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    "AVEVO TITOLO A RICEVERE I VERBALI DI AMARA. POI LI HO USATI CON CAUTELA E RISPETTANDO LE REGOLE" – “PIERCAVILLO” DAVIGO, INDAGATO PER RIVELAZIONE DI SEGRETO D’UFFICIO PER IL CASO AMARA-ENI-STORARI, SI DIFENDE: “PARLAI AL CSM PERCHÉ TEMEVO UNA NUOVA P2" E RACCONTA DI QUELLA CENA A ROMA CON COSIMO FERRI E GIANCARLO ELIA VALORI – “QUANDO LO VIDI MI SI GELO’ IL SANGUE E CHIUSI I RAPPORTI CON FERRI” – INTANTO CANTONE RIDIMENSIONA AMARA


     
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    GIUSEPPE SALVAGGIULO per la Stampa

     

    piercamillo davigo al tg2 2 piercamillo davigo al tg2 2

    Dal primo giorno, anche nelle sedi istituzionali, la linea difensiva di Piercamillo Davigo si è basata su quattro argomenti: la legittimità della ricezione dei verbali dal pm milanese Paolo Storari, «in quanto a un membro del Csm non è opponibile il segreto»; la differenza tra verbali autentici e firmati (mai avuti) e «bozze computerizzate» in formato word e non firmate, ricevute da Storari e portate a Roma dopo un mese, ai primi di maggio 2020, «come appunti a supporto della memoria»;

     

    PIERCAMILLO DAVIGO E SEBASTIANO ARDITA PIERCAMILLO DAVIGO E SEBASTIANO ARDITA

    la doverosità del suo comportamento successivo, informando «con cautele estreme e nel rispetto delle regole, cristallizzate nelle circolari, i membri del comitato di presidenza del Csm» (Ermini e Salvi subito, Curzio a luglio) e altri cinque componenti dell'organo, perché sapessero che due loro colleghi,

     

    Sebastiano Ardita e Marco Mancinetti (poi dimessosi per i rapporti con Palamara), erano citati nei verbali da Amara come appartenenti alla loggia Ungheria; l'impossibilità di formalizzare queste comunicazioni, «cosa peraltro non richiesta da nessuno dei membri del Csm con cui avevo parlato», proprio per tutelare il segreto, che altrimenti «sarebbe durato venti minuti» ottenendo la vanificazione dell'indagine sulla loggia, effetto opposto a quello da lui desiderato.

     

    PIERO AMARA PIERO AMARA

    Ma questa parte della storia («il dito»), rappresenta nella ricostruzione di Davigo «un aspetto marginale» rispetto a ciò che più gli interessa. «La luna», ovvero «i mesi preziosi persi a Milano» nell'inerzia investigativa, a dispetto della rilevanza del contenuto di quei verbali. Motivo, questo, che lo indusse a una serie di comportamenti inediti e irrituali.

     

    Compresa la sollecitazione, nei colloqui al Csm, a portare la vicenda a conoscenza del Quirinale, il cui inquilino è presidente dello stesso Csm e capo delle forze armate, istituzioni a cui appartengono esponenti di spicco indicati nei verbali dall'avvocato Piero Amara come associati alla loggia paramassonica Ungheria. Sono diverse le circostanze che leggendo i verbali di Amara suscitarono il suo «allarme per la possibile esistenza di una nuova P2».

     

    PAOLO STORARI PAOLO STORARI

    Alcune si riferiscono a episodi della sua esperienza al Csm, che quella lettura illuminava di luce diversa. Ma la prima riportava la memoria a una cena romana a cui, almeno dieci anni prima, era stato invitato da Cosimo Ferri, all'epoca consigliere del Csm per Magistratura Indipendente, corrente dello stesso Davigo che era giudice in Cassazione. Arrivato al ristorante, Davigo trovò già seduti con Ferri altri due commensali. Una, Ferri gliel'aveva preannunciata: Celestina Tinelli, avvocatessa emiliana designata dal Pd come membro laico del Csm. L'altro, invece, fu una sorpresa. Quando porse la mano presentandosi, ricorda oggi Davigo, «mi terrorizzò». Si trattava di Giancarlo Elia Valori, che conosceva di fama «come unico membro espulso della P2».

     

    Mentre la Tinelli taceva, Valori, ostentando confidenza con Ferri, monopolizzò la conversazione interloquendo con lui «con modi ambigui». Raccontava a Davigo di un vecchio scambio epistolare con l'ex procuratore di Milano ai tempi di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli, a testimonianza di una consuetudine che meritava ascolto. Dava la sensazione di voler portare il discorso in una direzione precisa, nota anche a Ferri. «Mi si gelava il sangue. Mi guardavo attorno. Pensavo: siamo a Roma, se qualcuno mi vede a cena con uno della P2? Addentai due antipasti, accampai una scusa e me ne andai. Da quel momento interruppi i rapporti con Ferri».

    cosimo maria ferri cosimo maria ferri

     

    giancarlo elia valori 1 giancarlo elia valori 1

    Nel primo dei verbali consegnati da Storari a Davigo, Amara definisce Elia Valori «capo della cellula messinese della loggia Ungheria» e sostiene che «Ferri ricopre un incarico molto importante in Ungheria». Interrogato a Potenza un mese fa, Amara ha derubricato Ungheria da associazione segreta a fini eversivi a «semplice» associazione a delinquere finalizzata a plurimi abusi d'ufficio. Ma ha consolidato il ruolo di Ferri come «mente di tutto il sistema». Dichiarazioni ora in mano alla Procura di Perugia, a cui i verbali di Amara sono stati trasmessi per competenza sei mesi fa. Venerdì, nell'udienza preliminare del processo Palamara, il procuratore Raffaele Cantone ha chiarito di considerare Amara «un teste da prendere con le molle» e «utilizzare solo con adeguati riscontri», non certo «un pifferaio magico» da seguire estasiati nelle strade della Hamelin giudiziaria.

     

    giancarlo elia valori giancarlo elia valori

     

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