Irene Famà per www.lastampa.it
silvia vada
«Ho sempre pensato che la giustizia arriva, anche se lentamente. Busso alla porta delle persone per raccontare le loro storie e nella giustizia consiglio di riporre fiducia. Poi è toccato a me e ho dovuto ricredermi». Parole amare quelle di Silvia Vada. Giornalista televisiva, questa volta vuole raccontare la sua vicenda. Una questione privata, il matrimonio con l'imprenditore David Gallina, finita in procura. Con denunce di maltrattamenti e stalking, archiviazioni e ora un processo per violazione di corrispondenza e falsificazione di email. Sette anni dopo i fatti contestati. La prescrizione, va da sé, è cosa scontata.
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«Sa come ha esordito ieri in aula la giudice? Con una serie di domande: "Cosa volete dopo tutto questo tempo? Possibile che non si possa trovare un accordo?". Mi sono sentita sconfitta, impotente, delusa. È così strano? Così difficile da capire? Voglio giustizia. Dopo tutti questi anni mi pare evidente che la mia è una speranza vana. A prescindere dall'esito, mi sono sentita presa in giro».
Silvia Vada e David Gallina iniziano a frequentarsi nel 2003, nel 2009 si sposano. «L'ho amato tantissimo e il sentimento è stato reciproco». Una «favola», dice. Che poi si sarebbe trasformata nel suo opposto. «Nel 2015 scopro situazioni spiacevoli». Non entra nel dettaglio. «Sarebbe cattiveria gratuita. Ma una cosa è certa: non potevo continuare quel matrimonio». Iniziano le pratiche per la separazione.
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E messaggi e telefonate che lei definisce «ossessive. Ovunque andassi, me lo ritrovavo davanti. Sapeva sempre dov' ero, in qualsiasi momento. Andavo dal parrucchiere e mi arrivava un sms: "Visto che sei lì, prendi un appuntamento anche per me". In auto diretta a Carmagnola? Il messaggio tempestivo: "Guarda che hai sbagliato strada". Ero arrivata a pensare che mi avesse fatta seguire.
Non so, un investigatore privato. Ad un certo punto ho anche creduto di essere diventata matta». Silvia Vada si rivolge ai carabinieri. «C'era un gps sotto la mia auto». I fatti si susseguono, si intrecciano. «David mi mostra un'email». Il contenuto? «Non hai accettato la mia proposta e te ne pentirai amaramente. Ti farò vergognare con i tuoi amici, ti prenderò tutti i soldi». Vada è netta: «Quell'email non l'ho mai scritta. È un falso».
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Altra denuncia, all'origine del processo in corso. L'accusa di maltrattamenti è stata archiviata nel 2016. Si parla di strumentalizzazione del processo penale, di un clima di conflittualità familiare.
«Non sono stata creduta. Doloroso, già di per sé. Ma ci sono aspetti che hanno fatto più male di altri». Quali? «Vado a un festa e vedo il magistrato che si stava occupando della vicenda al tavolo con la famiglia del mio ex marito. Solo dopo ha chiesto di essere sostituito». Il pm cambia. Nel 2021 una seconda archiviazione, questa volta per il reato di stalking.
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Non ci sono elementi per procedere. «Hanno pensato che strumentalizzassi la situazione. Non è vero. E quell'email, che mi ha dipinta come una donna avida e potente, non l'ho mai scritta. È un falso». La vicenda ieri è approdata in aula. «Troppo tardi. Sarà tutto prescritto nel 2023. Che senso ha avuto affrontare tutto questo? Mi ripeto, ma è fondamentale. A prescindere dall'esito, è stata una presa in giro. Non divertente, ma dolorosa. Sono arrivata a pesare 55 chili».
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Lungaggini e incuria. L'ha ribadito in aula anche la giudice. E su questo sono d'accordo entrambe le parti. La legale dell'imputato, l'avvocata Mariateresa Pizzo, definisce la situazione «kafkiana. Sono passati più di 7 anni anche per il mio assistito. Tanti anche per lui che ora è finito sotto processo per fatti che sono già stati esaminati. Per fatti per cui è già stato indagato e archiviato». La prescrizione? «È un proscioglimento procedurale. Non un'assoluzione. Lascia l'amaro in bocca».
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L'avvocato Claudio Strata, che rappresenta Silvia Vada, è netto: «Una sconfitta per la giustizia e per le parti, indipendentemente da chi ha ragione e chi ha torto. Tra i due però chi ci rimette è chi, in ipotesi di accusa, ha subito il reato e ha già pagato le conseguenze». Storie come questa sono delicate. Ci sono gli aspetti giuridici e il privato delle persone. Intrecciati. «Mai più credevo sarebbe toccato a me. Tempi così lunghi sono un fallimento per tutti. Voglio ribadirlo, anche e sopratutto per quelle donne che subiscono in silenzio e non hanno le mie possibilità».
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