Stralci della lettera inedita di Charles Mingus a Miles Davis (1955), contenuta in “Peggio di un bastardo” (ed. Sur) e pubblicata da “il Fatto quotidiano”
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Mi siedo e provo a trascrivere in modo sincero i miei pensieri in una lettera aperta a Miles Davis. Ho scartato parecchie lettere "mentali" prima di quest'ultima che ho scritto ieri sera mentre guardavo alcune foto di Bird (Charlie Parker, ndr) scattate da Bob Parent durante una registrazione al Village. Se serve una foto per illustrare il mio racconto, dovrebbe essere questa di Bird che, in piedi, guarda dall'alto Monk (Thelonious, ndr) con un amore che più grande non troveremo mai in questo business del jazz!...
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COSA FARÀ Miles adesso che riprende a suonare? Farà come in quel concerto non molto tempo fa a Brooklyn, con Max (Roach, ndr), Monk e il sottoscritto, quando continuava a dire a Monk di "farsi da parte" perché sbagliava tutti gli accordi? O come durante una registrazione più recente, quando si è messo a inveire, si è interrotto, ha dato i numeri, e poi ha minacciato Monk e ha chiesto a Bob Weinstock perché mai avesse preso un non-musicista come quello e di non farlo suonare durante i suoi assolo di tromba? Che cosa sta succedendo a noi discepoli di Bird?
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O forse per Miles sono un presuntuoso se mi considero tale? Sembra così difficile per alcuni di noi maturare quanto basta per capire che esistono altre persone in carne e ossa, proprio come noi, su questa grande grande terra. E se queste persone non stanno mai ferme, o non si muovono mai, o non "swingano", hanno ragione quanto noi, anche se secondo i nostri standard hanno torto marcio...
Miles, non ti ricordi che Mingus Fingers lo scrissi nel 1945 quando avevo solo ventidue anni, studiavo e mi dannavo per scrivere secondo la tradizione di Ellington (Duke, ndr)? Miles, questo era dieci anni fa, quando pesavo ottantatré chili.
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I vestiti che portavo allora sono ormai lisi e non mi vanno più bene. Sono un uomo adesso, peso quasi cento chili e la penso a modo mio. Non la penso come te, e la mia musica non vuole solo farti battere il piede e scenderti lungo la schiena. Se e quando mi sento allegro e spensierato, compongo o suono di conseguenza - e anche quando sono depresso. Solo perché suono il jazz non mi dimentico di me stesso.
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Suono o scrivo le mie sensazioni attraverso il jazz, o chiamalo come vuoi. La musica è, o era, un linguaggio delle emozioni. Chi continua a fuggire dalla realtà, non mi aspetto che apprezzi la mia musica, e mi preoccuperei del mio modo di comporre se cominciasse a piacergli veramente. La mia musica è viva e parla dei vivi e dei morti, del bene e del male. È piena di rabbia ma è genuina perché sa di essere piena di rabbia.
So che stai tornando sulla scena, Miles, e sono felice per te più di quanto tu possa immaginare. Stai suonando il più grande Miles che abbia mai sentito, e sicuramente lo sai di essere uno dei più grandi jazzisti d'America. Tu sei spesso molto innovativo e, semmai, ti sottovaluti - in apparenza - e fai lo stesso anche con altri artisti. Ti voglio bene, Miles, veramente, e voglio che tu sappia che qui c'è bisogno di te.
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Ma sei una persona troppo importante nel jazz e devi stare molto attento a quello che dici di altri musicisti che stanno anche loro cercando di creare qualcosa di nuovo... Ti ricordi di me, Miles? Sono Charles. Sì, Mingus! Eri la terza tromba nelle mie sessioni di registrazione in California undici anni fa su raccomandazione di Lucky Thompson.
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Perciò vacci piano, amico, con chi ti ha fatto da trampolino di lancio... Se dovessi rispondere a questa mia lettera aperta, Miles, vorrei sapere una cosa riguardo quanto hai detto a Nat Hentoff a proposito dei brani che hai registrato negli ultimi due anni. Perché hai continuato a registrarli, sessione dopo sessione, se adesso dici che non ti piacevano, a parte due lp? Mi chiedo se hai dimenticato i nomi di quei brani; e mi chiedo anche come un vero artista possa permettere che si venda al pubblico del jazz tutta questa musica che nemmeno gli piace. O anche accettare di farsi pagare per un lavoro che lui stesso non considera ben fatto. Buona fortuna per il tuo ritorno sulle scene, Miles.
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