Pierluigi Battista per il “Corriere della Sera”
ANTONIO SCURATI - M IL FIGLIO DEL SECOLO
Confesso di esserci rimasto molto male apprendendo da queste colonne, attraverso Ernesto Galli della Loggia, che nelle avvincenti ottocento pagine di «M. Il figlio del secolo» di Antonio Scurati (Bompiani) si annidavano errori di date, nomi, citazioni. Per due motivi. Il primo è che fino al giorno prima avevo consigliato ad amici e conoscenti un libro che considero bellissimo, appassionante, meritevole di essere letto con goduria (letteraria) e ammirazione. Il secondo è che ho scoperto con dolore di non aver acchiappato, leggendo il libro, nemmeno un errore di quelli segnalati da Galli della Loggia, sentendo perciò di meritarmi il colorito epiteto coniato da Vittorio Sgarbi: «capra! capra!».
Sul secondo punto devo solo cospargermi il capo di cenere, ma sul primo mi sento di confermare. «M» è un libro bellissimo, e leggendolo si imparano un sacco di cose. Cose diverse da quelle che si assorbono leggendo un saggio storiografico. Perché la letteratura serve proprio a questo: ad affrontare le cose della vita, del mondo e della storia da un altro punto di vista, attraverso una porta laterale, soffermandosi su aspetti della mentalità e delle emozioni che la storiografia accreditata come tale, decisiva, importantissima, imprescindibile, non considera come il suo campo di intervento.
pierluigi battista
Quindi non una lacrimevole rivendicazione della letteratura come dimensione insofferente ai fatti («componimenti misti di storia e di invenzione», definiva i romanzi storici Alessandro Manzoni, che con «I promessi sposi» ne aveva scritto uno formidabile).
Per cui dal libro di Scurati credo che si possa imparare, al di là di sciocche letture attualizzanti: dettagli dell' antropologia italiana nell' epoca della politica di massa; la centralità della violenza come attitudine mentale nella voragine aperta dalla Prima guerra mondiale; lo scavo della personalità di Mussolini; la dimensione psicologica della guerra civile che insanguinò l' Italia in quegli anni;
edoardo nesi e antonio scurati
la perenne tentazione suicida della sinistra malata di dottrinarismo; il velleitarismo della verbosità rivoluzionaria senza farla, la rivoluzione; l' estetizzazione della politica perfezionata da D' Annunzio; la grandezza morale di Giacomo Matteotti; i fanatismi ondivaghi delle masse; il ruolo ancillare delle donne, anche le più colte, come Margherita Sarfatti e Anna Kuliscioff. E tanto altro. Buona lettura, e occhio agli strafalcioni.
ernesto galli della loggia