Emanuele Bonini per www.lastampa.it
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Critiche eccessive, toni sopra le righe, apprezzamenti tutt’altro che lusinghieri, parole sgradevoli. Più che una comunità concepita per unire, un’officina attiva nelle pratiche dello scontro.
Ecco Facebook secondo Vera Jourova, commissario europeo per la Giustizia e la tutela dei consumatori, inclusi quelli su internet. Un’esperienza personale, la sua, non all’altezza delle aspettative. Da qui la decisione di uscire dal social network. «Ho avuto un account Facebook per un breve periodo».
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Quanto è bastato per rendersi del clima negativo. «Non mi aspettavo un tale influsso di livore, e quindi ho deciso di rimuovere l’account».
Da tempo il team Juncker, di cui Jourova fa parte, ha stretto un’alleanza con Facebook per contrastare la diffusione dei messaggi di odio sulla piattaforma. Colpisce dunque la rivelazione della commissaria, che non sta però a significare che gli impegni del noto social network non vengono rispettati.
Non tutto è istigazione e la sensibilità delle persone, proprio perché personale e dunque soggettiva, può essere urtata in tanti modi, tutti diversi. Basta dare un’occhiata alla rete per avere un’idea e capire cosa c’è dietro l’assenza di Jourova dal noto social network.
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Di lei è ancora visibile una pagina creata per la sua campagna per la segreteria dell’Onu (Vera Jourová for the United Nations Secretary), e di conseguenza i commenti lasciati. «Sei disgustosa, non meriti di essere là, vergognati», è uno dei vari.
C’è anche una firma italiana, nel dibattito frizzante e colorito che si è venuto a produrre attorno alla figura di Jourova. «Vorrei aggiungere anche altre definizioni, ma non voglio essere bannata.
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Può solo immaginare quello che penso di lei, guardandola in faccia». Sempre in italiano si può leggere «Schifo! tu e i room!», mentre una signora poco signora si prende la libertà di scrivere «lurida vacca» («you are a f*** cow», testuale).
Non è propriamente una questione di odio. È una questione di educazione, innanzitutto. E dell’incapacità di fare del mezzo un uso costruttivo. «Mi sono resa conto che Facebook è un canale di spazzatura», dice oggi Jourova, convinta che con l’aver disattivato il proprio profilo «ci sarà meno odio in Europa».
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Visto che la pagina è ancora lì la commissaria non ha chiesto al gigante del web di prendere provvedimenti. È da certi europei che vorrebbe vedere un certo tipo di agire. Magari a partire dalle scuse.
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