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«Somos negativos, queremos salir» («Siamo negativi, vogliamo uscire»). «Libertad!». «Secuestro balear». Le grida degli studenti spagnoli coinvolti nel focolaio di Covid di Maiorca risuonano tra i balconi bianchi dell’hotel Bellver, vicinissimo al lungomare di Palma. L’edificio ne ospita 249, di cui 62 sono già risultati positivi. Eppure loro continuano a sostenere di non essere infetti e per questo pretendono di andarsene.
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«Ma non è vero. Li ho sentiti urlare da un balcone all’altro chiedendo l’esito dei test a cui sono stati sottoposti. Alcuni dicevano di essere positivi», ci racconta Juan (nome di fantasia), 30 anni. «In ogni caso, anche i ragazzi che sono risultati negativi sono tenuti a stare in isolamento per dieci giorni, dal momento che sono contatti stretti di persone positive».
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Il trentenne alloggia in una stanza al quarto piano dell’albergo da venerdì 25 giugno. L’hotel Bellver è uno dei cosiddetti hotel puente predisposti per chi non ha la possibilità di fare la quarantena a casa. O perché lo spazio non è sufficiente, come nel caso di Juan. Oppure perché si trova a Maiorca di passaggio, come nel caso dei ragazzi spagnoli — per lo più tra i 17 e i 18 anni — che sono venuti nell’isola delle Baleari per festeggiare la fine della scuola. «Vitto e alloggio sono a costo zero. Paga tutto il Governo (ossia l’amministrazione delle isole, ndr)», spiega Juan. «Il cibo viene preparato nell’ospedale Son Espases, ce lo portano da lì. Riceviamo quattro pasti al giorno».
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Juan racconta che per un paio di giorni il suo soggiorno nell’hotel è stato quasi piacevole, se non fosse per i sintomi del Covid: «Chiacchieravo con gli altri ospiti, ci supportavamo a vicenda. C’era un buen rollo (una bella atmosfera, ndr)». Ma con l’arrivo degli studenti, tra sabato 26 e domenica 27, le cose sono precipitate. «Gridano di continuo, mettono la musica a tutto volume negli altoparlanti fregandosene di chi sta male e avrebbe bisogno di riposare.
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È così per 20 ore al giorno», prosegue il ragazzo. «Corrono nei corridoi, anche se è vietato uscire dalla propria stanza. Usano il telefono fisso (che servirebbe per dare l’allarme nel caso in cui ci si sentisse male) per fare scherzi telefonici agli altri ospiti e alla reception. E così intasano la linea».
E poi ci sono le guerre del cibo. «Si tirano la frutta e piatti di spaghetti dai balconi. La ragazza nella stanza accanto alla mia ha chiesto loro, gentilmente, di abbassare la musica. In risposta le hanno lanciato una mela addosso». Ormai nessuno osa più affacciarsi nel balcone. «Stanno rendendo le giornate molto complicate». I due vigilanti dell’hotel possono fare poco. Mentre il cordone della polizia fuori dall’edificio ha il compito di assicurarsi che gli studenti non scappino.
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Nel frattempo la madre di uno degli studenti ha denunciato la direttrice generale di Salut Pública, Maria Antònia Font, per prevaricazione e detenzione illegale. La donna, di professione avvocato, sostiene che le autorità sanitarie hanno portato suo figlio minorenne nell’hotel puente senza il consenso preventivo dei genitori. E diversi alunni stanno lamentando il trattamento subito sui social media.
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