Estratto dell’articolo di Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”
GIANNI OLIVA - IL PURGATORIO DEI VINTI
«Il Signor Maestro ci ha spiegato che gli italiani, siccome sono i più richiamati dalla Santa Provvidenza, hanno tredici comandamenti. I primi dieci della tavola di Mosè e poi c’è Credere, Obbedire, Combattere». C’è poi da stupirsi se tanti bambini degli anni Trenta, […] era al servizio del fascismo, si buttarono a capofitto dalla parte del Duce nella repubblica di Salò?
No, risponde lo storico Gianni Oliva nel libro Il purgatorio dei vinti (Mondadori), dove spiega come parte di quella generazione finì nella sciagurata avventura repubblichina al fianco dei nazisti autori delle peggiori stragi e nefandezze della Seconda guerra mondiale. Fino a venir rinchiusi in campi di prigionia come quello di Coltano […]
BENITO MUSSOLINI E LA REPUBBLICA DI SALO
Una storia poco nota e ricostruita attraverso le vicende politiche e umane di giovani prigionieri allora ignoti, come ovvio dato che molti avevano vent’anni o addirittura quindici o quattordici, ragazzini intrappolati dalla retorica mussoliniana […] al punto di cercar «la bella morte» […] Al netto delle memorie di qualche nostalgico, scrive Oliva, «Coltano appare soprattutto lo specchio dello smarrimento ideologico e morale lasciato dal 1943-45: molti dei prigionieri sono ragazzi del 1925-26, adolescenti o poco più infiammati dall’educazione littoria, avviliti dal “tradimento” dell’armistizio, indignati con il re e con Badoglio […]».
raimondo vianello in divisa militare
[…] si chiede lo storico, «dove sta la differenza tra il partigiano e il milite di Salò rinchiuso a Coltano? Tra il garibaldino, il badogliano, l’azionista e quello che si è arruolato tra i paracadutisti della Repubblica sociale, come Dario Fo? O è andato volontario nei bersaglieri di Mussolini, come Raimondo Vianello? È ancora Calvino a rispondere: la differenza è la storia. “C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi”.
BENITO MUSSOLINI E LA REPUBBLICA DI SALO
Ed ecco tante storie di tanti ragazzi. Da Walter Chiari a Giorgio Albertazzi, da Ugo Tognazzi a Mauro De Mauro, da Marcello Mastroianni a Enrico Maria Salerno, da Gorni Kramer a Carlo Mazzantini fino appunto a Raimondo Vianello, che oltre quarant’anni dopo, nel 1998, spiegherà in un’intervista alla rivista «Lo Stato» di Marcello Veneziani come e perché fece quella scelta chiudendo con una battuta: «Non rinnego né Salò né Sanremo».
walter chiari
[…] Nell’immaginario collettivo i repubblichini rappresentavano «il male assoluto». Su cui scaricare le responsabilità anche di quanti nel Ventennio si erano spellati le mani per Mussolini. Ed è proprio su questo punto che Il purgatorio dei vinti, citando Rosario Romeo («La Resistenza, opera di una minoranza, è stata usata dalla maggioranza degli italiani per sentirsi esonerati dal dovere di fare fino in fondo i conti con il proprio passato») batte e ribatte: «Quando mai i manuali e i docenti ci hanno insegnato che l’Italia ha perso la guerra? Per tutti noi, cresciuti nella cultura dell’Italia repubblicana, la fine del secondo conflitto mondiale è il 25 aprile, l’insurrezione partigiana nelle città del Nord, i giorni radiosi della Liberazione. La “vulgata” antifascista ha preso l’unica esperienza del 1940-45 che ci metteva dalla parte giusta della storia, la Resistenza, e l’ha trasformata nella foglia di fico dietro cui nascondere colpe, corresponsabilità, vergogne».
dario fo in divisa scuola paracadutisti di tradate
[…] Il senso, traduce Oliva, è che «vi è stato un ventennio di dittatura fascista che ha dominato gli italiani con la forza della coercizione e ha tenuto il Paese legato insieme con il filo di ferro della repressione e della paura, e vi è una nuova Italia che, prima con l’antifascismo clandestino, poi con la cobelligeranza e la Resistenza partigiana, ha concluso la guerra nel fronte dei vincitori» […] Per dirla con Benedetto Croce, il fascismo fu solo «una parentesi». Ma fu davvero così? Risponde lo storico torinese: «Si tratta di una rielaborazione storicamente impropria che dimentica le folle di giovani in delirio il 10 giugno 1940 quando il Duce annuncia da Palazzo Venezia l’entrata in guerra contro la Francia e la Gran Bretagna […]».
GIORGIO ALBERTAZZI3
Senza fare i conti col passato: «La criminalizzazione di Salò serve soprattutto ad assolvere tutti coloro che sono stati fascisti sino al 25 luglio e che negli anni del regime hanno costruito carriere, ricevuto onori, lucrato fortune più o meno illecite». Una scelta che peserà, e Dio sa quanto, sulla storia a venire...
marcello mastroianni a venezia MAURO DE MAURO 1 veronica lario a teatro nel magnifico cornuto con enrico maria salerno 1980 carlo mazzantini ugo tognazzi i mostri