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    SALUTAME 'A SORCANERA - LA GANG DI RAPINATORI CAPITANATA DA “ER GNAPPA” (EX BANDA DELLA MAGLIANA) TENTAVA DI NEUTRALIZZARE LE INTERCETTAZIONI USANDO SOPRANNOMI E FRASI IN CODICE - “LAVANDINO”, “ER PICONE”, “SCHELETRONE” E COMPANY SONO FINITI IN MANETTE LO STESSO: CHIAMARE LA PISTOLA “FERRO” NON E’ BASTATO…


     
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    Fabrizio Peronaci per il ''Corriere della Sera - Roma'' 

     

    ARRESTO ER GNAPPA RIDE ARRESTO ER GNAPPA RIDE

    Un tempo c’erano quelli dal nome minaccioso: «Er Negro», «il killer», «Marcellone», «Zanzarone», «er Camaleonte», «L’Accattone». Con un’eccezione: «Renatino», nome gentile per ribattezzare il più temuto dei boss, Enrico De Pedis.

     

    Se capi e sottopancia della banda della Magliana avevano conti in sospeso, il romanesco rendeva bene l’idea: «Bada che te sparecchio la faccia». Oppure: «Te ciancico e poi te sputo». O ancora: «Te apro come ‘n divano letto». Il dialetto: un modo d’essere della «mala» all’ombra del Cupolone.

     

    ER GNAPPA ER GNAPPA

    Ieri come oggi: perché adesso, all’indomani dall’arresto del «Gnappa», al secolo Manlio Vitale, 67 anni, il boss delle rapine in appartamento e del traffico di Rolex, sospettato di entrature in ambienti politici, il vernacolo si conferma un «marchio doc» tra i malacarne della capitale.

     

    Le 360 pagine di ordinanza che motivano l’arresto dei 24 elementi della gang danno uno spaccato aggiornato anche rispetto alla generazione di mezzo, quella degli anni Novanta dai nomi fantasiosi e irriverenti, «Biaggetto», «Baficchio», «Sorcanera»...

     

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    Rolex da «mezza piotta»

    Intanto, è pienamente confermato l’uso del soprannome: non c’è boss, luogotenente o mezzacalza che non abbia un nickname. Solo così, d’altra parte, gli «zazzamarri» (leggi: gli addetti alle intercettazioni telefoniche) vengono messi fuori gioco.

     

    Gli scagnozzi del «Gnappa» – che, sorpresa, non ha a che fare con la bassa statura, e lo vedremo… – venivano chiamati in più modi: il suo braccio destro, Rodolfo Fusco, detto «il ciccione» per via della stazza, risultava identificabile anche come «er Lavandino», appellativo perfetto per dire: tranquilli, ingoia tutto. Ci si può fidare.

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    Poi c’erano «er Vecchio», alias Luciano Cerchi, l’esecutore del sequestro di persona in casa di un dentista, che dall’alto dei suoi 62 anni pensava di farla franca usando il cellulare di un bengalese, «lo Spilungone», Massimo Di Stefano, implicato nel colpo alla sala bingo «Rouge et Noir», e «Scheletrone», al secolo Sandro Dari, magro da far paura ma anche piuttosto cattivo, tanto che in vista della rapina da un medico in viale Medaglie d’Oro così si esprimeva: «Domani lo torturo proprio, er ferruccio non serve...»

    ARRESTO ER GNAPPA ARRESTO ER GNAPPA

     

    Macché, «il ferro serve, ahò», gli ribatteva spiccio «Lavandino», alludendo alla pistola, salvo poi ripetergli la lezione, «bada, troverai la cassaforte, questo è un uomo... un frocio... capito come... un frocio pieno di roba... c’ha venti pezzi, orologi da mezza piotta, mica stiamo a gioca’, eh!».

     

    Il cognato-spia

    I modi di dire criptici e convenzionali sono un altro «must» di qualsiasi «batteria» criminale. Oltre al «ferro», nomignolo storico dei revolver con matricola abrasa, molti altri sinonimi o giri di parole puntavano (invano) a fare fesso il maresciallo in ascolto:

     

    ecco quindi spuntare, negli atti sul «Gnappa», inviti incalzanti «a vedesse davanti ar cinema» (in realtà la sala-bingo da rapinare) oppure appuntamenti «dar commercialista, che è fuori», per intendere gli appartamenti nel mirino. New entry assoluta: «er picone».

     

    BANDA DELLA MAGLIANA BANDA DELLA MAGLIANA

    «M’ha chiamato Lavandino - diceva al telefono Maria Angela Luppino, donna di uno degli arrestati - perché gli dovevo fare una fotocopia di quell’altro con la foto che ci doveva mettere la sua...» Che? «Picone! Ah ah!», ribatteva lei tutta allegra, riferendosi ai falsi tesserini di polizia con i quali ingannare le vittime.

     

    Finito? Non ancora: Vittorino Cecchini, cognato dei proprietari di una casa da svaligiare in via Tor di Nona, nell’accordarsi con i complici testualmente diceva «alle cinque e mezza, massimo sei andiamo tutti al ristorante», idea non brillantissima, considerata l’ora incongrua, per sviare il solito maresciallo. E poi insisteva: «Prima andiamo a messa ai Castelli, infine a mangiare...

    larresto di Maurizio Abbatino larresto di Maurizio Abbatino

     

    Se organizzata bene è una bella serata, no?». «Si, avoja!», gli rispondeva giulivo il complice. Quelli del «Gnappa» erano fatti così: non guardavano in faccia nessuno. Un giovanotto di 34 anni finito ai domiciliari, tal Samuele Paciullo, al telefono trattava suo padre come una «pezza da piedi», per dirla alla romanesca: «Sì, dipende....», tentennava il genitore. «Non dipende da un c....! Quello che ti ho detto, papà, lo vuoi fare o no?»

     

    Le «tastatine» alle signore

    E lui, Manlio Vitale? Attenzione, sorpresa: non è poi tanto basso. «Pronto? Parla ‘n amico. La smetti di scrive’ che è piccoletto? E’ alto uno e 75, ti pare un nano?» La rivelazione arriva da piazza Lotto, zona Tor Marancia. Il sodale, preceduto da una e-mail con il mittente schermato, al telefono ha voglia di chiarire, di salvare la rispettabilità del capo:

    statue di membri della banda della magliana all\'eur statue di membri della banda della magliana all\'eur

     

    «Voi giornalisti dovete finirla di prenderlo per il c... - sibila - Noi lo chiamamo er Gnappa per complimento, perché gli so’ sempre piaciute le donne. Andò così: quand’era ragazzino, c’avrà avuto otto o nove anni, toccava il sedere alle signore del quartiere e loro si facevano sentì. ‘Gnappe’, tieni le mani a posto!’, gli gridavano a suon di scappellotti...».

     

    Un mito, «er Gnappa». Ma ora pare proprio finita. «Poraccio, l’hanno addobbato per bene - prevede l’amico anonimo, con voce colma di rimpianto - stavolta mi sa che davero buttano la chiave...»

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