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    ESCILE! LA DISFIDA DELLE UNIVERSITETTE! LE STUDENTESSE PUBBLICIZZANO LA PROPRIA UNIVERSITÀ METTENDOSI IN MOSTRA: TRA LA CATTOLICA E LA BOCCONI SFIDA A COLPI DI TETTE (E DI TANGA) - LA PIU’ MALIZIOSA LA TESTIMONIAL DEL POLITECNICO: “FIDATI DI ME”


     
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    Giordano Tedoldi per “Libero Quotidiano”

     

    Dalla toga al tanga. Su Facebook proliferano come conigli le pagine delle comunità universitarie «Spotted», come «Spotted: Unicatt», dedicata alla Cattolica di Milano ma ce ne sono pressoché per tutte le università italiane, e spesso più di una, ad esempio la Bocconi ne ha sette, la Cattolica una decina, perché poi ci sono le suddivisioni per corso di laurea.

     

    All' origine le pagine «Spotted» servivano per creare una rete di aiuto tra gli studenti, e soprattutto per lasciare messaggi a qualcuno o qualcuna col quale si vorrebbe entrare in relazione ma non si ha avuto lo spirito, il coraggio, l' opportunità di farlo sul momento, dopo averlo adocchiato in biblioteca uscendo da un' aula. «Spot» infatti significa notare, vedere qualcuno che ci colpisce.

     

    Ma la rete è un luogo capace di suscitare strane voglie anche negli studenti cattolici, e così, se adesso guardate la pagina della suddetta «Spotted: Unicatt» - che, lo precisiamo, come tutte le altre «Spotted» non è una pagina ufficiale della Cattolica, ma è stata creata da qualche studente, evidentemente - non troverete giudizi sui professori o le domande d' esame, ma tette e culi, soprattutto femminili, ma non solo.

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    I nostri giovani hanno nel Dna le pari opportunità. L' esibizionismo è mascherato da sostegno alla propria alma mater, così troverete una foto in cui su un seno giovane e generoso, sostenuto da un reggipetto di maglia nero (un articolo di una certa finezza, va riconosciuto) campeggia la scritta «I love Uni Catt» (scritto col cuoricino), quattro paroline dolci spartite tra le due mammelle.

     

    Più giù, un culo a mandolino, o a violoncello, a seconda del liutaio, «vestito» in un tanga interdentale, con il messaggio «I love Catt» sulla natica destra. La perfezione delle forme è tale che non si può fare a meno di sospettare l' uso del Photoshop, ma del resto, se ne fanno uso le modelle e le attrici, perché dovrebbe privarsene una studentessa?

     

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    Non solo le sostenitrici della Cattolica di Milano ricorrono a armi non convenzionali: altrettanto fanno quelle della Bocconi, della Luiss, e del Politecnico, la cui testimonial mostra in effetti una superiorità tecnologica notevole: tanto per cominciare si mostra a seno nudo, con i capezzoli censurati da due «Smile», e poi anche il messaggio è più malizioso: «Fidati di me, prova (cuoricino) Polimi». Ingegnoso: non si limita a dirti che ama la sua università; fa proselitismo, cerca di farti iscrivere.

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    La studentessa in questione ha capito che la «sfida», come viene chiamata sui siti «Spotted», non è tanto e solamente su chi abbia il seno più florido o il fondoschiena più callipigio, ma è di mercato: conseguire un titolo di studio in un' università considerata più prestigiosa lo rende più spendibile sul mercato del lavoro, ergo pubblicizzare con argomenti incontrovertibili la propria facoltà vuol dire potenziare il proprio curriculum e le proprie chance di trovare un lavoro.

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    L' argomento sembrerebbe assurdo, dal momento che gli atenei farebbero certo a meno di una simile pubblicità, che sembrerebbe piuttosto uno sputtanamento. Ma è proprio così? Osservate bene tutte le foto dei seni col «brand» di UniCatt; è evidente che appartengono non a professioniste consumate, a rispettabili mercificatrici del loro corpo, ma a studentesse normali, ragazze della porta accanto che magari hanno la media del 29. Direte: come fai a arrivare a una simile introspezione psicologica sulla base del seno e del reggipetto?

     

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    Come dice la studentessa citata: fidati di me, si può capire tantissimo da un seno, dal reggiseno, e dal tipo di inquadratura fotografica, e dai capelli sulle spalle. Si capisce che ci sono un' incoscienza e un' ingenuità che sì, sono davvero ai limiti con il famigerato «degrado morale», ma sono anche molto vicine a un desiderio di rendere l' accademia un luogo in sintonia col cosiddetto paese reale, in cui, ebbene sì, esistono le studentesse esibizioniste, e un poco frivole, e persino libertine.

     

    Insomma, quella parte dei vent' anni che si consumano all' università può essere un periodo gravoso, e le aspettative hanno bisogno di un contrappeso, ed è abbastanza chiaro che le antiche pagliacciate goliardiche non reggono più il passo coi tempi.

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    I tempi sono i selfie, le foto su Instagram e Facebook, sono i «fotografi» di grido che fanno milioni di dollari pubblicando nelle gallerie di New York gli scatti rubati, letteralmente rubati, ai giovani nessuno che, ignari, li postano sui loro social.

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    Prima di giudicare frettolosamente il fenomeno, bisogna allargare il quadro, e capire un po' quali sono le premesse del presunto degrado morale. Per quanto ci riguarda, l' unico giudizio etico che ci sentiamo di emettere sul fenomeno è quello che trae Alex, il teppista violentatore riportato (con un brutale condizionamento) dall'autorità sul sentiero del bene, in Arancia meccanica.

     

    Alex spiega i suoi eccessi con una semplice frase: stavo solo crescendo. Cui aggiungiamo un motto di Carlo Emilio Gadda: non tutti hanno la condanna di essere intelligenti.

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