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Camilleri, Eco, Sofri, Serra e Guccini: fan in delirio alla rassegna "Libri come"
Francesco Persili per Dagospia
I ‘babboccioni' Serra e Veronesi alle prese con i figli multi-tasking. Le ‘pezze al culo' di Guccini. La nostalgia di Fossati per le canzoni anni Sessanta e per Caterina Valente. Il paese di Cuccagna di Umberto Eco. Se un week-end di ‘quasi' primavera più di trentamila persone si sono trovate a passare all'Auditorium di Roma, avranno capito che quei sei italiani su dieci che non leggono neanche un libro all'anno si perdono molto.
Un grande libro all ingresso dell Auditorium
Anche se la quinta edizione di ‘Libri come', dedicata al tema del lavoro, somiglia a quelle feste senza festeggiato: manca il grande romanzo che racconta il tempo della crisi. Tra le righe restano certezze frantumate e fragilità, un umore letterario impastato di malinconie, vite imperfette e ripiegamenti negli affetti privati, dialettica padri-figli (un grande classico: dall'Eneide a ‘Il Complesso di Telemaco' di Massimo Recalcati), fughe verso l'altrove e ballate di tempo andati che raccontano la difficile presa d'atto di una realtà mutevole e mutata.
L'usato sicuro, che in politica non si porta più, continua ad essere prevalente nella saggistica e nella narrativa contemporanea. Anche se poi dalla nuova generazione di scrittori arriva un libro potente, senza verità assolute, come ‘La Collina', che Andrea Delogu ha scritto insieme ad Andrea Cedrola, ispirandosi alla sua storia di bambina nella ‘gigantesca famiglia' della comunità di recupero di San Patrignano. Il tempo che sembra fermarsi e una canzone che resta più forte di tutto, anche del divieto di portare i dischi lassù: ‘Dancing in the dark'.
In nome di Bruce Springsteen si superano limiti, paure, conflitti e si sancisce l'alleanza tra padri-figli. «La nostra è una generazione ingombrante», ammette lo scrittore Sandro Veronesi, che però sottolinea come, rispetto al passato, i baby boomers abbiano un immaginario da condividere con i figli. Nella musica, ad esempio. «Io mi tenevo alla larga da Rabagliati e da tutto quello che ascoltava mio padre. Oggi, invece, Springsteen è il mito di mio figlio e lo è diventato senza che lui sapesse nulla del fatto che fosse anche il mio idolo». Per fortuna restano le giuste distanze: ai concerti del Boss ognuno va per conto suo. Solo su Federer non si transige: «Se qualcuno tifa Nadal lo butto fuori di casa». Gioco, partita, incontro.
La rivelazione di Michele Serra, che scrive l'ultimo capitolo de ‘Gli sdraiati' in un bar mentre suo figlio poco distante sostiene l'esame di maturità «avverando per sé stesso la metafora del personaggio del libro» aiuta a comprendere come vita e letteratura possano entrare a far parte della stessa pagina in cui la storia del rapporto padre-figlio si può sintetizzare in due righe, la prima e l'ultima del suo romanzo. «Dove cazzo sei?», Avanti.
Chi, invece, non butta via nulla del passato è Francesco Guccini che nel suo ‘vizionario' di cose perdute ricorda i tempi in cui girava con l'eskimo innocente e le pezze al culo (nel senso letterale) «invisibili come un pugno in un occhio».
Colto e popolare, il Maestrone ricorda la pasta e fagioli «a tempo» nelle vecchie osterie (che Balzac definì «il Parlamento del popolo») e riporta in vita il fungo cinese (citato anche da una canzone di Carosone), i deflettori e l'autoradio, ovviamente, sempre nella mano destra, la maglia nera del Giro, Malabrocca, il sussidiario «con l'uccellino che zirla» i calendarietti del barbiere, ‘il papero di morbido piumaggio' che Rabelais elesse a «miglior nettaculo» e le letterine di Natale grondanti banalità e ipocrisie. La politica? «No comment». Renzi? «Chissà, boh, eh. Staremo a vedere, se qualcuno vede un po' di speranza mi avverta...»
Nel cuore del Guccio c'è sempre Prodi: «Uno bravo davvero ma lo hanno impallinato come l'uccellino che zirla». Dalle atmosfere ‘color nostalgia' del cantautore emiliano a tutto quell'avvenire già avvenuto di Fossati che racconta il suo romanzo con sottofondo di balere e di Elvis «la cui morte ha fatto piangere una nazione intera» e un rimpianto, sincero e legittimo, per le canzoni italiane degli anni Sessanta: «Ero pazzo di Rita Pavone, mi piaceva la leggerezza che si respirava in quei pezzi, la musica era allegra, spensierata». Al punto che il protagonista del libro arriva a dire: «Vorrei che le canzoni restassero sempre le stesse».
Dove non giunge Diderot (‘Ciascuno di noi quando è adolescente si costruisce una statua interna e passa il resto della vita a liberarsi dal suo ingombro'), arriva Umberto Eco che - sornione - naviga la realtà delle illusioni e sconsiglia la ricerca della fonte dell'eterna giovinezza: «Chi ci ha provato non è finito bene».
Lo scrittore ricostruisce una geografia di terre e luoghi leggendari che hanno creato un flusso di credenze. E dentro le credenze, si sa, ci sta tutto: la Terra del Prete Gianni e il mito di Eldorado, l'Eden (con annessa battutona: ‘Cosa facevano Adamo ed Eva nel paradiso terreste? La luna di mele') e la Città del Sole di Campanella, le cui ultime parole verranno incise sulla sua lapide: ‘Aspetta, aspetta, non posso, non posso'. Non poteva mancare l'Eco, of course.
Cinquant'anni dopo il saggio ‘Apocalittici e integrati', lo scrittore alessandrino torna ad esercitarsi sulla figura di Superman: «Il Papa e il Dalai Lama possono discutere sulla figura di Cristo ma non possono non trovarsi d'accordo sul fatto che Superman sia Clark Kent. I personaggi fittizi, come anche i romanzi, ci danno verità indiscutibili. E qualsiasi altra verità può essere presa sul serio nella misura in cui si avvicini ad una verità romanzesca». Già, ma resta una domanda suggerita dal libro di Guccini. Oggi come e dove si cambierebbe Superman? Le cabine telefoniche sono sparite. Non sarà romanzesco ma è un'altra verità indiscutibile, signora mia.
Francesco Guccini