Rachele Ferrario* per Dagospia
*Storico e critico d’arte insegna Fenomenologia delle arti contemporanee e catalogazione e gestione degli archivi all’Accademia di belle arti di Brera, Milano.
VISCONTI CALLAS FOTO PATELLANI
Nel 1957 Luchino Visconti porta in scena alla Scala Anna Bolena di Donizetti; la voce è quella leggendaria di Maria Callas. Federico Patellani fotografa il maestro in camerino, mentre impartisce le ultime istruzioni alla cantante, o più probabilmente tenta di trasmetterle tranquillità e forza: la mano sinistra di Visconti è appoggiata al muro, la mano destra si adagia delicatamente sui capelli della Callas. Lei si sta dando il rossetto, appare molto concentrata su se stessa. Nello specchio compaiono entrambi i volti, con un effetto che a chiunque - ma in particolare a un artista spagnolo - ricorda l’immagine riflessa dei sovrani nel capolavoro di Velazquez, Las Meninas.
LAS MENINAS VELAZQUEZ
Quarant’anni dopo, alla fine del Novecento, un grande artista spagnolo, Juan Muñoz, si è impadronito della foto di Patellani. L’ha reinterpretata, rielaborata, moltiplicata, come Picasso aveva fatto proprio con Las Meninas, ma alla maniera semmai delle sequenze di un film neorealista. Una rilettura inquietante del tema eterno del pigmalione e della sua creatura, del regista e dell’attrice, del pittore e della modella, dell’uomo e della donna. Ora al lavoro di Muñoz sulla foto di Visconti con la Callas è dedicata la sala più riuscita e di maggior impatto emotivo della mostra allestita al Centro Botin di Santander (Juan Muñoz. Disegni 1982-2000).
juan munoz
Trasfigurato dall’artista, il gesto di Visconti diventa quasi un gesto di imposizione sessuale. La sua mano sembra divenire un artiglio, mentre l’unica traccia di colore è il rosso sangue del rossetto. Il volto di Visconti si deforma in un’espressione dura, e la sua mano ora sembra tirare i capelli della Callas, ora dà l’impressione di poggiarsi in modo autoritario sulla sua nuca (non è inutile ricordare che ad Anna Bolena fu tagliata la testa).
Lo specchio diventa il tramite per trasformare la realtà in fiction. E Muñoz – uno dei protagonisti della grande esplosione di libertà nella Spagna postfranchista, l’età degli Almodovar, dei Marias, dei Bigas Luna – rielabora un’immagine che a dispetto delle intenzioni di Visconti non ha nulla di rassicurante.
RACHELE FERRARIO
Quando Muñoz lascia Madrid, nel 1970, Franco è ancora saldo al potere e manda al muro gli oppositori. Muñoz va nella Londra di Gilbert&George e nella New York di Warhol, diventa amico di Richard Serra, si confronta con gli scultori emergenti sulla scena internazionale come Thomas Schuette e Katharina Fritsch; ma quando disegna il suo punto di riferimento resta Goya, e anche i volti di Visconti e della Callas si caricano di ombre come le pinturas negras del maestro.
Nell’ultima sala della mostra di Santander, Muñoz si ispira di nuovo all’Italia e rielabora le immagini della storica intervista di Pier Paolo Pasolini a Ezra Pound. Il pittore antifranchista si riconosce nell’immagine del vecchio poeta, si immagina già anziano e ritrae se stesso come un nuovo Pound. Eppure Muñoz non avrà il dono o la condanna della vecchiaia: un ictus lo ucciderà nel 2001, a 48 anni, proprio mentre alla Tate Modern di Londra è in corso la mostra che lo consacrerà come una delle voci più potenti del suo tempo.
MUNOZ CENTRO BOTIN 5
rachele ferrario
MUNOZ CENTRO BOTIN MUNOZ