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    LA CRISI AFGHANA E’ L’UNITA’ DI MISURA DELLA CRISI DEI GIORNALI: VENT’ANNI FA AVEVAMO I LEGGENDARI REPORTAGE DI ETTORE MO AL SEGUITO DEI MUJAHEDDIN MENTRE OGGI C'E' IL GRAN MISCHIONE DEI SOCIAL, TRA FOTO FAKE E OPINIONISMO SPINTO - QUESTO DISGRAZIATO SITO RACCONTA LA RECENTE STORIA DELL’AFGHANISTAN COME FU VISTA DAL GRANDE INVIATO ETTORE MO (OVVIAMENTE DIMENTICATO DAL “CORRIERE”)


     
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    ETTORE MO CON AHMAD MASSOUD IL LEONE DEL PANSHIR ETTORE MO CON AHMAD MASSOUD IL LEONE DEL PANSHIR

     

    L’INVASIONE DELL’ARMATA ROSSA

    “La mia storia d’amore con l’Afghanistan ha avuto i suoi alti e bassi…E’ il Paese che ho frequentato più di tutti gli altri al mondo nella mia vita professionale ed è naturale che abbia un posto tutto speciale, nel mio cuore”.

     

    L’inviato del “Corriere della Sera” Ettore Mo mise piede in Afghanistan nel 1979 anno in cui aveva ricevuto il suo primo incarico come inviato di guerra. Mo era stato domestico di un grande corrispondente da Londra del giornale di via Solferino, che ne aveva intuito il talento. Provò a scrivere, prima in Cronaca poi nella redazione spettacoli. Quando ancora contavano merito e talento più delle appartenenze, Franco Di Bella ne intuì le capacità.

     

    AFGHANISTAN NEL 1979 AFGHANISTAN NEL 1979

    Lo mandò a Teheran e in quell’occasione conobbe Tony Clifton, un cronista australiano di “Newsweek” con il quale familiarizzò e gli suggerì la missione successiva: “Ettore, la storia che devi raccontare è a Kabul”, gli disse. Non se lo fece ripetere: “Il prossimo Vietnam sarà l’Afghanistan”.

     

    ETTORE MO ETTORE MO

    Ettore si ritrovò così a Peshawar, la città pakistana che segna il confine con l’Afghanistan, insieme al fotografo Giuseppe Colombo: allora, il giornale di via Solferino inviava anche i fotografi. “Per me la guerra dell’Afghanistan iniziò quella mattina di giugno del 79 nella valle di Kunar, quanto dall’alto della montagna vidi una piccola zattera che attraversava il fiume”

     

    L’obiettivo di Mo fu quello di documentare le fasi iniziali della guerriglia dei mujaheddin contro il regime rivoluzionario filosovietico di Noor Mohammed Taraki, instauratosi nel colpo di Stato del 27 aprile 1978. Si trattava di una guerriglia interna preludio dell’invasione dell’Armata Rossa, nel dicembre 1979; da una parte erano schierati i mujaheddin, sotto la bandiera dell’Islam, dall’altra le truppe del governo filo sovietico.

    SOVIETICI IN AFGHANISTAN SOVIETICI IN AFGHANISTAN

     

    Mo la definì una guerra santa, di Allah contro l’imposizione di un modo di vita totalmente estraneo; per l’Unione Sovietica, quel Paese la storica terra di passaggio verso l’Oceano Indiano. Iniziava la Jihad islamica contro i senza Dio del regime che, allora, erano i russi e poi sarebbero diventati gli occidentali dopo il ritiro sovietico ai tempi di Gorbacev.

     

    ETTORE MO ETTORE MO

    Prima di Mo, altri inviati avevano tentato di vivere con i guerriglieri ma nessuno c’era riuscito; Ettore decise di staccarsi dai colleghi e incontrare Guldubbin Hekmatyar, capo del partito Hezb-I-Islami, il più grande partito anti marxista: era un “Khomeini degli afgani”, nel cui cassetto convivevano mitra e Corano. Mo lasciò Peshawar per il Khyber Pass diretto alla valle del Kunar. Era il giugno del ’79 e decise di scalare a piedi una montagna di duemila metri per vivere con i mujaheddin: “Sei mesi dopo, l’Armata Rossa avrebbe invaso l’Afghanistan. Ma già allora, nel Paese, erano confortevolmente stanziati più di tremila consiglieri sovietici tra civili e militari”.

     

    AFGHANISTAN NEL 1979 AFGHANISTAN NEL 1979

    In settembre il presidente Taraki venne assassinato e Amin prese il suo posto; Mo intuì che non avrebbe avuto una lunga vita e, durante un’intervista gli chiese: “Signor presidente, ha mai pensato che potrebbe non morire nel suo letto?”. Dopo due mesi fu assassinato quando i russi assalirono il palazzo presidenziale per ordine di Breznev.

     

    Amin fu sostituito da Babrak Karmal del partito Parcham, che Taraki aveva spedito in Cecoslovacchia.

     

    ETTORE MO ETTORE MO

    Nel 1980 l’inviato restò coinvolto in una battaglia di sette ore nella piana di Jalalabad, dove furono uccisi davanti ai suoi occhi tre prigionieri: “Mi sembrava tutto assurdo. Nel giro di pochi secondi mi sentii molto più vecchio e molto più triste, con una sensazione di completa impotenza davanti alla morte. Avrei voluto urlare, ma tutto quello che potevo fare era scrivere un buon articolo. Promisi a me stesso che sarebbe Stato uno dei migliori, in onore di quei tre poveretti”. Otto offensive dell’Armata Rossa, tra il 1980 e il 1985, non riuscirono a scalzare il comandante Massud, lo storico Leone del Pashir del quale Mo divenne amico.

    ETTORE MO ETTORE MO

     

    GLI STINGERS AMERICANI

    Nel 1986 Karmal, cui Mosca rimproverava di non essere riuscito a creare una base popolare attorno al suo regime, fu rimosso dall’incarico per “motivi di salute” e sostituito da Mohammed Najibullah, ex capo del Khad, la polizia segreta afgana fedelissimo del Cremlino. La guerra si combatteva ad armi impari: mentre i russi avevano gli aerei e i carri i mujaheddin combattevano con mezzi inadeguati.

     

    Armi contraeree erano le richieste che Mo si sentiva spesso ripetere dai leader della resistenza, come Massud, Abdul Haq, Haqqani, Naquib e che gli Stati Uniti cercavano di far arrivare (le stesse che finirono poi nelle mani dei talebani). Mo raccontò l’arrivo degli stingers, i missili americani: fino ad allora, il presidente americano Ronald Reagan aveva contribuito solo indirettamente con lo stanziamento di fondi coperti.

    AFGHANISTAN NEL 1979 AFGHANISTAN NEL 1979

     

    Nel 1988 i russi iniziarono il ritiro e Mo tornò in Afghanistan a viso scoperto, non da clandestino come aveva fatto nei dieci anni precedenti. Fu una “illusione, ci vollero quattro anni buoni perché i mujaheddin della jihad avessero la meglio sul regime filo sovietico di Najibullah rimasto in sella dopo l’esodo dell’Armata Rossa”.

     

    La guerra continuava, nonostante l’avvento al potere dei leader della Santa Alleanza, con Massud, che avevano installato un governo islamico nell’aprile 1992: “La pace non si addice all’Afghanistan”, scrisse allora Ettore Mo. “La guerra civile sarebbe continuata per altri due anni almeno, e non nel nome di Allah…una guerra alimentata solo dalla sfrenata ambizione del leader dello Hezb-i-Islami, Hekmatayr il quale, deciso a spodestare il presidente Rabbani ed il primo ministro Massud, scaricava quotidianamente sulla capitale tonnellate di missili e bombe facendo più morti che durante l’invasione sovietica”.

    popolazione afghana festeggia i talebani popolazione afghana festeggia i talebani

     

    I TALEBANI

    Proprio quanto Hekmatyr sembrava sconfitto, nell’autunno 1994 si affacciarono sulla scena afgana i talebani, studenti di religione coranica capeggiati dal mullah Omar. I cosiddetti “folli di Dio” volevano una teocrazia, erano però finanziati dalle grandi compagnie petrolifere che chiedevano la costruzione di oleodotti e gasdotti nella regione. In quell’anno Mo assistette all’omicidio del suo collega Mizwair, della BBC, ammazzato dagli uomini di Hekmatyar, dopo che questi gli aveva concesso un’intervista.

     

    ETTORE MO ETTORE MO

    Nel 1996 i talebani occuparono il 90% dell’Afghanistan grazie all’aiuto del Pakistan, che forniva armi e denaro, e Massud fu costretto, unico rappresentante del governo legittimo riconosciuto dall’Onu, a ritirarsi nel Panshir. Mo contrappose i due Afghanistan, quello dei talebani e quello di Massud: “Qui le donne possono ancora studiare, lavorare e camminare per strada con o senza burqa; dove i bambini non vengono bacchettati se fanno svolazzare gli aquiloni; dove la musica non c bandita, dove puoi inginocchiarti e pregare cinque volte al giorno ma nessuno verrà a spingerti a forza in moschea, neanche il venerdì e dove non corri il rischio di essere trascinato davanti ai tetri sacerdoti dei tribunali islamici per un centimetro di barba in meno”.

     

    TRUPPE NATO IN AFGHANISTAN TRUPPE NATO IN AFGHANISTAN

    GINO STRADA E GLI AMERICANI

    In quei mesi, Mo raccontò l’arrivo di Emergency e del suo fondatore, Gino Strada, che riuscì a creare in Afghanistan un centro chirurgico per le vittime delle mine antiuomo e feriti di guerra.

     

    Con l’attacco alle torri gemelle, l’11 settembre 2001 si diffuse in Afghanistan la disperazione, cui seguì l’esodo di migliaia di profughi. Di fatto, Osama rappresentò una causa principale della sospensione del regime dei talebani: la guerra scatenata dagli Usa, il 7 ottobre 2001 spianò la strada all'Alleanza del Nord e il regime dei Talebani si dissolse in due mesi. Iniziò allora la presa di controllo occidentale, che si sostituì a quella russa intervallata per breve tempo dai talebani.

    TALEBANI HERAT TALEBANI HERAT

     

    Il 13 novembre i mujaheddin dell’Alleanza del Nord, la milizia anti-talebana sostenuta dagli Usa, entrarono a Kabul; più dura da espugnare fu la roccaforte talebana di Kandahar. Venne creato un governo provvisorio guidato da Hamid Karzai. Gli americani incominciarono a controllare il paese e a cercare di esportare la democrazia sotto l’egida dell’Onu.

     

    continua…

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