Glauco Maggi per “Libero Quotidiano”
Il Supermartedì di oggi, con i suoi 11 Stati in Palio, ratificherà di sicuro la nomination di Hillary Clinton tra i Democratici, e porterà Donald Trump a un passo dalla vittoria nel GOP.
donald trump in nevada
In entrambe le corse a contare, almeno per ora, non è tanto la matematica dei delegati per la convention estiva che saranno assegnati dalle percentuali dei consensi, quanto la forza politica che i due candidati hanno mostrato nel vincere ognuno tre delle precedenti quattro elezioni, e nel «momentum» che li sta sospingendo verso la meta sull' onda di quelle affermazioni. A parlare chiarissimo sono i sondaggi, che vedono Hillary e Donald favoriti quasi ovunque.
VERGOGNA
donald trump
La Dem potrebbe perdere solo il minuscolo Vermont, e il repubblicano solo il Texas: ma questi sono i due stati in cui Bernie Sanders e Ted Cruz sono i rispettivi senatori in carica, quindi se non ce la facessero a vincere neppure a casa loro uscirebbero di scena non solo con certezza, ma con grande vergogna.
Clinton, secondo le medie curate dal sito RealClearPolitics (RCP), umilia Sanders in Georgia (63 a 28,2), in Virginia (55,4 a 35,8), in Texas (61,1 a 33), in Minnesota (54,5 a 28,5), in Tennessee (59 a 33), in Arkansas (57 a 28,5), in Alabama (65 a 27), e lo supera di 3 punti in Alaska (44 a 41) e di oltre 4 in Oklahoma (44,3 a 40). Solo nel Vermont (626mila abitanti in un paese di 310 milioni) Sanders ha un vantaggio più che sicuro (84,5 a 9,5).
john kasich new hampshire
La battaglia nel GOP è più accesa, ma a fare di Trump il superfavorito non sono tanto i numeri sulle previsioni di voto, che pure gli sorridono, quanto le divisioni tra gli altri sfidanti. Con tutto il panico che si respira nell' establishment del partito, e che traspare dagli editoriali dei giornali conservatori ortodossi (dal WSJ al Weekly Standard) e dalla campagna milionaria di spot anti Trump promossa dal Club for Growth (pensatoio pro crescita e pro libero mercato) e che è stata annunciata oggi dal suo allarmato presidente David McIntosh, nessuno dei quattro «cavalieri dell' apocalisse se vince Trump» ha fatto il bel gesto del sacrificio, a favore della causa superiore.
chris christie
Né l' afro-americano Ben Carson, con il 9% di consensi nazionali (i dati sono di RCP oggi 29/2), né John Kasich (8,8%), entrambi di fatto senza alcuna speranza. E tantomeno i due senatori gemelli cubani Ted Cruz (19,8%) e Marco Rubio (17,4%), avvinghiati in un confronto fratricida da mesi, e che soltanto nell' ultima settimana si sono accorti che il 35,6% dei repubblicani (sempre secondo RCP) è inamovibile dal sostegno al miliardario di New York.
Così, hanno trovato il coraggio della disperazione e lo hanno attaccato su tutto: dalle dichiarazioni dei redditi non ancora rilasciate al modo tardivo con il quale si è distanziato dall' appoggio, non richiesto, di un leader dei suprematisti bianchi.
bernie sanders
Ma la loro è una unione che fa la debolezza, perché sono più interessati, ognuno, a diventare «il solo» candidato che può sfidare Trump, anziché fare l' unica mossa concreta per sperare di non fargli più vincere Stati uno dopo l' altro e garantirgli i numeri per la nomination.
bernie sanders hillary clinton
DECOMPOSIZIONE
Peraltro, il trionfo di Trump in Sud Carolina della settimana scorsa ha prodotto un effetto nefasto per il fronte che gli fa la guerra.
Prima i governatori del New Jersey Chris Christie e del Maine Paul LePage (conservatori moderati- pragmatici), poi il senatore dell' Alabama Jefferson Sessions (campione dei Tea Party ammirato da Cruz, che lo additava a modello di rigore nella lotta anti-amnistia in Congresso) sono saliti sul carro del vincitore.
Dal Nord Est liberal e dal sud ultraconservatore sono dunque arrivati i primi segnali che il fronte dell' establishment del partito non solo non sa coagularsi attorno a una sola bandiera, ma anzi si sta sfaldando. Come dire che è già in atto un processo di rifondazione del GOP attorno al Trump nominato, che è la sola arma e speranza degli anti Hillary d' America di non ritrovarsela alla Casa Bianca.
hillary clinton dibattito