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Un “freak show”, un fenomeno da baraccone. Così il presidente russo Vladimir Putin ha definito la conferenza di pace programmata per il 15 e il 16 giugno in Svizzera, organizzata dal governo elvetico insieme a quello ucraino, a cui Mosca non parteciperà. “La Russia è pronta ai colloqui sull’Ucraina, ma senza imporre alcuna posizione non basata sulla realtà.
Non abbiamo mai rinunciato alla soluzione pacifica delle controversie, anzi, eravamo propensi proprio a questo”, ha detto il capo del Cremlino al termine di un incontro con il presidente bielorusso Alexander Lukashenko. “Adesso, come sapete, si sta diffondendo l’idea di tenere una specie di conferenza in Svizzera; lì non siamo invitati, pensano che non dovremmo essere lì, mentre dicono che senza di noi è impossibile decidere qualsiasi cosa”, ha attaccato, sottolineando che il vertice è destinato a fallire senza la partecipazione della Russia.
PUTIN ZELENSKY
LO STATO DI SALUTE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE
Stefano Mannoni per "Milano Finanza" - Estratti
Quale è lo stato di salute del diritto internazionale? Pessimo. La domanda è pertinente perché tra un anno, nel 2025, ricorreranno i 400 anni dalla pubblicazione del De iure belli ac pacis, di Ugo Grozio che, con un po’ di enfasi, è considerato il padre del diritto internazionale.
putin zelensky macron
Ebbene, con due guerre in corso nel quale è stato fatto strame di norme di condotta delle ostilità che pensavamo acquisite una volta per tutte, se Grozio risuscitasse non troverebbe un panorama troppo diverso da quello del suo tempo, nientemeno segnato che dalla devastante Guerra dei Trenta Anni ( 1618-1648).
Come è stato possibile un fallimento di questa portata quando il diritto internazionale sembrava avere il vento in poppa negli anni 90? La risposta risiede proprio nell’eccesso di aspettative riposto in questa disciplina e nel paradigma sbagliato. Eccesso di aspettative perché il diritto internazionale non potrà mai fornire la soluzione a conflitti geopolitici percepiti come esistenziali dagli Stati.
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Paradigma sbagliato, perché il diritto internazionale non potrà mai trasformarsi in una norma nella quale troneggiano il legislatore, il giudice e il poliziotto. È la svista che gli addetti ai lavori chiamano analogia domestica, ossia il prisma attraverso il quale guardare l’evoluzione di una disciplina giuridica inventata per irreggimentare i ribelli Stati sovrani in una sorta di diritto plasmato su quello interno, che appunto vede la presenza di un legislatore, di un giudice e di un poliziotto. Epitome di questa visione è stata la creazione della Corte penale internazionale che fino a oggi ha creato più problemi di quanti ne abbia risolti.
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Viene da chiedersi infatti cosa ne sarà del mandato di cattura spiccato contro Vladimir Putin quando si tratterà di sedersi al tavolo dei negoziati per discutere la pace. Ne ricaverà giovamento il processo? Ne dubitiamo.
(…) La verità è che al diritto internazionale non può essere chiesto troppo. Non può sostituire una efficace diplomazia che proceda da una visione lucida e realista dei nodi e dei plessi. Neutralizzare l’Ucraina? Perché no, allora, invece di attirarla nella rete della Nato. Imporre a Israele di riprendere con serietà il processo di pace senza permettersi il lusso di trasformare Gaza in un terreno lunare e di trattare la Cisgiordania con la stessa durezza con cui i Francesi gestivano l’Algeria. Vogliamo che la guerra in corso a Gaza sia considerata l’ultimo capitolo del colonialismo europeo o l’opportunità storica per un esperimento di pace e di convivenza? L’esito non dipende certo dal diritto internazionale ma dalla diplomazia che, passateci la battuta, non è quella da copertina patinata di rotocalco che ci rifila Emmanuel Macron.
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