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    ATTENTI, LA DISTRUZIONE DEI PICASSO, MONET, MATISSE POTREBBE ANCHE ESSERE UNA ABILE MESSINSCENA PER VENDERE LE OPERE SUL MERCATO NERO…


     
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    Giordano Tedoldi per "Libero"

    Testa di Arlecchino di Pablo PicassoTesta di Arlecchino di Pablo Picasso

    La distruzione di opere d'arte solitamente è il gesto di un folle accecato dall'esibizionismo. Oppure, come nel caso dei Buddha di Bamiyan distrutti dai Talebani in Afghanistan, la volontà di cancellare ogni traccia di una cultura che si considera nemica. Ma che una mamma bruciasse una serie di capolavori per scagionare il figliolo, capo di una banda di ladri da museo, non l'avevamo mai sentito.

    Lei si chiama Olga Dogaru e, nel forno della sua abitazione nel villaggio rumeno di Carcaliu, sono state rinvenute tracce di vernice, tele, chiodi, piombo, zinco e altre sostanze che testimoniano che là dentro sono stati bruciati dipinti.

    L'esame nel forno della donna è stato svolto dagli esperti del museo di storia nazionale, sollecitati dalla stessa Dogaru dopo aver confessato che suo figlio è il ladro fantasma che, in pieno giorno lo scorso ottobre, ha rubato dal museo Kunsthal di Rotterdam una vera collezione di capolavori, tra i quali "Testa di Arlecchino" di Picasso, il "Ponte di Waterloo" di Monet, "Donna che legge in bianco e giallo" di Matisse, "Donna di fronte a una finestra aperta" di Gauguin, e "Donna dagli occhi chiusi" di Lucian Freud.

    matisse donna che leggematisse donna che legge

    Quanto basta per formare una galleria privata in casa, a patto di blindarla, oppure di che viverci sontuosamente rivendendoli. E invece Olga Dogaru li avrebbe carbonizzati, buttandoci sopra ciocchi di legna.

    LE TRACCE NEL FORNO

    La donna racconta di aver prima sepolto i dipinti in una casa abbandonata, poi in un cimitero. Infine, spaventata dalle indagini sul furto che, dopo l'arresto di tre cittadini rumeni a gennaio, avevano portato a perquisizioni nel villaggio, ha deciso, lo scorso febbraio, di distruggere il corpo del reato, e pazienza se recava la firma di Gauguin o Picasso. Nessun vandalismo, né esibizionismo o odio per l'arte moderna: cuore di mamma, invece, in ansia per quel birbante del figlio che aveva messo a segno il colpo del decennio nel campo delle opere d'arte. Ma il mistero non è affatto risolto.

    Ancora non si sa che cosa esattamente sia stato bruciato nel forno della donna, e i responsabili del museo che hanno commissionato l'esame dei resti si guardano bene dallo specificarlo - peraltro, stando a quanto dichiarato dal direttore del museo di storia naturale di Romania, la signora potrebbe essere accusata di "crimini contro l'umanità". E poi certo, i reperti indicano materiali appartenenti a dipinti, alcune tracce risalirebbero a prima del ventesimo secolo, ma questo che cosa dimostra?

    E se fossero state bruciate delle croste? Paesaggi della campagna rumena dell'Ottocento? Tele dei pittori della domenica del villaggio? Bisognerebbe trovare dei riscontri chimici tra le tele rubate e le ceneri nel forno di Olga Dogaru, cosa nient'affatto scontata. Di fatto, per ora gli inquirenti non hanno che la confessione della donna, e se è ormai assodato che il figlio è effettivamente il ladro di Rotterdam, potrebbe anche darsi che la versione di mamma voglia solo proteggere il pargolo, il quale potrebbe aver venduto il bottino, oppure averlo davvero nascosto in attesa che si plachino le acque.

    Waterloo Bridge di Claude MonetWaterloo Bridge di Claude Monet

    È vero infatti che il furto di opere di tale prestigio, per quanta destrezza possano avere avuto i ladri, come in questo caso, essendo riusciti in pieno giorno a entrare da un'uscita di sicurezza e prelevare le tele dalle pareti per poi battersela in pochi minuti, sono pressoché impossibili da piazzare. Ma proprio per questo lo schema della finta distruzione avrebbe la sua logica: distogliendo l'attenzione da opere considerate perdute, sarebbe più facile offrirle agli acquirenti del mercato clandestino.

    IL PRECEDENTE

    Tuttavia, esiste un precedente di questa storia, ammesso che sia vera: la madre di tal Stephane Breitweiser, il quale intorno agli anni '90 del secolo scorso mise a segno oltre 200 furti da numerosi piccoli musei europei. La signora confessò di aver distrutto molte delle opere rubate, spaventata anch'ella dalle indagini della polizia. Tagliò i quadri e li buttò nella spazzatura, gettò gioielli e oggetti antichi in un canale.

    Parte del bottino venne letteralmente a galla, e la mamma di Breitweiser fu arrestata. In quel caso dunque qualcosa si salvò, mentre OlgaDogaru deve aver calcolato meglio il suo piano, qualunque esso sia, lasciando agli sconcertati esperti forensi del museo solo un mucchietto di cenere e un enigma insolubile da sciogliere. Cuore di mamma, cervello diabolico.

     

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