Estratto dell’articolo di Davide Frattini per il “Corriere della Sera”
benjamin netanyahu con i soldati israeliani a gaza
I quattordici chilometri del corridoio Filadelfia sono la distanza che i mediatori devono percorrere per tentare di raggiungere un’intesa da poter annunciare a Ferragosto. Benjamin Netanyahu non vuol restituire ad Hamas il controllo completo della linea di sabbia lungo il confine con l’Egitto, così in questi giorni i negoziatori americani, egiziani e del Qatar stanno discutendo di un controllo parziale dell’esercito, una presenza da mantenere almeno nella prima fase del cessate il fuoco.
L’altro punto da risolvere sta poco lontano sulla mappa: di nuovo il primo ministro israeliano non vuole che il valico di Rafah venga gestito dai fondamentalisti, chiede assicurazioni sullo stop al traffico di armamenti. Questo dossier è in mano agli emissari del Cairo, perché sono le truppe del presidente Abdel Fattah al Sisi a trovarsi dall’altra parte del confine.
abu mazen 2
[…] Hussein al Sheikh, tra i consiglieri del presidente Abu Mazen, è andato al Cairo per discutere i dettagli di quello che sarebbe il primo passo verso la restituzione delle aree principali della Striscia al raìs di Ramallah. Hamas nel 2007 aveva preso con le armi il controllo dei 363 chilometri quadrati, ha spadroneggiato sul territorio e la popolazione fino all’invasione israeliana ordinata in risposta ai massacri del 7 ottobre dell’anno scorso perpetrati dai terroristi palestinesi.
Netanyahu si è sempre opposto a un ritorno dell’Autorità, ne ha fatto uno slogan della sua campagna elettorale permanente, gli estremisti messianici che si tiene stretti nella coalizione progettano addirittura di ricostruire le colonie evacuate da Ariel Sharon nel 2005. I generali e Yoav Gallant, il ministro della Difesa, si oppongono al piano di rioccupare Gaza.
attacco israeliano a khan yunis striscia di gaza 5
Prima di arrivare alle liste degli ostaggi da rilasciare e dei detenuti palestinesi da scarcerare, i negoziatori cercano di superare anche l’ostacolo rappresentato dal corridoio Netzarim che taglia in due la Striscia: l’esercito vuole poter monitorare i palestinesi che risalgono nel nord in macerie, a case che non esistono più, per evitare il movimento di paramilitari armati, Hamas chiede un ritiro totale con l’inizio della tregua.
Le sei settimane di pausa nei combattimenti servirebbero anche a definire chi viene liberato: i rapiti ancora nelle celle di Gaza sono 114, tra loro la metà è considerata morta in cattività. David Barnea, il capo del Mossad, su richiesta di Netanyahu, ha insistito in questi mesi perché i jihadisti forniscano in anticipo i nomi di chi può tornare a casa subito […]. Hamas sostiene di non poter recuperare informazioni su tutti i sequestrati (dove sono tenuti, chi li tiene) fino a quando non vengono fermate le battaglie.
aiuti umanitari lanciati sulla striscia di gaza da un aereo militare giordano
Netanyahu è consapevole che accettare l’intesa fra tre giorni significherebbe la fine del suo governo. «Due tra i suoi consiglieri più fidati — scrive Nadav Eyal sul quotidiano Yedioth Ahronoth — stanno già avvertendo alcuni ministri che Bibi è pronto. Sa che la liberazione degli ostaggi gli porterà voti e consenso politico, soprattutto può decidere di riprendere la guerra in una fase successiva».
Soprattutto il parlamento è in vacanza fino a ottobre, non può essere dissolto e se succederà in autunno, Netanyahu resterà al comando fino a gennaio del 2025, data delle eventuali elezioni.
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