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    LA FORTUNA È CIECA, MA LA SFIGA CI VEDE BENISSIMO – DI FRONTE AL CAMIONISTA CHE SUO MALGRADO TRAVOLGE ZANARDI O ALLA FAMIGLIA UCCISA DAL CORNICIONE SI FATICA A INDIVIDUARE I PILASTRI AI QUALI SI AFFIDA CHI CREDE NELL'ESISTENZA DI UN ORDINE LOGICO. NON SI VEDE L'ARBITRIO UMANO DI INDIRIZZARE LA PROPRIA SORTE NE' VOLONTÀ DIVINA CHE PIEGA LE COSE IN UNA DIREZIONE, POSSIBILMENTE A FIN DI BENE: APPARE SOLO L'IMPERVERSARE DEL CASO – LA TENTAZIONE SAREBBE DI CADERE IN UN RASSEGNATO FATALISMO, MA CI SI PUÒ SALVARE…


     
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    Gianluca Veneziani per "Libero Quotidiano"

     

    dio dadi caso dio dadi caso

    Siamo solo pedine nelle mani di un dio burlone, distratto, benigno o maligno, a seconda dei casi. Tasselli di un puzzle di cui fatichiamo a intravedere l'insieme, il disegno e il senso complessivo. Pezzi che possono essere tolti o mantenuti sulla plancia di gioco per puro accidente, in nome di un criterio imperscrutabile. Ce ne siamo accorti con evidenza durante l'emergenza Covid.

     

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    Non c'era una logica oggettiva per cui si veniva contagiati o meno, si contraeva il virus in modo più o meno grave, si sopravviveva o si crepava. Il discrimine tra la salute e la malattia, il contagio e l'immunità, tra la vita e la morte spesso non era dettato dall'efficacia delle cure, dalla tempestività dell'intervento medico, dall'imprudenza o dall'avvedutezza personale, ma da un unico aspetto: la Fortuna. Dipendeva da una botta di culo il fatto di ritrovarsi tra i sommersi o i salvati.

     

    ricostruzione incidente alex zanardi ricostruzione incidente alex zanardi

    Le cronache recenti ci hanno raccontato episodi che hanno fatto incrinare ulteriormente la nostra convinzione in un piano razionale della realtà. Un camionista procede sulla strada facendo come ogni giorno il suo lavoro e si ritrova, per dannata coincidenza, la handbike di Alex Zanardi sotto il suo automezzo. Lui seguiva la sua corsia, non andava a velocità esagerata, non aveva bevuto, non si era distratto, guidava con prudenza. Eppure è stato, suo malgrado, "causa" di un incidente, forse fatale.

     

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    E ancora: una donna si reca a un centro commerciale coi suoi figli. Dopo aver fatto la spesa, esce dal negozio e viene travolta, insieme ai bimbi, da un cornicione che li schiaccia uccidendoli. E che dire di quella donna in Alto Adige che fa un'escursione in montagna con marito e figli, prosegue in solitaria la camminata sul sentiero tracciato, senza azzardi, ma precipita in un fosso e muore?

     

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    Domande senza risposte In questi casi fatichi a individuare i pilastri ai quali si affida chi crede nell'esistenza di un ordine logico. Non vedi la Libertà, l'arbitrio umano di scegliere e indirizzare la propria sorte; non vedi un Destino, una volontà divina che piega le cose in una direzione, possibilmente a fin di bene; né vedi la forza della Necessità, il meccanismo deterministico in base al quale le cose non fanno che obbedire a regole certe. No, appare solo l'imperversare del Caso, il dominio dell'Imponderabile, se non addirittura dell'Assurdo.

     

    caso caso

    E vedi soprattutto una profonda mancanza di senso. A noi esseri in cerca continuamente di risposte viene naturale chiedersi: Perché loro? Perché così? Chi ha voluto ciò? Un recente e interessante libro, I dadi giocano a Dio? del matematico Ian Stewart, edito da Einaudi (pp. 320, euro 29), dimostra che l'incertezza è la fibra stessa della realtà, non una falla in un sistema per il resto ordinato e razionale. Stewart ci ricorda che «l'universo è intrinsecamente imprevedibile» e che «l'incertezza non è solo un segno di ignoranza umana; è ciò di cui è fatto il mondo».

    fato fato

     

    Ciononostante l'uomo da sempre prova ad addomesticare questa imprevedibilità, a rendere comprensibile, gestibile il Caos, affidandosi a realtà garanti di Certezza. All'alba dei tempi furono le divinità e i tentativi di scrutarne le volontà sia per giustificare i fatti già accaduti («lo hanno voluto gli dèi»), sia per anticipare eventi futuri; quindi fu la volta della Scienza, con la sua pretesa di esattezza e il suo sforzo di convincerci che tutto il Reale è Razionale e che il Cosmo può essere ingabbiato entro leggi non solo prevedibili, ma eterne e sempre uguali a se stesse.

     

    Nel Novecento tuttavia abbiamo assistito alla crisi dei fondamenti e degli assoluti, al venir meno delle basi su cui si reggeva la realtà e della mèta ultima a cui essa aspirava (la morte di Dio): tutte le certezze si sono incrinate, la scienza stessa si è dimostrata inattendibile di fronte a un mondo di per sé imprevedibile. Questo è valso anche per il macrocosmo (le leggi dell'universo) e per il microcosmo, dominio per eccellenza dell'Irrazionale (vedi gli approdi della meccanica quantistica). Così l'uomo si è ritrovato sospeso sull'orlo del Nulla.

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    Nondimeno, anziché rassegnarci all'Imponderabilità, abbiamo potenziato ulteriormente i sistemi di calcolo, investito in tecnologia e scienze "esatte", messo a punto strumenti avanzatissimi che possano decidere al posto nostro, e in modo certo, infallibile. Siamo così arrivati alla dittatura dell'Algoritmo, al mito dell'Intelligenza Artificiale, di cui ben racconta Renato de Rosa in un altro libro appena pubblicato, il romanzo Osvaldo, l'algoritmo di Dio (Carbonio, pp. 258, euro 16,50).

     

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    Da qui una nuova domanda di senso: forse Dio coincide con l'algoritmo? Forse Dio non gioca a dadi, come diceva Einstein, ma sono i dadi che giocano a fare Dio? Stewart ci dice di no: anche gli strumenti più avanzati, anche i modelli informatici più all'avanguardia non fanno che affidarsi a un calcolo (sebbene raffinato) delle probabilità. A ipotesi verosimili, non a certezze. Ad esempio, durante la crisi del Covid, le previsioni, gli algoritmi che dovevano illuminarci sull'andamento epidemiologico si sono mostrati contraddittori e quasi sempre sbagliati.

     

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    Il flusso degli eventi La tentazione facile, di fronte a questo scenario, sarebbe quella di cedere a un rassegnato fatalismo, a una disperata accettazione delle cose. Abbandonarsi al flusso degli eventi, come particelle impazzite. E insieme fare dell'Irresponsabilità il nostro dio, sapendo che nulla dipende da noi. Ma questa sarebbe un'abdicazione alla ragione stessa del nostro esseri umani. Viceversa, come argine alla disperazione, noi suggeriamo due metodi.

     

    Il primo è il principio del pessimismo della ragione e dell'ottimismo della volontà. Sappiamo di non poter gestire gli eventi, riconosciamo che l'Imponderabile può abbattersi da un momento all'altro sulle nostre vite, che non siamo in grado di regolare le leggi fisiche e metafisiche e gli imprevisti della Natura (vulcani, terremoti), della Finanza, della Malattia o della Guarigione.

     

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    Ma, con la consapevolezza della nostra impotenza, ci tocca comunque mantenere un rigore etico, preservare la libertà di orientare le proprie scelte private e pubbliche in base a un criterio di valore. Ci resta questo, come elemento insopprimibile, forse l'unica sfera che non potrà essere soggetta al Caso. La volontà o meno di amare, di tenere o buttare via una vita, di scegliere ciò in cui credere, ciò che è da difendere e custodire è un ambito tutto umano, che riguarda la nostra coscienza e ci permette di non vivere come automi, ma come creature senzienti, pensanti e volenti.

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