1. L’ESENZIONE DI DJOKOVIC
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Mentre la bufera sulla licenza che permetterà a Djokovic di partecipare agli Australian Open da non vaccinato – giustamente – impazzano, tocca agli organi di controllo australiano tentare di spiegare come sia possibile che il tennista numero uno al mondo possa godere dell’esenzione. In un comunicato ufficiale, Tennis Australia ha spiegato che l’iter prevedeva due passaggi.
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Le richieste di esenzione medica (ne hanno ricevute 26, ma non si sa quante ne hanno accolte) sono state esaminate dal Dipartimento della Salute del Victoria secondo le linee guida ATAGI, spiega Riccardo Bisti su Tennis Magazine. Dopodiché, sono state inviate a un altro team medico, stabilito dal governo, l’Independent Medical Exemption Review Panel.
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“Non commento il caso specifico, ma posso dire che la maggior parte delle richieste di esenzione sono arrivate da chi ha avuto il COVID di recente – ha spiegato Carolyn Broderyck, responsabile medico di Tennis Australia – è normale, vista la diffusione della variante omicron”.
Ma soprattutto Broderyck dice un’altra cosa: “In alcuni casi hanno richiesto ulteriori informazioni, ma non ci sono stati contatti diretti con chi ha presentato le richieste. Osservavano i sigilli ufficiali sui documenti, ma non facevano attività di intelligence. Alcuni documenti erano formali rapporti di laboratorio.
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Per questo abbiano nominato esperti di immunologia, malattie infettive e medicina generale. Gli esaminatori non sapevano nemmeno se le richieste fossero di giocatori o di membri dei vari staff. La documentazione era completamente anonima: erano oscurati anche il Paese di provenienza e l’età del richiedente, salvi i casi in cui era un dettaglio importante”.
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Soltanto dopo la decisione, i nomi degli esentati sono stati svelati perché dovevano essere inseriti nell’Australian Immunization Register.
Craig Tiley, il direttore degli Australian Open ha commentato la spiacevole situazione così: “Non c’è stato alcun trattamento di favore chi non ha rispettato le linee guida ha visto respingersi la richiesta. Molti non lo hanno fatto, ma se una richiesta rispettava i requisiti… posso aggiungere che siamo andati oltre i normali requisiti australiani per garantire l’ingresso nel Paese ai non vaccinati. Il processo è stato molto chiaro, anche se comprendiamo chi è sconvolto, specie dopo alcune affermazioni passate di Djokovic. Detto questo, sarà lui a dover eventualmente spiegare perché ha ottenuto l’esenzione”.
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2. CROSETTI SU DJOKOVIC
“Che figura terribile, che racchettata sui piedi: il diritto va a rovescio”.
Su Repubblica, Maurizio Crosetti commenta il caso Djokovic: ieri il tennista ha annunciato che giocherà gli Australian Open in virtù di una deroga che gli consente di non vaccinarsi.
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“La “giustifica” per Novak Djokovic è uno sputo in faccia al principio dal quale discende l’intera storia dello sport, ma anche del nostro quotidiano vivere insieme: le regole sono uguali per tutti, però c’è sempre qualcuno più uguale degli altri”.
Il messaggio che arriva al pubblico, continua, “è tremendo e molto pericoloso”. La sua presenza in Australia “è un’offesa per gli altri atleti e per tutti coloro che hanno seguito le procedure di vaccinazione e quarantena, ed è anche un clamoroso manifesto No Vax”.
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Proprio l’Australia, che ha tenuto chiuse le frontiere per 18 mesi e vietato i voli, ora spalanca le porte “a sua maestà”, concedendogli pure di togliersi la mascherina.
“La maschera, almeno quella è caduta: adesso sappiamo che Djokovic non ha mai avuto la minima intenzione di vaccinarsi, anche se non lo aveva mai ammesso. Giocando questa partita tutta sua, permessa da qualcuno, il campione ha preso a racchettate anche la propria immagine, il danno sarà enorme, altro che più grande tennista di tutti i tempi”.
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Resta solo una speranza, conclude Crosetti, anzi, forse un’illusione.
“Che cioè il primo avversario sorteggiato per affrontare Djokovic a Melbourne, e poi il secondo e magari il terzo, vadano in campo, si avvicinino al serbo, gli facciano un bel sorriso e gli dicano: ehi Nole, ciao, questa è la pallina, questa è la racchetta, adesso gioca un po’ da solo“.
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3. I GIOCATORI NO VAX OLTRE QUOTA 4%
Benedetto Saccà per il Messaggero
Fosse solo Novak Djokovic. E invece. Pure i giocatori di Serie A sono no vax meno di trenta ma più di venti, tanto per avere un'idea delle proporzioni. Considerando che i calciatori del campionato italiano sono nel complesso 572, la porzione dei contrari alle vaccinazioni supera la quota del quattro per cento 4,37%, per l'esattezza.
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E adesso lo scenario potrebbe cambiare. Perché, in queste ore, il governo valuta l'ipotesi di varare il decreto relativo al Super Green pass per i lavoratori, anche se il provvedimento riguarderebbe solamente gli over 60. Ovvero. Le persone con più di 60 anni potrebbero lavorare soltanto con il Green pass (per così dire) rafforzato: vale a dire con la certificazione rilasciata solo ai vaccinati e ai guariti dal Covid il tampone sarà inutile.
Il quadro è in evoluzione e decisiva sarà la giornata di oggi. Il problema galleggia sulla superficie e allarga crepe lungo i muri delle certezze dei club.
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L'OPERA DI CONVINCIMENTO
D'altronde i calciatori sono lavoratori certo particolari, strapagati, anomali e atipici, però comunque lavoratori. Per cui: se il decreto fosse approvato e in campo come in ufficio si potesse entrare soltanto con il Super Green pass, anche i calciatori dovrebbero adeguarsi. Tutti. Così i 25 no vax della Serie A sarebbero posti davanti al bivio costituito dalla possibilità di vaccinarsi e dal divieto di giocare.
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Pfizer o Moderna oppure niente campo, ecco la possibile sintesi. Come si può intuire facilmente, saltare l'ostacolo non sarebbe una passeggiatina di salute. Spetterebbe alle società tentare di smussare gli angoli di una situazione spiacevole. Di clamorose giravolte non è piena la speranza dei club.
Tanto che, giusto per fare un esempio, il no vax della Roma il cui nome è coperto dalle norme sulla privacy ha lasciato intendere che chiederebbe la cessione se non potesse scendere in campo per via del decreto. Come detto, comunque, l'orientamento del governo è di comprendere e contemplare solo i nati dopo il 1962. E non basta.
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L'approvazione erga omnes del decreto si riverbererebbe non soltanto sul campionato italiano, ma pure sulle coppe europee. Bisogna immaginare un turno di Champions o di Europa League (o di Conference), per tacere della partita del 24 marzo dei playoff per i Mondiali tra l'Italia e la Macedonia a Palermo: per poter giocare i calciatori delle due squadre sarebbero obbligati a mostrare tutti il certificato di avvenuta guarigione o di vaccinazione.
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Difficile? Difficilissimo. Anzi: quasi impossibile. E ove mai il calciatore si fosse immunizzato con lo Sputnik o con un vaccino non riconosciuto dall'Unione europea non potrebbe comunque scendere in campo in Italia. Scenari davvero poco probabili.