Federico Geremicca per la Stampa
ENRICO LETTA
Tutti lì, più o meno fermi sulla sponda del fiume, quasi aspettassero di veder passare il loro stesso cadavere. L'ultima istantanea del gruppo dirigente del Pd consegna un'immagine sconfortante agli oltre cinque milioni di elettori che ancora il 25 settembre scorso avevano scelto di votare il partito guidato da Enrico Letta. Aspettavano una reazione. Pensavano ad una grande voglia di riscossa.
Semplicemente, speravano. Si sono ritrovati, quasi increduli, di fronte ad una proposta che rinviava di sei mesi la scelta di un nuovo leader e la definizione di un profilo ed un'identità convincenti.
Ora, pressati da appelli e petizioni, alcuni di quei Dirigenti - non tutti - provano ad anticipare i tempi almeno un po': ma giunti a questo punto, non è affatto detto che ci riescano.
Anche Enrico Letta sarebbe sempre più favorevole ad una accelerazione, ma la sua voglia - e soprattutto il suo potere - ormai sono quello che sono. È personalmente provato e preoccupato per come vanno evolvendo le cose, tanto che ai suoi collaboratori l'altro giorno ha confidato: «Quanto è difficile, stavolta.
enrico letta manifestazione per la pace a roma
In alcuni momenti temo che il partito possa implodere e non tenere fino a marzo...». Per esperienza sa che nell'arena politica gli spazi lasciati liberi vengono subito occupati. Ed ha valutato per quel che è la parabola Pd disegnata dai sondaggi post voto: 19, 07% alle elezioni del 25 settembre, 16, 0% nella rilevazione del 7 novembre. Tre punti percentuali persi in appena un mese e mezzo: di questo passo, a marzo il futuro del Partito democratico sarà già stato deciso da qualcun altro...
LETTA MELONI MEME
Non ci si può nemmeno aggrappare alla circostanza che dopo l'avvento di Giorgia Meloni tutte le opposizioni siano in difficoltà: Calenda e Renzi, infatti, un po' si rafforzano. E cresce, soprattutto, il partito di Giuseppe Conte, che secondo l'ultimo sondaggio disponibile avrebbe già superato il Pd.
La crisi, insomma, non investe tutti: e in particolare non sembra sfiorare il Movimento Cinquestelle, pur uscito più che dimezzato dal voto di settembre. Cosa sta succedendo intorno ai Democratici? E come tentare di venirne fuori? «È il periodo più brutto della mia vita», confessa Letta, quasi soffocato dal peso di una sconfitta che sente oltremodo sua.
È uno sfogo comprensibile: e non solo umanamente ma anche politicamente, alla luce di quel che vede accadergli intorno. I leader che puntava ad avere come alleati elettorali, infatti, volteggiano sulla crisi del Pd come avvoltoi su un animale morente. E volteggiando si fanno beffe dei dirigenti del Nazareno. «Nel Lazio o accettano le nostre condizioni o andremo da soli», maramaldeggia Conte. E Calenda è quasi involontariamente offensivo, quando chiede al Pd lombardo di puntare su una storica esponente del centrodestra per conquistare la guida della Regione.
DEBORA SERRACCHIANI - ENRICO LETTA - ELLY SCHLEIN
Ma è così che vanno le cose, per il momento. E semmai sorprende che ci sia, tra i dirigenti di Roma, chi non abbia disdegnato (e non disdegni tutt' ora) quest' ultima ipotesi, cioè una campagna elettorale a sostegno di Letizia Moratti: che se non fosse stato per l'opposizione della Lega, oggi sarebbe la candidata (probabilmente vincente) della destra lombarda. Eppure: non si era detto che il "governismo" era la malattia principe di cui aveva sofferto il Pd negli ultimi dieci anni? E non si era aggiunto che il nuovo profilo andava costruito a partire da scelte coerenti e - soprattutto - chiare agli elettori?
debora serracchiani enrico letta emily schlein
Enrico Letta prende atto. Vorrebbe una campagna congressuale all'altezza della crisi che investe il partito (e il Paese) ma non sembra aver grande voglia di tornare in battaglia. Molte cose lo hanno deluso nei giorni successivi al voto, ed altre lo stanno sorprendendo adesso. I capannelli tra capicorrente.
Certe candidature del tutto inattese. E le divisioni - ancora - tra ex comunisti ed ex democristiani, storie politiche esaurite trent' anni fa. I soliti giochini, insomma. La ricorrente tentazione di decidere nelle segrete stanze: perché va bene le primarie, ma intanto mettiamoci d'accordo su chi le deve vincere... Stefano Bonaccini, figura assai autorevole. Dario Nardella e Matteo Ricci, sindaci noti e popolari. Paola De Micheli, forse outsider ma già in pista.
Ci si scruta tra possibili candidati. Si tentano accordi. Si fiuta l'aria. E ci si interroga, soprattutto, sul cosa fare ora che anche Elly Schlein - la più imprevedibile, eccentrica e pericolosa tra i candidati - ha fatto la sua scelta: «Partecipo al Congresso, non sto a guardare». Poco controllabile, la Schlein. E poco incline ad accordi pasticciati. Entra nella casa del Nazareno e potrebbe trasformarsi nel noto elefante tra i cristalli... Improponibile, sostengono molti dei Dirigenti.
sergio mattarella enrico letta
Una scommessa ma una bella scommessa, commentano molti militanti. Qui nessuno consiglia niente a nessuno, ma - visto il quadro - la sensazione è che il momento delle scelte non sia più rinviabile. Calenda-Renzi o Conte è un bivio che porta in mondi diversi, talvolta opposti. Maggioritari o proporzionali è un equivoco da sciogliere. Un Segretario o finalmente una Segretaria? Non saranno settimane facili, è chiaro. Ma già se fossero settimane e non mesi, sarebbe un buon segno: il segno che l'allarme è finalmente suonato. Perché chi si ferma è perduto, si è soliti dire: ma ci si può perdere anche continuando a camminare su una via evidentemente sbagliata...
debora serracchiani enrico letta simona malpezzi alle consultazioni