(ANSA) "Noi siamo al governo, e ci rimarremo, per aiutare gli italiani ad uscire dall'emergenza sociale, sanitaria ed economica, come richiesto dal presidente Mattarella. Stiamo lavorando per portare avanti tutte le riforme necessarie, dal fisco alla giustizia, dalla pubblica amministrazione alla concorrenza, con l'obiettivo di utilizzare al meglio i fondi europei del Pnrr.
Ciò non toglie che, in caso di divergenze su singoli provvedimenti, la Lega confermerà in Parlamento le sue posizioni di sempre, evidentemente diverse da quelle della sinistra su temi come aumento delle tasse, immigrazione, taglio delle pensioni e obbligo vaccinale (che non esiste in nessun Paese europeo).
La Lega ha scelto di entrare in questo governo di emergenza per responsabilità e amore per l'Italia e ci rimarremo: Pd e 5Stelle si mettano l'animo in pace, non li lasceremo certo soli a governare per imporre nuove tasse, ius soli, taglio delle pensioni o ddl Zan. E se in Parlamento si troverà una maggioranza per modificare, o addirittura cancellare, il reddito di cittadinanza, tutti ne dovranno prendere atto". Lo dice il leader della Lega, Matteo Salvini
LA LEGA SI SPACCA
Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
SALVINI E GIORGETTI
Stavolta il giochino - si racconta nel dietro le quinte del Carroccio - non ha funzionato e anzi, si è trasformato in un boomerang potenzialmente disastroso: altro che star lì a fare i sofismi sul Green Pass per far contenti i No Vax e non lasciare praterie a Fratelli d'Italia, ora il rischio concreto è che si arrivi direttamente all'obbligo vaccinale per tutti.
L'ipotesi avanzata da Mario Draghi il giorno dopo l'ostruzionismo leghista in commissione Affari sociali contro il "lasciapassare" mette con le spalle al muro soprattutto Matteo Salvini, che per mesi ha giocato sul filo delle ambiguità sul tema vaccinazioni. Le "fonti Lega", dizione che si usa in questi casi quando a parlare è comunque il leader, replicano che no, «la Lega era e rimane contro obblighi, multe e discriminazioni », perché «in nessun Paese europeo esiste l'obbligo vaccinale per la popolazione.
GIANCARLO GIORGETTI E MATTEO SALVINI
Insistiamo invece, e porteremo la proposta al voto anche in Parlamento, perché lo Stato garantisca tamponi gratuiti, salivari e rapidi, per tutti coloro che ne abbiano necessità». Già, una reazione scontata, d'ufficio, ma sembra di tornare a metà luglio, quando Salvini tuonò contro quella che era ancora una semplice ipotesi che trapelava da Palazzo Chigi sul Green pass e alla fine invece dovette battere in ritirata, portando la Lega a votare sì in Consiglio dei ministri.
Il punto è che la sua posizione di lotta e di governo, come si suol dire, era giù guardata con una certa perplessità da un pezzo di Lega che conta: in primis il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, ma poi soprattutto i presidenti di Regione del nord, Luca Zaia, Attilio Fontana e Massimiliano Fedriga (lui a Radio 1 definisce il Green Pass «uno strumento che può dare più libertà»).
MATTEO SALVINI E GIANCARLO GIORGETTI ALL HOTEL MIAMI DI MILANO MARITTIMA
Il nord, appunto: il più colpito dal Covid-19 e che si aggrappa ai vaccini per far ripartire l'economia a pieno regime. «Basta con lo star dietro alle menate di quattro scappati di casa No Vax: imprenditori e commercianti ci chiedono di lavorare e per questo spingere sui vaccini, unico modo per uscire dall'epidemia, niente altro», spiega un esponente di peso dei lumbard . Ma ad andarci dietro, finora, è stato proprio il segretario federale. Quello di mercoledì scorso, col no al Green Pass in commissione Affari sociali spaccando l'insolita maggioranza, non era stato mica un incidente di percorso.
Claudio Borghi infatti era lì in commissione in sostituzione di una collega assente (Federica Zanella), visto che non ne è un membro effettivo. E c'era andato su indicazione del gruppo, quindi dei vertici del partito. Il focus era appunto sul contestato pass e perciò mandare Borghi rappresentava un messaggio politico ben preciso: da settimane il parlamentare, già economista No Euro, prometteva battaglia in aula per modificare il provvedimento del governo.
GIANCARLO GIORGETTI MATTEO SALVINI
Non è un caso se a Borghi durante la seduta si erano allineati in pieno gli altri sei eletti leghisti in commissione (anzi, tecnicamente cinque perché Rossana Boldi presiedeva la seduta) con una pioggia di emendamenti, alcuni tecnici altri invece miratissimi a smontare il senso stesso del Green Pass. Il tentativo era quello di portare effettivamente a casa delle "mitigazioni" e rivendersele politicamente il giorno dopo con tutta la non si sa bene quanto vasta platea di critici al lasciapassare - Borghi ad esempio ricorda che sono 12 milioni gli italiani che non ce l'hanno, come a dire: mica pochi - , operazione fallita e che piuttosto ha fatto spazientire Draghi.
Salvini non se n'è ancora convinto, timoroso della concorrenza in quel campo di Giorgia Meloni, ma ormai quella che appare ancora come una maggioranza silenziosa interna al partito si è stufata della coabitazione scomoda con i vicini al mondo No Vax e all'estrema destra. Per dire: la reazione di Fontana al voto di mercoledì, per chi ne conosce lo stile moderato nei toni, è stata di aperto stupore, contrarietà.
zaia salvini
«Difendo con rigore il valore della vaccinazione, che trova fondamento nei numeri i quali, da quando abbiamo iniziato la campagna di immunizzazione, sono eccellenti nella nostra Regione», le sue parole.
"Il valore della vaccinazione": una bestemmia per chi invece liscia il pelo al complottismo nostrano. Ma il fronte leghista lombardo, cuore pulsante del leghismo vecchio e nuovo, è agitato anche dalla rivendicazione della propria vicinanza al mondo del neofascismo di Max Bastoni, storica figura del Carroccio milanese e legato a doppio filo agli estremisti di Lealtà e Azione. «Sono un antifascista, democratico e liberale», la risposta di Fontana.
Oppure Gianmarco Senna, consigliere regionale che fa ticket con Annarosa Racca, la farmacista nominata capolista della Lega a Milano, anch' egli molto vicino a Salvini ma pure alla comunità ebraica: «Mah, Bastoni lo ricordavo alle manifestazioni pro-Israele. Penso che se vogliamo rappresentare i ceti produttivi, se vogliamo competere con Pd e 5 Stelle sui temi oggi che stiamo al governo, il nostro spazio politico deve essere un altro e la verità è che stiamo andando proprio in questa direzione». La Lega, insomma, sta cambiando (nuovamente) pelle. E lo sta facendo, ormai, con o senza Salvini.
zaia salvini
2 - GOVERNATORI CONTRO BORGHI I VACCINI DIVIDONO LA LEGA
Armando Moro per “Libero quotidiano”
La Lega cerca di non perdere l'equilibrio su vaccini e green pass. I governatori del Nord spingono sulla vaccinazione e non fanno obiezioni sul passaporto verde, mentre il segretario Matteo Salvini e i parlamentari avanzano molti distinguo.
Ultimo episodio, l'emendamento (poi respinto) che aboliva il lasciapassare, proposto l'altro giorno dal deputato Claudio Borghi e firmato da tutti i componenti leghisti della Commissione Affari sociali della Camera. Ieri, dall'alto dell'81,7 per cento di lombardi che ha già fatto la prima dose, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana ha ribadito che «bisogna difendere con grande vigore la vaccinazione, che trova fondamento nei dati».
matteo salvini e attilio fontana
«Da quando abbiamo vaccinato, i numeri della nostra regione sono migliorati e sono eccellenti» ha rivendicato il governatore leghista. «Dobbiamo finire la vaccinazione con la massima determinazione. Sono orgoglioso che in Lombardia più dell'87% abbia aderito alla campagna. Sono contento del fatto che presto, secondo le proiezioni, dovremmo arrivare all'immunità di gregge».
Qualche ora dopo il suo collega Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, oltre che presidente della Conferenza Stato Regioni, benediceva il green pass: «L'obiettivo è difenderci, tutelare gli ospedali e la salute e tenere aperte le attività. L'alternativa al green pass l'anno scorso sono state le chiusure. Il green pass può dare un po' più di libertà.
fedriga
Ovviamente dobbiamo utilizzarlo con buon senso». Parole, quelle dei due governatori, che, formalmente, non cozzano con la linea ufficiale della Lega, che ancora ieri ha ribadito la sua contrarietà all'obbligo vaccinale (del resto lo stesso Fedriga ha precisato che «io non voglio imporre nulla»). Ma evidentemente accenti, elettorato di riferimento, e giudizio sulla bontà del green pass, sono molto differenti.
«NO ALLE MULTE»
«La Lega era e rimane contro obblighi, multe e discriminazioni, ricordando che in nessun Paese europeo esiste l'obbligo vaccinale per la popolazione», hanno fatto sapere ieri fonti del Carroccio dopo le parole pronunciate dal premier Mario Draghi in conferenza stampa.
«Insistiamo invece, e porteremo la proposta al voto anche in Parlamento, perché lo Stato garantisca tamponi gratuiti, salivari e rapidi, per tutti coloro che ne abbiano necessità». A ribadire il no alle iniezioni obbligatorie è Claudio Borghi, il parlamentare che più si è speso per mantenere aperto un canale di comunicazione con i contrari ai vaccini o gli scettici.
MASSIMILIANO FEDRIGA E MATTEO SALVINI
«Ma è bellissimo», ironizzava ieri su Twitter: «I giornalisti che mi chiamano per chiedermi se sono contrario all'obbligo vaccinale prospettato da Draghi. Ma secondo voi? Certo che sono contrario. Che lo chiedano al M5S i cui parlamentari sono stati tutti eletti con il no all'obbligo nel programma».
Quanto all'annuncio, sempre per bocca di Draghi, dell'estensione dell'obbligo di green pass, Borghi alza le mani: «È un'ovvia conseguenza di una precisa volontà parlamentare», dice. Quella volontà che ha portato alla bocciatura degli emendamenti leghisti che puntavano invece a limitare l'uso del pass (per esempio per mangiare nei ristoranti al chiuso o per l'attività sportiva dei minori). In pratica Borghi dice: noi ci abbiamo provato, ma i voti in Parlamento non ce li abbiamo.
MATTEO SALVINI DOPO L'INCONTRO CON MARIO DRAGHI
«REGALO ALLA SINISTRA»
Posizione censurata da Forza Italia, osservatore interessato dei travagli leghisti: «Sarebbe un errore grave regalare alla sinistra il copyright politico di vaccino e certificato verde, le uniche vere assicurazioni sul futuro che Forza Italia coerentemente rivendica», ha detto ieri la presidente dei senatori azzurri Anna Maria Bernini. Ma Borghi insiste: ci sono «12 milioni di italiani che non hanno il green pass e che non possono prendere un treno di corsa se avessero la necessità di prenderlo», dice. «È un punto politico, mi sembra doveroso che questi cittadini abbiano la loro rappresentanza».
salvini draghi attilio fontana 6