Luca Fazzo per “il Giornale”
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Buoni i dolci di Moquega, la piccola città peruviana sulle pendici delle Ande, un'oasi di verde in una valle arida. Ma stavolta il libro con la raccolta di ricette dei Duces de Moquega aveva un ingrediente non previsto dalla tradizione: la coca. Coca liquida di alta qualità, in cui le pagine del libro di ricette tipiche - e così pure di altri libri, di giornali, di riviste - venivano messe a bagno fino ad assorbire tutta la droga. E la piccola biblioteca viaggiava così incolume dal Sudamerica all' Italia. Destinazione Milano, la città della movida interrotta e degli affari H24, una delle più importanti piazze di consumo di «polvere» di tutta Europa.
Qui, alle porte del capoluogo era stata installata una raffineria, su una ambulanza, per riportare la coca allo stato solido, pronta per venire tagliata, confezionata, avviata sul mercato. Dietro c' è uno dei cartelli di produttori ed esportatori più attivi del Perù.
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Con l'Italia hanno da sempre canali privilegiati, grazie ai contatti con la malavita italiana e con quella milanese: ed un italiano di 53 anni, conoscenza di lungo corso degli uffici giudiziari, è insieme ai peruviani quando mercoledì scorso, a Trezzano sul Naviglio in un capannone adibito a officina, scatta l' irruzione della finanza di Pavia e dei carabinieri di Ivrea. L'italiano si chiama Giuseppe Annuzzo, milanese, una sfilza di precedenti alle spalle.
Con lui ci sono 4 peruviani. Nell' officina, c' è il laboratorio. Nel portafoglio di uno dei fermati, la formula chimica per riportare la cocaina a polvere. Due dei peruviani sono dei «contadini»: si chiamavano così, negli anni Ottanta, i chimici autodidatti, in genere turchi o asiatici, che a Milano insegnavano ai clan italiani i trucchi della raffinazione. A volte accadeva che, dopo avere imparato la lezione, gli italiani li eliminassero senza troppi complimenti.
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Stavolta i chimici non sono liberi professionisti: sono emissari anche loro dei cartelli peruviani cui da mesi la guardia di finanza di Pavia dà la caccia. A giugno ne aveva arrestati un bel gruppo, e il sistema usato per importare la cocaina in Italia aveva scandalizzato anche investigatori: la droga era nel bagaglio a mano di una bambina di 11 anni, fatta partire dal Perù verso Milano come «minore non accompagnata», affidata alle hostess.
La droga era nascosta nelle icone votive affidate alla piccola. Ma la fantasia del cartello peruviana non sembra conoscere limiti. Nelle indagini culminate nel bliz di mercoledì, coordinate dal pm Marcello Musso, le fiamme gialle hanno dovuto fare i conti con una tecnica decisamente avanzata, e a prova di sequestro: la fusione della cocaina come componente di oggetti di uso comune.
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I trolley, per esempio, non contenevano più la cocaina: erano essi stessi la cocaina, divenuto un componente dei suoi elementi in plastica e destinata ad essere scissa e recuperata in laboratorio. Stesso sistema anche con le riviste e i libri. Gli emissari del «cartello» erano però sotto il tiro di Finanza e carabinieri. Così quando verso le 16 di mercoledì uno dei peruviani è arrivato nel capannone di Trezzano ci si è preparati all' irruzione, che è scattata quando nell' officina è arrivato anche Annuzzo alla guida di un' ambulanza della Croce Oro. A bordo c' era tutto il necessario per la raffineria.