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    QUANTO DURA ELLY? LA LEGGE SUL FINE VITA IN VENETO FA ESPLODERE IL PD: SCOPPIA LA RIVOLTA DEI CATTOLICI - ALLA DEM DISSIDENTE ANNA MARIA BIGON, DOPO L'ASTENSIONE SULLA LEGGE DI ZAIA, E' STATO TOLTO L’INCARICO DI VICESEGRETARIA PD A VERONA – L'EX MINISTRO DELRIO INSORGE: “BRUTTO SEGNALE. INAMMISSIBILE CHE SI VOGLIA PROCESSARE UNA PERSONA PER LE SUE IDEE” - NELLE CHAT DEL PARTITO CHIEDONO A SCHLEIN DI CHIARIRE. MA ELLY PREFERISCE TACERE… - LE BORDATE DI CASTAGNETTI (VICINO A MATTARELLA)...


     
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    Giovanna Vitale per la Repubblica - Estratti

     

    elly schlein alla camera elly schlein alla camera

    Sale sulla «ferita». Così Elly Schlein aveva definito la scelta della consigliera Anna Maria Bigon di affossare, con la sua astensione in dissenso rispetto al voto favorevole dell’intero gruppo dem, la legge sul fine vita in discussione nell’assemblea regionale del Veneto.

     

    Parole che avevano subito scatenato l’ira dei cattolici, pronti a difendere il principio in base al quale sui temi etici va lasciata libertà di coscienza, non possono esserci imposizioni dall’alto. Con Graziano Delrio che aveva addirittura minacciato di autosospendersi, se ci fossero state punizioni. Tant’è che, capita l’antifona, la segretaria li aveva rassicurati e la polemica si era andata assopendo.

     

    Anna Maria Bigon Anna Maria Bigon

     

    Finché ieri il segretario provinciale di Verona, Franco Bonfante, non ha pensato bene di destituire la dissidente dall’incarico di vice del Pd nella città veneta. A quel punto i malumori, fino ad allora repressi, sono riesplosi. E adesso rischiano di far fibrillare di nuovo il Nazareno. Nonostante la netta presa di distanza del quartier generale che, tenuto all’oscuro di tutto, parla di «decisione presa contro le indicazioni del partito».

     

    Un pasticcio. Che riporta al centro della scena il disagio dell’ala più devota e riformista. E a poco serve che il segretario scaligero rivendichi: «La scelta è mia. Me ne assumo l’intera responsabilità. Non si poteva far finta di nulla, anche alla luce di un rapporto di fiducia venuto meno». 

     

    elly schlein alla camera. elly schlein alla camera.

    (...) «La sua decisione, motivata come “conseguenza politica” del comportamento di Bigon in aula, è un brutto segnale», reagisce Delrio. «È inammissibile che si voglia processare una persona per le sue idee. Ad Anna Maria confermo la mia vicinanza e condivisione per le scelte compiute in piena libertà». Ragionamenti talmente condivisi che sulle chat dem più di un parlamentare invoca come «necessario» un intervento riparatore di Schlein. Che invece preferisce tacere.

     

    «Tutti nel Pd, Bigon inclusa, siamo d’accordo che si debba recepire la sentenza della Corte Costituzionale sul fine vita», si sfoga Delrio con Repubblica, «ma nonostante questo ci si ostina a non ascoltare le motivazioni nel merito e i tanti dubbi sull’opportunità di 20 leggi regionali su un tema tanto drammatico e delicato». È furente, l’ex ministro dei Trasporti che da mesi batte sul disagio dei cattolici nel nuovo Pd di Schlein.

     

    GRAZIANO DELRIO DEBORA SERRACCHIANI GRAZIANO DELRIO DEBORA SERRACCHIANI

    Espresso in un recente convegno anche da Pierluigi Castagnetti. «Si omette di vedere che il problema della non approvazione in Regione Veneto sta nei 25 voti mancanti alla giunta di destra e che la risposta deve venire dal Parlamento nazionale», conclude il senatore dem. «Per questo è inaccettabile il processo pubblico e le stimmate della vergogna che il segretario provinciale di Verona vuole imporre alla consigliera regionale».

     

    pierluigi castagnetti pierluigi castagnetti

    La rabbia di Delrio non è isolata. E ora rischia di virare in rivolta. Per i cattolici Stefano Lepri e Silvia Costa quanto è successo denuncia «una grave incapacità di tener conto che la libertà di coscienza è garantita espressamente dallo Statuto del Pd». E dunque «non si può punire», rincara Debora Serracchiani: «Bonfante ci ripensi», è l’appello. Torni sui suoi passi, revocando la destituzione. E se non vuol farlo di sua sponte perché, insiste lui, «chi vota in dissenso deve essere consapevole delle conseguenze politiche, a maggior ragione se vi erano alternative, come l’uscita dall’aula», allora è la segretaria nazionale che deve farsene carico. E ristabilire quelle regole comuni di convivenza stabilite quando, nel lontano 2007, Ds e Margherita decisero di fondersi. Lo dice chiaro anche Marianna Madia: «Il Pd è nato per includere, mescolare, unire: rispetto e ascolto sono le ragioni fondative del nostro partito».

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