Lorenzo Nicolao per corriere.it
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C’era anche lui in collegamento da remoto con il socio di maggioranza iraniano Farhad Moshiri per confrontarsi con il probabile futuro allenatore dell’Everton Frank Lampard. Alisher Usmanov possiede tuttora quote importanti nella squadra di calcio inglese, ma in queste stesse ore quanto sta accadendo in Ucraina si è riflettuto pesantemente sulla sua posizione, con il congelamento dei suoi beni così come di quelli di tutti gli altri oligarchi vicini a Putin.
Proprio oggi Forbes ha dato notizia che, ad Amburgo, gli è stato sequestrato lo yacht Dilbar, un’imbarcazione di 156 metri, dal valore di 600 milioni di dollari (537 milioni di euro), acquistata nel 2016 da un costruttore tedesco, e che in genere viene gestita da un equipaggio di 96 persone.
Usmanov rientra tra gli oligarchi che giocano un ruolo chiave per le aziende europee, tra queste le squadre di calcio. Stando a quanto rivela il quotidiano inglese Telegraph, la sua partecipazione alle decisioni sulla futura guida tecnica dell’Everton adesso fa storcere il naso a molti Oltremanica: non mancano gli imbarazzi tanto che il club ha deciso di interrompere le sponsorizzazioni con tutte le aziende russe. «Tutti all’Everton sono scioccati e rattristati dagli eventi spaventosi che si stanno svolgendo in Ucraina – si legge nella nota ufficiale —. Questa tragica situazione deve finire al più presto e ogni ulteriore perdita di vite umane deve essere evitata. I giocatori, lo staff tecnico e tutti coloro che lavorano all’Everton stanno fornendo pieno supporto al nostro giocatore Vitalii Mykolenko e alla sua famiglia e continueranno a farlo. Il Club può confermare di aver sospeso con effetto immediato tutti gli accordi di sponsorizzazione commerciale con le società russe USM, Megafon e Yota».
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Per quanto non fosse il principale proprietario della squadra (il nipote Sarvar ne è stato direttore, ma si è dimesso nel 2018 per motivi di salute), Usmanov aveva appena investito oltre 36 milioni di euro per la costruzione del nuovo stadio dei Toffees, oltre alla denominazione del loro centro di allenamento con il titolo di una delle sue aziende. Questi sono solo gli ultimi di tanti investimenti a favore della società.
Usmanov è da tempo oggetto di critiche in Inghilterra per la sua simpatia nei confronti del capo del Cremlino. Aveva detto in passato «di essere orgoglioso della sua amicizia, per quanto la figura del presidente russo non potesse piacere a tutti». Ora meno che mai, nonostante l’oligarca 69enne di origini uzbeke si sia per anni distinto come imprenditore e uomo di sport, soprattutto in Europa. Conosciuto come filantropo, si è distinto come leader dell’industria pesante (è socio di maggioranza del gigante Metalloinvest), delle telecomunicazioni e del settore informatico in Russia, poi come direttore generale di Gazprom Invest e come dirigente sportivo, forte dei suoi 20 miliardi di euro di patrimonio netto (stima di Forbes).
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Nel 2018 aveva venduto delle quote dell’Arsenal, circa il 30% della società, mentre ha mantenuto fino ad oggi quelle dell’Everton, rilevate nel 2019. Il Times ha ricordato come l’oligarca cercasse in ogni modo di conquistare la simpatia dei media inglesi, perfino invitando i giornalisti sul suo jet privato per raccontare loro le prospettive dei suoi investimenti nel Regno Unito.
Dimissioni nella scherma
Ben più forte la sua influenza sulla scherma mondiale, dal momento che l’imprenditore ne è presidente dal 2008, per un totale di quattro mandati, fino alle dimissioni di questi giorni dettate dall’aggravarsi del conflitto. Nel corso di tre cicli olimpici, Usmanov ha investito nella Federazione Internazionale (Fie) oltre 77 milioni di euro, permettendo al movimento della disciplina di crescere notevolmente negli ultimi anni. Una dedizione costante al mondo dello sport che gli ha permesso di prendere parte al comitato olimpico che ha organizzato i Giochi invernali di Sochi nel 2014. «Ho scelto di sospendere l’esercizio delle mie funzioni con effetto immediato fino al ripristino della giustizia», aveva detto motivando la scelta presa dopo l’imposizione delle sanzioni. «Reputo le restrizioni ingiuste per come mi sono comportato fino ad ora, soprattutto perché motivate da un insieme di accuse false e diffamatorie che ledono il mio onore».
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Confermata la cittadinanza sarda
La figura dell’oligarca viene vista con sospetto in Inghilterra, ma non manca chi in Italia ne ha apprezzato le iniziative, al di là di ogni legame con il Cremlino. Nel 2017 ha ricevuto dal Presidente Sergio Mattarella l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana per alcuni progetti di restauro dei monumenti architettonici.
Poi tante iniziative di solidarietà e sostegno al terzo settore in Sardegna, regione alla quale Usmanov aveva donato molti fondi, anche durante la pandemia. Già nel 2018 gli era stata riconosciuta la cittadinanza onoraria del comune sardo di Arzachena, nella Costa Smeralda, anche per la donazione di un’ambulanza e altri strumenti all’ospedale cittadino. I russi che vanno in vacanza in quest’isola italiana sono tantissimi e anche lo stesso Roman Abramovich ne è un frequentatore abituale. Nonostante le misure punitive adottate dall’Unione europea, il sindaco locale ha dichiarato di non voler rimuovere la cittadinanza all’oligarca uzbeko. «Confidiamo che la sua posizione possa giocare un ruolo rilevante all’interno dei negoziati di pace». Queste le speranze del primo cittadino di Arzachena.
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Dagotraduzione da Forbes
Lo yacht Dilbar di Alisher Usmanov
Il miliardario russo Alisher Usmanov è stato sanzionato lunedì dall'Unione Europea. Due giorni dopo, Forbes ha appreso da tre fonti nel settore degli yacht che uno dei suoi preziosi beni, lo yacht Dilbar di 156 metri, del valore di quasi 600 milioni di dollari, è stato sequestrato dalle autorità tedesche nella città settentrionale di Amburgo.
La nave era nei cantieri navali di Amburgo della ditta tedesca di costruzioni navali Blohm+Voss dalla fine di ottobre per un lavoro di refitting. Fonti che hanno parlato con Forbes hanno affermato che il governo tedesco ha congelato la risorsa e che, probabilmente di conseguenza, i dipendenti Blohm+Voss che avevano lavorato sullo yacht non si sono presentati al lavoro mercoledì. I rappresentanti di Blohm+Voss e Usmanov non hanno risposto immediatamente a una richiesta di commento.
lo yacht di alishar usmanov
Usmanov ha acquistato Dilbar nel 2016 per un costo dichiarato di 600 milioni di dollari dal costruttore navale tedesco Lürssen, che lo ha fabbricato su misura per lui in 52 mesi. L'azienda lo definisce «uno degli yacht più complessi e impegnativi mai costruiti, sia in termini di dimensioni che di tecnologia». Con 15.917 tonnellate, è lo yacht a motore più grande del mondo per stazza lorda ed è tipicamente presidiato da un equipaggio di 96 persone. Dilbar vanta la più grande piscina mai installata su uno yacht, oltre a due elicotteri, una sauna, un salone di bellezza e una palestra. I suoi interni lussuosi hanno più di 1.000 cuscini per divani e può ospitare fino a 24 persone in 12 suite.
la villa in sardegna di alishar usmanov
Lo yacht fa parte della fortuna multimiliardaria stimata di Usmanov, che comprende partecipazioni nel gigante del minerale di ferro e dell'acciaio Metalloinvest e nella società di elettronica di consumo Xiaomi, oltre a partecipazioni minori nel settore delle telecomunicazioni, minerario e dei media. Usmanov, uno dei primi investitori in Facebook insieme al collega miliardario Yuri Milner, possiede anche vasti beni immobiliari in Occidente, che vanno da due proprietà nel Regno Unito, Beechwood House a Londra e Sutton Place nel Surrey, per un valore complessivo di 280 milioni di dollari, dino alle case di lusso a Monaco di Baviera, in Germania; Losanna, Svizzera; Monaco; e Sardegna.
alishar usmanov cittadino onorario di arzachena
Usmanov ha venduto la sua quota del 30% nella squadra di calcio inglese dell'Arsenal FC nel 2018 per quasi 700 milioni di dollari in contanti, ma fino a questa settimana aveva legami con il calcio attraverso le sue partecipazioni USM e le sponsorizzazioni MegaFon dell'Everton FC. La squadra della Premier League ha dichiarato mercoledì che avrebbe sospeso gli accordi alla luce dell'attacco russo all'Ucraina.
Non è l'unico miliardario russo con un megayacht: Forbes e gli esperti di valutazione degli yacht VesselsValue ne hanno rintracciati 32. Nonostante lunedì sia stato colpito dalle sanzioni dell'UE, Usmanov deve ancora commentarle così come non si espresso sulla guerra in Ucraina.
alisher usmanov
Alessandro Logroscino per Ansa
La caccia in Occidente agli oligarchi del business russo, e alle fortune prosperate o conservate all'ombra del putinismo, diventa senza quartiere. L'invasione dell'Ucraina ordinata da Vladimir Putin minaccia ormai di fare terra bruciata attorno a loro, quale che sia l'influenza sul leader del Cremlino; e non risparmia neppure Aleksei Mordashov, 56 anni, accreditato da Forbes nel 2021 come l'uomo più ricco di Russia - con un patrimonio stimato a oltre 29 miliardi di dollari, il quadruplo di Silvio Berlusconi e 13 volte John Elkann per avere qualche termine di paragone - preso di mira da una nuova raffica di sanzioni firmate Ue.
L'obiettivo di Bruxelles, come di Washington o di Londra, appare evidente al di là della sovrapposizione non ancora piena delle differenti liste di proscrizione: non solo e non tanto mettere sotto tiro proprietà da mille una notte, yacht, beni vari e conti bancari custoditi all'estero dalle elite moscovite, dopo anni in cui tutto questo flusso di denaro era stato accolto senza troppi filtri; bensì soprattutto usare le sanzioni come una sorta di leva politica.
lady m yacht di mordashov
Una leva che si vorrebbe in grado di contribuire a destabilizzare presto o tardi il sistema di potere che da 20 anni ruota attorno a Vladimir Vladimirovic. Se non lo zar in persona e il suo cerchio magico più stretto. In questo senso il nome di Mordashov ha un peso simbolico. Un avvertimento: la conferma che nessuno, per florido che sia, è più al sicuro. In ballo nel suo caso ci sono interessi tentacolari, che dalla Russia si allungano all'Europa continentale e al Regno Unito.
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Nato in una famiglia operaia della regione di Vologda ed emerso dal nulla come altri nel far west delle privatizzazioni degli anni '90 fino a farsi padrone dei ciclopici impianti siderurgici targati ora Severstal, nel Grande Nord, Aleksei Alekstandrovic è oggi un modello di businessman globalizzato. Uno dei re dell'acciaio a livello planetario, ma non solo. È di casa nella City; ha rilevato in Germania in piena pandemia quasi il 35% del colosso turistico internazionale Tui divenendone il maggior azionista; possiede giacimenti d'oro; fa affari in India e Cina; viaggia su un jet privato Bombardier Global 6000 tracciato di recente in volo fra Londra e Pechino e poi fra le Seychelles e Mosca.
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E naturalmente ha il suo bel panfilo da favola, il Nord, 144 metri di lunghezza, mandato secondo il Guardian a svernare fuori tiro nell'Oceano Indiano. In Italia ha una villa in Sardegna e una quindicina di anni orsono fu protagonista dell'acquisizione delle storiche acciaierie bresciane del Gruppo Lucchini, alla fine liquidato.
L'Unione Europea lo ha inserito nella sua black list per le quote che detiene in seno a Rossiya Bank, additata come 'la banca personale' di molti papaveri della nomenklatura che avrebbero beneficiato dell'annessione della Crimea. Lui si difende affermando di non avere "assolutamente nulla a che fare" con quella che definisce "l'attuale tensione geopolitica", giurando di non volere la guerra ("una tragedia fra due popoli fratelli") e deplorando le sofferenze e la morte di tanti "ucraini e russi".
Ma oggi ha dovuto dimettersi dal consiglio di amministrazione di Tui Ag, come annunciato dai vertici societari del mega tour operator tedesco. E le sue quote, con un valore di mercato di poco inferiore agli 1,2 miliardi di euro, sono state congelate. A Londra, per il momento, non è nel novero dei sanzionati. Ma le conseguenze sembrano inevitabili.
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Tanto più che il governo Tory di Boris Johnson, già in prima fila sul fronte della linea dura della rappresaglia anti Mosca e degli aiuti militari a Kiev, si appresta ad ampliare ulteriormente le ritorsioni senza precedenti adottate per la propria parte: promettendo persino - in nome della "trasparenza" - la pubblicazione di un inedito elenco collettivo d'individui e aziende "associate" a qualsiasi titolo al "regime di Putin" nel Regno.
Anche sotto la spinta di un'opposizione laburista che insiste a sfidarlo a intensificare la pressione proprio sui miliardari o gli ex notabili russi più radicati oltre Manica, come il magnate uzbeko-moscovita Aliser Usmanov, il banchiere benefattore della comunità ebraica Mikhail Fridman o l'ex vicepremier Igor Shuvalov.
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E come il patron del Chelsea, Roman Abramovich, in apparenza deciso ormai, volente o nolente, a mollare definitivamente l'isola e a vendere tutto ciò che ha accumulato qui: anche se non gli sarà facile incassare i 3,3 miliardi di sterline che, a dar retta ai tabloid, ha fissato come prezzo-base della sola squadra di calcio.
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aleksei a. mordashov e vladimir putin