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Antonio Calitri per “il Messaggero”
Trovato il segreto per vivere oltre i 100 anni. Uno studio statunitense identifica infatti in alcune varianti genetiche il segreto della longevità dei centenari. Fino a poco tempo fa questa era un'idea che medici e ricercatori in qualche modo già sentivano, ma che negli ultimi mesi, grazie anche ad un lavoro italiano, ha trovato una doppia conferma scientifica.
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In particolare, un imponente studio globale condotto da un team del Dipartimento di genetica dell'Albert Einstein College of Medicine di New York, insieme ad altre 14 organizzazioni scientifiche internazionali, compresa l'italiana Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria Università di Camerino e pubblicato questo mese sulla rivista Nature Aging, individua in alcune rare varianti genetiche il segreto della longevità dei centenari.
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GENI VANTAGGIOSI
Si tratterebbe secondo la ricerca, di alcuni geni definiti vantaggiosi che con molta probabilità sono in grado di proteggere chi li possiede nel proprio patrimonio, dalle malattie tipiche dell'invecchiamento. Lo studio, tra i più importanti del settore anche per il numero delle persone coinvolte, circa un migliaio in varie parti del mondo, ha confrontato il Dna dei 515 centenari con quello di un campione di circa 500 anziani di un'età compresa tra i 70 e i 95 anni.
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Al centro della ricerca c'era la volontà di capire se la longevità dei centenari si può spiegare con la mancanza di geni che favoriscono le tipiche malattie della quarta età a partire dalle demenze ma anche quelle precedenti come i tumori, oppure se invece queste querce avevano dei geni protettivi da queste malattie.
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«L'estrema longevità negli esseri umani ha una forte componente genetica, ma se questo coinvolge la variazione genetica negli stessi percorsi di longevità come trovato in organismi modello non è chiaro», spiegano nella relazione introduttiva i responsabili principali dello studio, Jhih-Rong Lin e Patrick Sin-Chan.
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E per questo, utilizzando le sequenze dell'intero esoma di un gran numero di centenari, i ricercatori hanno trovato che questi individui «hanno un numero di varianti di codifica rare patogene simili agli individui di controllo, suggerendo che le varianti rare rilevate nelle vie di longevità conservate sono protettive contro la patologia legata all'età».
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La componente genetica di estrema longevità umana, conclude lo studio, costituisce, almeno in parte, rare varianti di codifica in percorsi che proteggono contro l'invecchiamento, compresi quelli che controllano la longevità in organismi modello.
Un risultato che secondo il ricercatore Zhengdong Zhang, che fa parte dello stesso team, oltre a chiarire che le «rare varianti genetiche influenzano l'aspettativa di vita di un individuo e costituiscono parte dell'architettura genetica della longevità umana» apre alla possibilità di sviluppare dei farmaci anti-aging ad ampio spettro che più che curare singole malattie vanno a colpire i meccanismi stessi dell'invecchiamento nel loro insieme, permettendo così un conseguente allungamento della vita.
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LO STUDIO DI BOLOGNA
A un risultato simile, era arrivato soltanto pochi mesi fa uno studio italiano, realizzato sotto la guidato dal professor Claudio Franceschi dell'Università di Bologna e pubblicato a maggio sulla rivista eLife.
Secondo quest' altro studio, che ha messo a confronto 81 super-centenari tra i 105 e i 110 anni con quello di un gruppo di controllo composto da persone tutte di sessantotto anni, è emerso che i primi presentavano delle varianti genetiche in sette geni chiave, che erano capaci di attivare degli efficienti meccanismi di riparazione del Dna ed evitare gli accumuli di errori che si formano con l'avanzare dell'età e che portano alla decadenza fisica e psichica.
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Tra questi geni, una delle principali azioni che riuscivano ad attivare è risultata quella di contrastare la proliferazione dei radicali liberi, considerato dagli esperti, uno dei principali nemici del Dna e tra i migliori alleati dell'invecchiamento.