massimo moratti mourinho
Andrea Ramazzotti per il "Corriere dello Sport"
Stasera intorno alle 21 a Milano ci saranno 4 gradi, forse meno, ma Massimo Moratti non teme il freddo. «Il ritorno di Mourinho a San Siro da avversario non me lo perderei per niente al mondo» dice senza la minima esitazione e si lascia andare a una risata. Nessun dubbio: l’ex presidente dell’Inter si accomoderà in tribuna vip al Meazza, a poche poltroncine di distanza dall’attuale numero uno, Steven Zhang. Mister Saras ha ancora il cuore tinto di nerazzurro e non poteva mancare all’amarcord per eccellenza: la prima volta dello Special One alla Scala del Calcio nelle vesti di “nemico” di quei colori che proprio lui ha guidato nel 2009-10 al Triplete.
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Dottor Moratti, come se lo immagina il ritorno di Mourinho a San Siro?
«Lo ammetto, un po’ mi farà impressione vederlo salire dalla scala degli spogliatoi e accomodarsi sulla panchina ma non dell’Inter. So già che mi emozionerò perché mi torneranno alla mente le immagini di quando è stato protagonista con noi: all’Inter e a Milano José ha regalato tante cose belle che non si dimenticano con il passare del tempo».
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Ascaltandola, lei trasmette la sensazione che il rapporto tra voi non si sia mai interrotto.
«In questi giorni non ci siamo sentiti perché non mi sembrava il caso, ma ci parleremo magari dopo la partita o nei giorni successivi. Ogni tanto ci telefoniamo e lui è sempre affettuoso e carinissimo con me. Siamo rimasti legati, è vero, non solo per quello che abbiamo vinto, ma per la persona che Mourinho è».
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Ha mai pensato a come sarebbe andata la storia se dopo il trionfo in Champions a Madrid, il 22 maggio 2010, Mou non avesse lasciato l’Inter per firmare con il Real?
«Impossibile fare certi discorsi... E’ andata così perché doveva andare così e perché lui aveva voglia di provare un’esperienza al Real Madrid. A distanza di tempo e a mente fredda dico che è finita nel migliore dei modi per tutti: lui era soddisfatto per i risultati di quella stagione e per la nuova sfida che aveva accettato; noi perché avevamo ottenuto il massimo, quel successo che non assaporavamo da anni, il trionfo in Coppa dei Campioni. Se proprio dovevamo separarci, un epilogo migliore non c’era».
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Qualche tifoso però rimprovera al portoghese di non essere tornato quella notte a Milano, per festeggiare la Champions all’alba a San Siro.
«Acqua passata. La sua decisione l’aveva presa molto prima della finale, ma nelle settimane precedenti non ne avevamo mai parlato perché in quel mese di maggio eravamo in corsa per tre trofei e non volevo spezzare l’incantesimo. L’abbraccio in campo al Bernabeu dopo la vittoria sul Bayern e la cena di due giorni dopo a casa mia hanno chiarito tutto».
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Stasera ci sarà anche il “ricongiungimento” tra José e il popolo nerazzurro.
«Sarà accolto con grande affetto e simpatia. Su questo non ho dubbi. Ora allena la Roma, ma con noi ha scritto la storia. E che storia...».
Unica squadra italiana a centrare il triplete.
«Suona bene anche a distanza di tempo (ride, ndr) e per questo sarà un piacere rivedere Mourinho a San Siro. A dire la verità in me c’è anche un po’ di curiosità per la sua nuova veste. Finora al Meazza lo avevo visto come avversario del Milan, mai dell’Inter».
Non è che tiferà per lui?
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«No, non scherziamo... Anche se per lui nutro molta simpatia, io tifo per l’Inter. José lo sa e lo capirà».
Mourinho si emozionerà a trovarsi di fronte il suo ex pubblico?
«Credo propro di sì perché all’Inter e agli interisti è davvero legato, ma nessuno si aspetti regali».
I suoi recenti sfoghi contro gli arbitri le hanno portato alla mente qualche ricordo di quei due anni nerazzurri?
«Sa cosa le dico? Di tempo ne è passato, ma lui si difende sempre... abbastanza bene (ride, ndr)».
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Forse gli arbitri italiani non gli stanno simpatici.
«Non la metterei in questo modo perché non credo sia così. José semplicemente non è ipocrita: quando c’è da difende la sua società, lo fa mettendoci la faccia e dicendo sempre quello che pensa. Poi... è Mourinho e quando fa certe cose, le fa per bene».
Come quel 20 gennaio 2010, quando protestò mimando il gesto delle manette nei confronti di Tagliavento che aveva espulso Samuel e Cordoba.
«Sorrisi allora e sorrido adesso se ci ripenso. Al di là del motivo per cui fece quel gesto, ci vuole davvero una mente speciale come la sua per protestare in quel modo, a caldo. Geniale, davvero geniale».
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Al di là delle proteste con gli arbitri, passate e attuali, il portoghese a Roma non sta ottenendo grandi risultati.
«All’inizio pensavo avesse una buona squadra, ma non una rosa completa per competere per il titolo e in effetti non mi sbagliavo. Adesso mi sembra che la squadra sia stata migliorata e può disputare una buona seconda parte di stagione. Per lui è una nuova avventura, in una piazza calda e non semplice: gli va dato tempo, ma farà bene».
Convinto che vincerà qualcosa anche nella Capitale?
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«Secondo me sì. La sua carriera parla per lui: certo, gli va dato tempo di costruire, ma sulle sue capacità e sul fatto che sia un vincente non ho dubbi».
Intanto è entrato nel cuore dei tifosi giallorossi.
«Normale. E’ uno che si sa far voler bene, ma è anche bravo, serio e professionale. Conquista tutti perché non prende superficialmente l’incarico che gli viene affidato e dà tutto se stesso per ottenere i risultati che gli sono stati chiesti. O magari di più».
Quindi i Friedkin hanno fatto bene a ingaggiarlo?
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«Hanno preso uno dei migliori in circolazione. E poi il suo ritorno è stato importante anche per il calcio italiano: un allenatore con la sua sua intelligenza, la sua presenza mediatica e le sue capacità professionali è un valore aggiunto per la Serie A».
Qual è la dote migliore dello Special One?
«Al di là della capacità di far giocare bene la squadra e di esaltare i talenti, come per esempio quello di Zaniolo, direi che è eccezionale nel creare un rapporto forte con il gruppo e nel capire sempre cosa deve dire».
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Ci racconta un episodio?
«Nell’anno del triplete, nel derby di ritorno, all’intervallo vincevamo 1-0, ma era stato espulso Sneijder e vedevo del nervosismo in campo. Scesi negli spogliatoi per tranquillizzare i ragazzi e trovai tutti seduti che ascoltavano Mourinho: stava spiegando loro cosa dovevano fare per segnare il raddoppio e chiudere la partita anche in dieci. C’era massima calma e non volava una mosca. Altri tecnici per caricare la squadra avrebbero rincarato la dose contro l’arbitro e invece José parlò solo di tattica, con la freddezza di un timoniere che sa sempre come affrontare anche l’onda più difficile. Nella ripresa Pandev su punizione firmò il 2-0 e vincemmo. Cosa disse in conferenza stampa sull’arbitraggio invece non lo ricordo (ride di gusto, ndr)».
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Che match sarà Inter-Roma?
«Difficile dirlo. I giallorossi arrivano dopo un pareggio interno contro il Genoa caratterizzato da molte polemiche; l’Inter dopo aver buttato via il derby in un modo che proprio non mi aspettavo, soprattutto alla luce di come si era messo l’incontro».
Se fosse stato presidente cosa avrebbe fatto?
«Lasciamo stare questi discorsi... Mi ha sorpreso il calo di ritmo che l’Inter ha avuto dopo 65-70 minuti e il Milan ne ha approfittato. I derby sono pericolosi per le squadre in vantaggio e stavolta la lezione è toccata a noi. Una sconfitta così può insegnare, ora però bisogna tornare subito a vincere perché in questo febbraio di gare toste ce ne sono diverse».
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Teme che il derby abbia minato le certezze del gruppo?
«Non credo. La squadra c’è, è forte, ha bei giocatori e un ottimo allenatore. Inzaghi mi è sembrato molto veloce nell’inserirsi nel mondo nerazzurro ed è stato capace di dare un qualcosa in più a un gruppo che aveva vinto con Conte. Tutti pensavano che quell’Inter fosse arrivata al massimo e invece, senza Lukaku, Hakimi ed Eriksen, sta andando ancora meglio. Merito di Inzaghi che ha capacità notevoli. Ogni tanto può capitare qualche errore come è successo nel derby, ma mi sembra che stia andando molto meglio di quanto si aspettassero in tanti».
Massimo Moratti
Sembra un tifoso tranquillo e ottimista.
«Lo sono e devono esserlo anche gli altri tifosi nerazzurri. Sono convinto che l’Inter farà un bel finale di stagione».
Resta la favorita per lo scudetto oppure...
«Non parlo di favorite. Dico che può vincerlo, ma non sarà facile perché il Napoli mi sta impressionando molto. Ha un asse centrale molto forte e mi sembra che abbia superato bene il momento di difficoltà».
Però lei alla seconda stella pensa.
«Su quella maglia nerazzurra ci starebbe benissimo, ne sono convinto».
MASSIMO MORATTI