag invocando riconoscenza anche per i compagni del Pcus e magari, già che ci siamo, pure un po’ a Putin.
bertinotti prodi
Parte il dibattito: facciamo un giornale, no un sito, no un partito, andiamo nelle scuole, organizziamo una grande manifestazione. Parliamo di sanità, no di autonomia, no di Costituzione. Finché il primo passo concordato è aprire un gruppo Facebook, ribattezzato “25 aprile sempre”, e focalizzato sulla lezione della Liberazione: la difesa della democrazia dalle torsioni autoritarie e colleoppiesche del governo.
Sarebbe facile dire che in meno di 48 ore la chat 25 aprile ha riprodotto in cattività alcuni dei difetti naturali della sinistra, frazionismo, benaltrismo, velleitarismo, più una inevitabile spruzzata di vanità e di logorrea che con i suoi discorsi seri e inopportuni fa sprecare tutte le occasioni (qui il comico Dario Vergassola ha piazzato una delle battute meglio riuscite: “Siamo più di 900 partecipanti, a mille partono le scissioni”).
Da antologia ceccarelliana il momento in cui, pochi minuti dopo un intervento di Fausto Bertinotti, Romano Prodi ha abbandonato il gruppo. Ma la verità è che la chat di Giannini racconta un fatto importante: quanto solo e disperato si senta il popolo della sinistra italiana senza distinzioni di ceto, censo, professione, genere e grado di radicalismo o moderazione.
enrico mentana
Tanto solo e disperato da aggrapparsi a una chat di auguri come a una scialuppa, una zattera della Medusa. Persone che hanno voglia di fare qualcosa perché sentono che nessuno dei partiti chiamati a farlo glielo chiede e, se anche glielo chiedesse, non avrebbe l’autorevolezza o la credibilità per toccare le corde che un semplice messaggio d’auguri ha saputo smuovere.
Enrico Mentana ha abbandonato presto il gruppo sostenendo che il suo mestiere è un altro, posizione più che rispettabile, e ha aggiunto che a fare l’opposizione ci sono già sei partiti.
Vero, ma il problema è proprio questo: questi partiti, per ragioni molte diverse, non riescono a fare il loro mestiere, non lo sanno fare, in qualche caso non lo vogliono fare. Dunque, se non fosse che la domanda potrebbe eccitare la componente leninista, la domanda è: che fare?
massimo giannini a in onda 1
Non si tratta di fare l’apologia della società civile contrapposta ai partiti, che anzi è a mio giudizio una delle cause del disastro attuale, non la principale per carità, ma nemmeno l’ultima. C’è a sinistra, e anche nel gruppo ovviamente, chi ha banchettato allegramente sulle teorie antipolitiche, sulla cosiddetta casta, l’invenzione lessicale più reazionaria da quando l’uomo inventò il cavallo, le invettive da bar di Caracas che hanno creato spazio e quindi egemonia al qualunquismo grillino e a quello renziano, al salvinismo e alla politica ridotta infine al marketing plebiscitario di vota Giorgia.
dario vergassola 3
Già qualche anno fa, quando le Sardine radunarono in poche settimane folle crescenti in ogni piazza italiana, si capì che a mancare non era la domanda, era l’offerta. È l’offerta. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che la questione non è la linea, da spostare a sinistra o al centro, sopra o sotto, ma proprio la percezione di una assoluta mancanza di progetto, visione, di una energia che spinga i corpi a mettersi in moto: nella chat c’è giustamente molta ansia di uscire dalla bolla digitale.
Meglio di un sondaggio o di una ricerca demoscopica, la chat dice che in Italia, oggi, l’opposizione non c’è. Esistono i partiti di opposizione, che è un’ altra cosa. Al gruppo partecipano, da osservatori o attivamente, anche molti politici, parecchi del Pd. Ecco, se dopo un anno di nuovo corso del Partito democratico il sentimento è questo, Schlein farebbe bene a porsi a qualche domanda su come sta andando l'esperimento.
massimo giannini a in onda 2