Antonello Venditti ad Ultimo “tu mi ricordo una persona, me stesso”
Brividi.
La Storia della musica.
“Questa notte è ancora nostra”
Con questo chiudo, indimenticabile #UltimoLaFavola pic.twitter.com/on0lvsY4HG
— Serena~tranqui (@TRANQUIraga) 5 luglio 2019
Rita Vecchio per www.leggo.it
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Mettetevi voi nella testa di un pischello di 23 anni nato alla periferia della periferia di questa Roma bella, cialtrona e bastarda. Una testa stracolma di sogni. Che arriva all'Olimpico. Lo stadio per eccellenza. Quello della Magica. C'è rivalsa. C'è voglia di farcela. Ci sono occhi luccicanti, di rabbia e desiderio di non essere più l'ultimo. E «la voglia di portare le canzoni sul palco» a tutti coloro che un po' ultimi forse si sentono. È così che si prende le chiavi della città.
Quelle che ha attaccate al collo e che usa per accendere lo show. Ed è sempre alla Roma capoccia der monno nfame che dedica, poco prima di chiudere i battenti, na poesia in romanesco, uscita a mezzanotte nei digital store. «È un'emozione fortissima», dice a 2 ore dal concerto: una maglia nera con scritto Ultimo. Davanti a lui sessantamila urlanti in coro il suo nome. Così è stato ieri sera per Niccolò Moriconi che con La Favola ha incantato uno stadio intero. Quer pischello nato e cresciuto a San Basilio, che allo stadio veniva da piccolo con il papà in Curva Sud a vedere Totti e compagni (a proposito di pischelli e riscatti), si ritrova a realizzare la sua di favola: tre dischi, tra cui Colpa delle Favole al primo posto, sono tutti nella top ten dei più venduti del primo semestre 2019 secondo FIMI. Un record.
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Canta e riempie tutto lo stadio come Madonna, Vasco e U2, lo stesso dell'Italia '90. Una grande festa. Su un fronte palco di 50 metri viene catapultato fuori da un ascensore, che dà inizio alla festa con Colpa delle favole, appunto. E da lì due ore e mezza di show. Poche parole, le prime dopo 11 canzoni, dopo Peter Pan: «Avete fatto bene a credermi. Quando mi danno del presuntuoso, vi dico che non è vero. E questo è il regalo più bello che potevate farmi». Luci, laser e suoni. Il momento acustico. Il medley. Chitarra e voce, con lui seduto sul pianoforte ricoperto di stelle luccicanti su Forse dormirai e Fermo. E siccome è una festa, non possono mancare gli ospiti.
Proprio per quello salgono a sorpresa sul palco prima suo fratello Fabrizio Moro, e poi Antonello Venditti, con cui duetta in Roma Capoccia (con tanto di video di lui a 13 anni che durante una recita cantava proprio quella) e Notte prima degli esami. In tribuna, tra gli altri, i calciatori della Roma Perotti ed El Shaarawy. Sembrano lontani i tempi, eppure sono passati solo due anni da quando aveva solo 10 spettatori al mercato del Testaccio. «Sto bruciando le tappe. Non penso sia sbagliato provare a fare il passo più lungo della gamba. Ho sempre avuto bisogno di strafare». Per l'anno prossimo ha annunciato 10 stadi. «Nun è stata fortuna e neanche destino». Perché ieri sera quer pischello di Niccolò ha potuto strillà che ce l'ha fatta.
ULTIMO DEDICA UNA POESIA IN MUSICA PER ROMA
Rita Vecchio per www.leggo.it
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Ultimo dedica una poesia in musica alla "sua" Roma. Una poesia emozionante per la sua città, rivelata durante il maxi concerto entusiasmante all'Olimpico davanti a 60 mila fan impazziti. Da mezzanotte la canzone-poesia è scaricabile attraverso Spotify. Ecco il testo integrale rivelato in esclusiva da Ultimo a Leggo.
POESIA PER ROMA
So dieci giorni che sto fori
Dici sorridi e dentro muori
A me m’hanno stancato tutti
Donne , auto e amici a volte
Eppure de te io nun me stanco
A volte penso ar Tevere e poi canto
Anche se Roma nun è solo centro
Pe me sei bella come ndubbio spento
Come un rifugio per un ladro
Sei bella come l’Angelo e il peccato
Te pare poco? Di te pare poco essere immortale?
Quando te spegni e vie rtramonto che bellezza che rimane
Sei bella pure senza mare...
Li giù ai Parioli sono belli i ragazzetti
Ma pe me nun battono du occhi sopravvissuti a sti parcheggi
Che roma è Colosseo ma nun è solo quello
Roma è sta panchina rotta che da sogni a quer pischello
Roma è na finestra aperta piena de mollette e panni
È un bimbo cor pallone che è partito da San Giovanni
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Mi padre me portava le domeniche allo stadio
Ancora tengo con gran cura la prima sciarpa nel mio armadio
“Roma capoccia der monno nfame”
Il primo saggio da bambino, la cantai col cuore.
Non è San Pietro ma sta chiesa che sta pezzi
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La vera Roma sta nei vicoli che te turista non apprezzi
È na battaglia persa co politici corrotti
Però ne parli e dopo ridi perché a Roma te ne fotti
È un pranzo a casa mia co l’amici de na vita
Quelli che perdono a tressette e se la piano co la sfiga
Vuoi sta tranquillo senza troppe cianfrusaje
Te casca er mondo sulle spalle e trovi forza dentro un ‘daje’
So dieci giorni che sto fori e come me manchi
Domani torno e prima cosa vado a pia du guanti
Perchè per scrivere di te ce vo rispetto
Grazie per esse rimasta accesa quando nun c’avevo un letto.
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