BULGARI
Estratto da “il Foglio”
Poche ore dopo la diffusione degli screenshot del sito web di Bulgari e la furia dei cinesi sul social media Weibo, il marchio italiano del lusso ieri si è scusato. Le foto mostrano il menu a tendina “trova un negozio” Bulgari, e sotto l'intestazione Asia compaiono: Cina; Macao, Cina; Hong Kong, Cina; e Taiwan, senza Cina, rendendo l'isola mai governata dal Partito comunista cinese, e che però Pechino rivendica come proprio territorio, un mercato, e quindi un paese, di fatto indipendente.
TAIWAN INDICATO COME PAESE AUTONOMO NEL SITO DI BULGARI
[…] L'azienda è diventata argomento di tendenza sul social, con gli utenti cinesi che chiedevano il boicottaggio, e scatenando l'ira dei tabloid: “Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese e non può essere elencata come paese”, ha scritto il Global Volte.
Bulgari, che ha 18 negozi a Taiwan e nel 2022 ha guadagnato ben il 26 per cento dei suoi ricavi dai mercati asiatici, ha pubblicato una lettera in cui sostiene di rispettare “la sovranità e l'integrità territoriale della Cina. Abbiamo immediatamente corretto gli indirizzi dei negozi contrassegnati erroneamente e le indicazioni sulla mappa, che sono il risultato di negligenza della direzione. Ci scusiamo profondamente per l'errore”. Ma le scuse […] non sono bastate, anzi, hanno fatto partire una seconda ondata d'indignazione […].
BULGARI
Il Quotidiano del popolo ha criticato la lunghezza e la “sincerità” delle scuse, fatte “su misura” per i cinesi, i quali difficilmente si sarebbero convinti: “Non pubblicarlo all’estero al di fuori della Cina dimostra che si preoccupano solo dei soldi e non si rendono conto dei propri errori”, scrive un utente. Pechino, forte della sua capacità di ricatto economico, detta spesso le condizioni ai brand internazionali: se “sbagliano” pretende le scuse, e a Bulgari vuole insegnare anche come scusarsi.