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    LA GUERRA CAMBIA LA POLITICA ITALIANA – MENTRE L’ETERNO DIBATTITO TRA PARTITI "SOVRANISTI" ED EUROPEISTI NON HA PIÙ SENSO, DRAGHI HA RIACQUISTATO UNA LEADERSHIP CHE SI ERA INABISSATA CON LA CORSA AL COLLE. HA PRESO POSIZIONI CHIARISSIME SULLA GUERRA RUSSA ALL’UCRAINA, PAROLE CHE NON APPARTENGONO A UN PREMIER PRONTO A RITIRARSI ALLA PRIMA OCCASIONE. SONO INVECE ADATTE A UN UOMO DI STATO CHE VUOLE OFFRIRE UN ORIZZONTE ALLA NAZIONE IN UN'ORA DIFFICILE. DA OGGI DRAGHI È PIÙ VICINO ALLA PROSPETTIVA DI RESTARE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ANCHE DOPO IL VOTO DEL '23


     
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    Stefano Folli per “la Repubblica”

     

    mario draghi al senato mario draghi al senato

    Ancora poche settimane fa, forse irritato per come si era chiuso il capitolo del Quirinale, Mario Draghi rispondeva seccato ai giornalisti: «Un lavoro so trovarmelo da solo». Per cui grondavano inchiostro le ipotesi che lo volevano prossimo a lasciare Palazzo Chigi. Quanto ai piccoli gruppi "centristi" che sognavano il premier alla guida dell'esecutivo anche dopo il '23, si sentivano abbastanza umiliati dal tono sprezzante del loro candidato ideale. 

     

    Da allora è cambiato tutto. Il presidente del Consiglio che ieri in Parlamento ha spiegato cosa sta accadendo all'Est e quale deve essere il ruolo dell'Italia è sembrato un altro uomo. Di certo non una persona che si appresta a concludere la sua esperienza di governo tra amarezza e disillusione.

    mario draghi parla al senato mario draghi parla al senato

     

    Draghi ha dominato il nervosismo di un'assemblea in cui le voci ambigue sulla Russia sono, sì, disperse e mimetizzate, ma tutt' altro che scomparse. È stato un discorso a tratti drammatico e intriso di verità, persino urticante: come quando ha annunciato senza mezzi termini che ogni cittadino italiano dovrà sopportare la sua quota di sacrifici. L'intervento ha raccolto l'unanimità salvo 13 voti. 

     

    mario draghi joe biden mario draghi joe biden

    Quindi lo ha votato anche l'opposizione, il che non è irrilevante perché Draghi non ha cercato il consenso, anzi ha spazzato via tutte le riserve sul conto dell'Unione europea. Riserve talvolta anche giustificate, ma improponibili nel momento in cui la guerra cambia l'intero scenario e traccia una discriminante. Nulla sarà più come prima dopo l'Ucraina. Lo stesso eterno dibattito tra "sovranisti" ed europeisti dovrà imboccare un'altra strada per non risultare stucchevole. 

     

    salvini putin salvini putin

    Questo almeno è ciò che suggerisce la giornata di ieri. Poi, certo, si tratterà di capire se lo slancio di unità nazionale è effimero ovvero se riflette un'effettiva coesione in politica estera. Quella coesione, va detto, che fino a pochi giorni fa era piuttosto carente. Nessuno può dirlo con certezza: dipenderà dagli sviluppi sul campo, dai prossimi passi dell'Unione, da quanto l'America di Biden saprà essere una guida convincente, non solo per i vecchi alleati europei, ma per l'Ucraina che guarda a Washington - e a Berlino, Parigi, Roma, Londra - nell'intento di sfuggire alla tenaglia russa. 

     

    vito petrocelli 5 vito petrocelli 5

    Quel che si deve sottolineare è che Draghi esce dalla prova con un profilo più forte anche sul piano internazionale: se nei giorni scorsi c'era stata qualche esitazione a Palazzo Chigi, qualche dubbio sulla linea intransigente, gli interrogativi sono stati risolti e il Parlamento ha fatto la sua parte. Quei tredici voti in dissenso - compreso il presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, Petrocelli, che dovrebbe sentire il dovere urgente di dimettersi - non rappresentano un'opzione alternativa e nemmeno un'insidia. 

     

    MARIO DRAGHI E VLADIMIR PUTIN MARIO DRAGHI E VLADIMIR PUTIN

    Semmai è giusto guardare avanti. Le parole di Draghi non appartengono a un premier pronto a ritirarsi alla prima occasione. Sono invece adatte a un uomo di Stato che vuole offrire un orizzonte alla nazione in un'ora difficile. Da oggi Draghi è più vicino alla prospettiva di restare presidente del Consiglio anche dopo il voto del '23. Non perché sarà candidato dai piccoli "centristi", ma per la ragionevole ipotesi che ciò gli sia richiesto da un fronte più ampio, formato da partiti troppo deboli per assumersi la responsabilità di guidare il Paese in tempi che potrebbero essere ancora eccezionali.

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