HABER
Il Fatto Quotidiano intervista Alessandro Haber. Racconta che da quarant’anni la gente lo ferma per strada perché ricorda di lui la scena della “puttana dell’Adelina” in “Amici miei atto II”.
«Mi recitano l’intera scena a memoria, con le battute perfette, i tempi giusti, i cambi di tono”. Le dispiace? “No, anzi, ma è incredibile, perché parliamo di un’unica posa e di molto tempo fa».
In quel film, dice, «avevo davanti quattro mostri di attori, non uno». Erano Ugo Tognazzi («incontenibile, una prima donna assoluta, un uomo affetto da un egocentrismo sano portato all’eccesso. Uno generoso, disponibile, che non si risparmiava»), Gastone Moschin («il più silenzioso del gruppo, riflessivo, un filosofo con un’intelligenza particolare»), Renzo Montagnani («sentiva di essere un po’ meno degli altri: era un attore fantastico, ma recitò in film di basso livello per guadagnare e mantenere un figlio con problemi seri, e questo lo ha sminuito come professionista») e Adolfo Celi («quello meno eclettico dei quattro»).
HABER DE SIO
«Monicelli girava lasciando una certa libertà: ti metteva sulla scena, dentro l’inquadratura, ti dava i parametri e poi stava anche al tuo estro; in realtà la mia parte è quasi solo con Adolfo Celi, per uno degli scherzi più atroci mai immaginati».
Sull’amicizia nel mondo dello spettacolo:
«Nel nostro mondo è facile reputarsi amici, tutti ci credono, ma quasi sempre i rapporti durano il tempo di un set: sono rari quelli che sopravvivono al post-ciak; sono poche le persone che uno può chiamare alle tre di notte se hai un problema».
de sio haber
Ne elenca otto, per quanto lo riguarda, tra cui Giovanni Veronesi, Pietro Valsecchi, Giuliana De Sio e Massimo Ghini.
Parla del suo carattere:
«Lo so, ho un carattere non facile, però non ho mai tradito nessuno, nessun atto malvagio o di vendetta. Piuttosto divorato dalla passione: all’inizio suscitavo timore, magari venivo preceduto dalla frase “oh, arriva Haber”, poi mi hanno accettato».
Ha amato molto Giuliana De Sio.
ALESSANDRO HABER IN UN DISEGNO DI RICCARDO MANNELLI
«Innamorato appena l’ho vista. Poi l’ho corteggiata per un anno, ma niente; per un anno alle feste la prendevo da parte e le dicevo di amarla; le telefonavo ma si negava. Poi ci fu un’esplosione. Dopo una serata con altri, salii a casa sua e scopammo come folli; anzi, facemmo l’amore. Era il 25 marzo 1976. Per oltre un anno non l’ho mai tradita; passato quel periodo, un giorno la raggiungo a Torino: girava un film.
La trovo nella hall: “Ciao Giuliana, finalmente. Come stai? Ti amo”. Dopo qualche secondo di silenzio, lei: “Ti devo dire una cosa: ti ho tradito”. “Come mi hai tradito?”. “Solo qualche bacio”. Dal giorno successivo cominciai a non essere più fedele e ripresi a fumare».
Il rapporto con la cocaina: negli anni Ottanta farne uso era normale.
haber
«Sniffare? In quel decennio era difficile trovare qualcuno che non ne facesse uso».
Lui ne prese, sul palco, solo una volta.
«Fu una cazzata. Venne un amico in camerino. “Vuoi fare un tiro?”. “Ho smesso e comunque mai durante il lavoro”. E invece me ne lasciò un po’. Mancava un’ora al sipario. In principio non sentii niente, stavo benissimo. Ma, appena misi piede in scena, mi accorsi che avevo la bocca ingessata. Dovevo dire “buongiorno…” ma niente, non riuscivo a emettere nulla. Così mi attaccai alla brocca dell’acqua posizionata sul tavolo di scena».
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