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    1971, PINK FLOYD A POMPEI - LA STORIA RACCONTATA DAL REGISTA ADRIAN MABEN: “NOI VOLEVAMO FARE L’ANTI-WOODSTOCK. SE NEL FILM DEL GRANDE CONCERTO AMERICANO IL PUBBLICO ERA PROTAGONISTA, NOI ABBIAMO FATTO UN FILM SENZA PUBBLICO. IL GRUPPO HA SUONATO PER GLI SPIRITI MORTI” (VIDEO)


     
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    Piero Negri per “la Stampa”

    PINK FLOYD A POMPEI - UNA STORIA FUORI DAL TEMPO PINK FLOYD A POMPEI - UNA STORIA FUORI DAL TEMPO

     

    Hanno iniziato il viaggio pensando di raccontare la storia di un film, sono arrivati - spiega Stefano Girolami, uno dei cinque Lunatics - a scrivere un libro sulle persone, su giovani artisti ambiziosi alle prese con un luogo millenario, fuori dal tempo e anche dalla geografia».

     

    «Qualcuno su Internet - commenta Adrian Maben, il regista di Live at Pompeii - ha scritto che nel mio film i Pink Floyd suonano per gli spiriti dei morti. Mi ha colpito, non l' avevo mai pensata in questi termini, ma è certamente così: non puoi suonare a Pompei senza pensare che, anche senza pubblico di fronte a te, c'è qualcuno che ti ascolta. Non ti senti mai solo, lì. E questo spiega forse anche perché di quel film, a 45 anni dalla sua uscita, si continua a parlare».

     

    PINK FLOYD A POMPEI PINK FLOYD A POMPEI

    Una storia di giovani, si diceva: Maben non ha neppure trent' anni quando scopre la musica dei coetanei Pink Floyd. «Era diversa da tutto il resto, era nuova». Pensa che sarebbe bello fare un film con loro. Ha origini scozzesi, ha studiato a Roma, al Centro sperimentale di cinematografia, e vive a Parigi.

     

    «Sono andato a Londra, a parlare con il loro manager e lì casualmente ho anche incontrato David Gilmour. Gli ho proposto di fare un film con le loro musiche e le immagini di artisti contemporanei. Era un' idea banale, credevo si fossero dimenticati di me. Però dopo sei mesi mi rifeci avanti: mi dissero di pensare piuttosto a un luogo interessante in cui riprenderli. Ci ho lavorato per tre, quattro mesi, senza avere un' idea che mi convincesse, e poi sono partito per le vacanze, in Italia.

     

    PINK FLOYD A POMPEI PINK FLOYD A POMPEI

    Anche a Pompei, dove una sera mi resi conto di aver perso il passaporto. La sera, al crepuscolo, tornai all' Anfiteatro romano, dove avevo pranzato: l' avevano riaperto solo per me, impietositi dalla mia storia. Era deserto, si sentivano i rumori dei grilli e dei pipistrelli, con un' eco perfetta. La luce, il silenzio... Il passaporto non lo trovai, ma capii subito di aver trovato il posto in cui avremmo girato il film».

     

    PINK FLOYD A POMPEI PINK FLOYD A POMPEI

    Incredibilmente, Maben riesce a convincere i Pink Floyd ad andare a Pompei, trova i soldi necessari per girare il film, far arrivare la troupe da Parigi e le macchine da presa da Roma, e riesce ad avere l'Anfiteatro per una settimana. Nel 1971, quando nessuno ha mai portato il rock in un sito storico.

     

    Il libro che i Lunatics hanno scritto con Maben (Pink Floyd a Pompei, sottotitolo «Una storia fuori dal tempo», edito da Giunti) racconta tutta questa storia, scoprendo molti gustosi dettagli (i ragazzini di Pompei che riuscirono ad assistere alle riprese e che spuntano per pochi istanti anche nel film: «Li ho incontrati - racconta Maben - tra di loro c'era anche una ragazza. Abitano ancora tutti lì e sono ancora molto uniti»), oppure le difficoltà incredibili che il regista dovette superare per portare a termine il film: «Pochi soldi, poco tempo e le tecniche di ripresa del 1971: ma a volte i limiti sono una risorsa, risolverli è meglio che avere tutto a propria disposizione».

    PINK FLOYD A POMPEI PINK FLOYD A POMPEI

     

    Live at Pompeii rimane un documento ineguagliabile di una stagione coraggiosa e creativa della musica rock, e del cinema rock: «Un punto era chiaro: noi volevamo fare l' anti-Woodstock. Se nel film del grande concerto americano il pubblico era protagonista, noi abbiamo fatto un film senza pubblico.

     

    PINK FLOYD A POMPEI PINK FLOYD A POMPEI

    I Pink Floyd hanno detto fin dall' inizio che non ci sarebbe stato playback e così è. È tutto suonato lì sul momento. Per me è un film sul silenzio, e quando ne curerò la quarta versione, quella per il Blu-Ray, aggiungerò ancora qualche secondo di vuoto. Poi mi piacerebbe che uscisse finalmente un disco con le canzoni che il gruppo suonò nel 1971 e che dopo Gilmour lo scorso anno anche Waters tornasse nell' Anfiteatro. Non sarebbe bellissimo?».

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