Cesare Giuzzi per www.corriere.it
ANTONIO DI FAZIO
Antonio e Antonello. Due nomi, un solo uomo. Antonello è l’uomo premuroso fotografato accanto all’anziana madre che vive con lui nel lussuoso appartamento vicino al parco Sempione. Antonio è invece un imprenditore rampante, amante delle belle macchine, dei viaggi, dei locali più esclusivi. E che si spacciava per agente dei servizi segreti con tanto di pistola giocattolo, fondina, tesserino del ministero dell’Interno e lampeggiante blu in macchina.
ANTONIO DI FAZIO.
Vicende per le quali era stato più volte denunciato negli anni. Dietro al loro volto c’era sempre lui, Antonio Di Fazio, 50 anni compiuti ad aprile, originario di Cuggiono e fondatore e proprietario della ditta farmaceutica Global Farma. Azienda che nei mesi scorsi aveva anche ricevuto un appalto dalla Regione Lombardia in materia di forniture di dispositivi di protezione anti-Covid.
ANTONIO DI FAZIO
Da venerdì è chiuso nel carcere di San Vittore con l’accusa di violenza sessuale, lesioni aggravate (avvelenamento da psicofarmaci) e sequestro di persona. Qualche giorno dopo la denuncia della 21enne studentessa bocconiana nei suoi confronti, la sua casa era stata perquisita dai carabinieri della compagnia Monforte guidati dal capitano Silvio Maria Ponzio, e in quell’occasione erano state sequestrate due boccette di benzodiazepine dentro a uno scomparto della cucina.
ANTONIO DI FAZIO
Una era ormai a metà. A quel punto Di Fazio cerca di screditare la ragazza dicendo di essere stato vittima di una estorsione: «Mi ha chiesto 500 mila euro». Versione che racconta agli amici e ai familiari, e poi mette per iscritto in una denuncia per calunnia nei confronti della 21enne.
Di Fazio, nel racconto degli inquirenti, emerge come una persona molto facoltosa, di grandi relazioni, ma anche di enormi millanterie. A cominciare dallo spacciarsi per agente segreto, per poi raccontare in giro di amicizie nell’alta società e interessi all’estero in realtà non reali. Come quando si spaccia per «Alto commissario per l’emergenza Covid», con la scusa di avere fatto una fornitura per la Regione.
ANTONIO DI FAZIO