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    IL BOLERO DI BRONZO DI CAROLINA – NEL PATTINAGGIO LA KOSTNER SI STACCA l’ETICHETTA DI ‘MISS SEDERE PER TERRA’ E SALE SUL PODIO OLIMPICO: ‘HO SCALATO UNA MONTAGNA, ORA ANDRÒ DOVE VA IL VENTO’ – (L’ADDIO DOPO I MONDIALI)


     
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    Foto di Mezzelani-Gmt

    Giulia Zonca per ‘La Stampa'

    La signorina con il sedere per terra. Provate voi a cambiare prospettiva da un ritratto così, ad alzarvi, mettervi in piedi e raddrizzarvi fino a un bronzo olimpico quattro anni dopo un risultato che avrebbe travolto chiunque. Carolina Kostner ci è riuscita ed è rimasta senza forze, senza l'aria per respirare: «Ho lasciato tutta me stessa sul ghiaccio». Esausta e felice.

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    A lei non importa cosa e come ha deciso la giuria, non le interessa nemmeno molto chi ha vinto: «Non mi ricordo più neanche quanti punti ho preso, non capivo nulla e non riuscivo a muovermi». Comprensibile, lei era impegnata in un'altra strada, privata e personale. A 27 anni non è interessata all'oro di Stato, ha già vissuto la sua Olimpiade in casa, nel 2006, ha già portato la bandiera e, come baby Yulia Lipnitskaya ha capito a Sochi con un triste quinto posto, essere la faccia di una Nazione non è facile. Non è una posizione stabile.

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    No, la sfida tra le due russe e il successo di Adelina Sotnikova che si discuterà per giorni la lasciano indifferente, così come la faccia perplessa della regina detronizzata Yu Na Kim che deve fingere soddisfazione per un argento. Complimenti, congratulazioni, vedetevela tra voi perché Carolina sta in un'altra dimensione. Ed è un mondo zen dove ha costruito la sua rinascita: «Avevo davanti a me l'immagine di una montagna e sapevo che mancavano pochi passi per la cima, non sto parlando del podio, era una montagna enorme che ho scalato in tutti questi anni e ho continuato a ripetere: abbi il coraggio di fare gli ultimi passi, sono i più difficili ma vai avanti che poi ti puoi godere la bella vista». Una medaglia, una serenità totale e una carriera a cui non manca nulla. Lo stato di grazia assoluta.

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    Per questo, quando recupera un minimo di forze e un filo di voce, scambia felice il cinque con Sotnikova e fa il giro di pista con la bandiera che le penzola dalla spalla. Ha costruito i suoi successi sull'eleganza e la controlla anche nel momento del trionfo. Quel tricolore sembra un soprabito, tagliato su misura ed appoggiato con naturalezza sul vestito nero del Bolero.

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    In Russia, dove ha sempre ottenuto gratificazioni, Kostner non è caduta. Non ha avuto dubbi o pause, tre combinazioni, sette tripli e si parla di livelli quattro. Di meglio e di più non poteva fare e stare a recriminare sulla piazza guadagnata non ha alcun senso per lei. Si scannerà chi resta in pista, lei chiuderà la stagione con i Mondiali e poi cambierà vita: «Non dedicherò più così tanto tempo agli allenamenti, è ora di capire che piega prende la mia esistenza e non chiedetemi quale è perché vado dove mi porta il vento». E la leggerezza conquistata qui aiuta.

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    La tensione la ha avvolta prima del via e per non sentire il caos russo si è messa pure i cuffioni, un'immagine inedita: «Non da me, non mi si addicono ma mi hanno detto che sono meglio degli auricolari». Sente i Negramaro, soffoca il tifo locale dentro sensazioni e ricordi poi però c'è un momento in cui deve abbandonare l'isolamento e sfidare l'arena ed è l'unico attimo che non le piace nella notte delle meraviglie: «È tutto come lo avevo sognato ma a essere sincera avrei preferito un altro pubblico».

    L'ansia dura giusto il tempo che separa il frastuono dalla prima nota del Bolero, l'attimo in cui si stacca l'etichetta finalmente scaduta di «miss sedere per terra», il minuto che decide il presente e il futuro: «Avevo una paura maledetta, ma a ogni passo la sentivo meno. Sarà che perdevo energie». Sarà che raggiungeva l'estasi.

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