1 - CHE COSA ACCADRÀ IN MEDIORIENTE
Marco Ventura per “il Messaggero”
trump netanyahu
Con la decisione di Trump di spostare l' Ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme partirà una nuova Intifada, alla quale si uniranno anche i Paesi arabi e musulmani, infuocando il Medio Oriente e creando instabilità e conflitti proprio mentre sembrava finire la guerra all' Isis? Quale portata avrà sul futuro politico della regione il riconoscimento implicito da parte americana di Gerusalemme capitale dello Stato ebraico?
GERUSALEMME CITTA' VECCHIA
Tutto il mondo chiede a Trump di non farlo, anche i Paesi arabi moderati che con Israele hanno rapporti diplomatici. Anche la Giordania di Re Abdallah II. E in Europa, la Germania che dopo la Seconda guerra mondiale è tra i membri dell' Unione il più diplomaticamente vicino a Israele. Di fatto il trasloco consisterà in poca cosa.
«Il consolato americano si trova già nel cuore di Gerusalemme», disse al Messaggero il Sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, prima della visita di Trump in Israele lo scorso maggio. Basta cambiare la targa, insediare l' ambasciatore e spostare i servizi da Tel Aviv. Sbaglia chi vuol rendere complicata una cosa semplice. Solo il tempo dirà se la situazione potrà precipitare o se ripartirà il negoziato.
IN ISRAELE SI RISCHIANO FORTI SCONTRI
DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU
A Gerusalemme non ci sono ambasciate, solo consolati. Perché lo status della città resta da definire. Sia gli israeliani sia i palestinesi aspirano a vederla riconosciuta come capitale del proprio Stato. La soluzione più accreditata a livello internazionale è Gerusalemme capitale condivisa. Ora, la reazione palestinese potrebbe portare a una terza intifada dopo quella delle pietre dell' 87, di Al-Aqsa del 2000, e dei coltelli dell' ottobre 2015.
TURCHIA VERSO NO
Grand Mufti di Gerusalemme Mohammed Hussein
Erdogan in Turchia si accredita come l'alfiere dei palestinesi e del mondo arabo e musulmano, e reagisce all' annuncio di Trump con la minaccia di rompere le relazioni diplomatiche con Israele (riallacciate nel giugno 2016 dopo 6 anni di confronto durissimo). La stabilità in Medio Oriente dipende anche dai rapporti tra Ankara e Tel Aviv, ambigui perché avversarie ma con un comune nemico: l' Iran. la Turchia, oltretutto, è un pilastro della Nato.
DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU
GLI STATI UNITI PRIMA DI TUTTO
Incurante delle reazioni, Trump porta avanti con la sua politica America first. Ha aperto una frattura con l' Onu tirandosi fuori dal patto sui migranti, dall' Unesco (per i pregiudizi contro Israele su Gerusalemme) e dagli accordi di Parigi contro i cambiamenti climatici. Nello stesso tempo, si distanzia dall'Unione Europea che insiste sulla tesi dei due Stati per Israele e Palestina. Ma non romperà l'alleanza con l' Arabia Saudita (anti-Iran).
LA REAZIONE DELL’IRAN
MILITARI A GERUSALEMME
Il riavvicinamento USA a Israele aveva già avuto come corollario i passi indietro di Trump sull' Iran dopo la distensione e l' accordo nucleare voluti da Obama. Israele, che teme l' Iran più dell' Isis, ha esultato. Tanto più che la sconfitta del Califfato, sunnita, ha avvicinato gli iraniani ai confini con Israele nel Golan e ha reso più agguerriti gli Hezbollah, filo-iraniani, in Libano. La decisione di Trump approfondisce il solco con Teheran.
GERUSALEMME 9
ISIS PUÒ RIGENERARSI
La bandiera della Palestina è stata sventolata, più o meno strumentalmente, da molti Paesi arabi e musulmani che non sempre, poi, hanno avuto verso i palestinesi politiche di reale sostegno. La decisione di Trump può offrire nuove opportunità di propaganda al terrorismo islamista nel momento di maggior declino per l' Isis. Inoltre, potrebbe riprendere vita un terrorismo palestinese, a Tel Aviv e Gerusalemme o contro obiettivi israeliani nel mondo.
Abu Mazen
USA E TEL AVIV PIÙ VICINI
Trump ha ribaltato la politica mediorientale di Obama. Uscito dall' Unesco per i pregiudizi contro Israele, aveva promesso di applicare la decisione del Congresso del 95 su Gerusalemme. E lo sta facendo. L' ambasciatore David Friedman è un difensore dei coloni israeliani nei Territori, scettico verso i due Stati. La prova di forza di Trump mostra come Israele sia per lui il vero baluardo dell' Occidente in Medio Oriente. Da difendere a tutti i costi.
RUSSIAGATE, TRABALLA LA DIFESA DI TRUMP
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Fermi, i legali di Donald Trump hanno da ultimo anche alzato il muro della Costituzione a difesa del presidente Usa verso il quale l' inchiesta sul cosiddetto Russiagate si avvicina a grandi passi. Ma quella linea di difesa potrebbe adesso vacillare se è vero, come riferisce la Cnn citando fonti, che il presidente Trump sapeva già a gennaio che l' allora consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn aveva mentito. Aprendo definitivamente la porta all' accusa di aver ostacolato la giustizia, la «nube» che aleggia da mesi sulla Casa Bianca. Ironia della sorte, a dettare la svolta potrebbe essere proprio un tweet del presidente nei giorni scorsi, in cui ha affermato di aver licenziato Flynn perché aveva mentito al vice presidente e all' Fbi.
2 - «GERUSALEMME È IN ISRAELE» E GLI ARABI PREPARANO IL JIHAD
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Andrea Morigi per “Libero quotidiano”
La Casa Bianca riconosce una realtà di fatto e di diritto: Gerusalemme è la capitale di Israele. Ma la verità dà scandalo. Così come ha rotto gli schemi della politica interna americana, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump continua a portare scompiglio nei delicati equilibri della politica internazionale. Lo aveva già fatto ritirandosi prima dall' accordo di Parigi sullle emissioni atmosferiche e aveva poi replicato sottraendosi dall' intesa Onu sull' immigrazione.
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Non mancava altro che trasferire l' ambasciata Usa nella città dove Israele ha stabilito la sede del proprio governo e del proprio parlamento, la Knesset. Non accadrà prima di sei mesi, ma non è nulla di strano, visto che una legge, approvata nel 1995 dal Congresso statunitense, invitava l' Amministrazione a insediare la sede diplomatica nella Città santa. Semmai sarebbe stato criticabile che, per oltre vent' anni, quella norma sia stata ignorata. Invece, pare che la pace nel mondo fosse garantita proprio da quell' omissione.
Così quando ieri Trump ha informato il presidente palestinese Abu Mazen, il re di Giordania Abdullah e il presidente egiziano Abdelfattah al Sisi della sua intenzione di traslocare da Tel Aviv, tutto il Medio Oriente ha iniziato a sussultare. Abu Mazen ha avvertito Trump delle «pericolose conseguenze di una decisione del genere sul processo di pace, la sicurezza e la stabilità nella regione e nel mondo».
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Poi, riappesa la cornetta, si è messo a chiamare il Vaticano, il Cremlino e l' Eliseo per ottenerne la solidarietà e l' appoggio. Dalla Santa Sede non hanno ancora diffuso una presa di posizione ufficiale, ma Vladimir Putin fa sapere che Mosca sostiene una ripresa dei colloqui fra israeliani e palestinesi, anche sullo status di Gerusalemme.
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Si mobilita anche l' Unione Europea, con l' Alta rappresentante della politica estera Federica Mogherini che, a pranzo con il segretario di Stato americano Rex Tillerson, torna a proporre «una via attraverso i negoziati per risolvere lo status di Gerusalemme, come futura capitale dei due Stati, in modo che possano realizzarsi le aspirazioni di entrambe le parti». Peccato che i palestinesi escludano che nel loro futuro Stato ci sia posto anche per gli ebrei. E senza considerare le recenti risoluzioni anti-israeliane dell' Unesco, che hanno provocato l' abbandono dell' organizzazione internazionale da parte di Washington e Gerusalemme, appunto.
In fondo, si tratta di relazioni bilaterali. In Israele, magari, saranno un po' preoccupati delle conseguenze che si annunciano. Ma Trump non ha mica deciso di insediarsi in un luogo sgradito a Benjamin Netanyahu.
cecchini nella citta vecchia di gerusalemme
Eppure, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan minaccia di tagliare le proprie relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico perché lo status di Gerusalemme è la «linea rossa per i musulmani». Non rompe con Washington, che ha preso l' iniziativa. Forse pensa che l' America sia uno strumento del complotto giudaico, come in ogni teoria della cospirazione che si rispetti.
Intanto, la tensione sale e, in attesa dei «tre giorni di rabbia», proclamati dai terroristi islamici di Hamas, a diplomatici e membri dello staff del consolato Usa a Gerusalemme è stato impartito l' ordine di non recarsi nella città vecchia, Gerusalemme Est, secondo la comunità internazionale parte della Cisgiordania.
BERGOGLIO
3 - GERUSALEMME: PAPA, NO NUOVE TENSIONI, RISPETTO STATUS QUO
(ANSA) - "Il mio pensiero va ora a Gerusalemme. Al riguardo, non posso tacere la mia profonda preoccupazione per la situazione che si è creata negli ultimi giorni e, nello stesso tempo, rivolgere un accorato appello affinché sia impegno di tutti rispettare lo status quo della città, in conformità con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite". Così il Papa in udienza generale, invitando a "saggezza e prudenza, per evitare di aggiungere nuovi elementi di tensione in un panorama mondiale già convulso e segnato da tanti e crudeli conflitti".